Virus Febbre del Nilo occidentale in rapido aumento nell’ultima settimana. A Padova 10 pazienti in terapia intensiva
Giovanni D’Agata – Pochissimi ne parlano, ma lo “Sportello dei Diritti” ha continuato fin dall’inizio dell’estate appena passata a diffondere i dati relativi alla pericolosa diffusione di un virus conosciuto come “Febbre del Nilo occidentale” che anche il Centro Europeo per la Prevenzione e Controllo delle malattie (ECDC) ha tenuto sotto stretto monitoraggio. Dall’inizio della stagione di trasmissione del 2022 e fino al 19 di agosto 2022, l’infezione quest’anno «sembra particolarmente aggressiva», secondo le autorità sanitarie. Stavolta il campanello d’allarme è suonato anche in altre province italiane. Dall’inizio di giugno sono stati confermati in Italia 230 casi d’infezione da West Nile Virus (WNV) nell’uomo e 13 decessi: lo rileva l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) nell’aggiornamento del 18 agosto. Dei 230 casi, rileva l’ISS, «127 si sono manifestati nella forma neuro-invasiva (dei quali 14 Piemonte, 8 Lombardia, 71 Veneto, 3 Friuli-Venezia Giulia, 29 Emilia-Romagna, 1 Toscana, 1 Sardegna), 37 sono stati casi identificati in donatori di sangue (5 Piemonte, 5 Lombardia, 18 Veneto, 9 Emilia-Romagna), 63 casi di febbre (1 Piemonte, 4 Lombardia, 55 Veneto, 1 Friuli-Venezia Giulia, 2 Emilia-Romagna) e 3 sintomatici (Veneto)». Il primo caso umano della stagione è stato segnalato dal Veneto in giugno, nella provincia di Padova. Tra i casi confermati, prosegue l’ISS, sono stati notificati 13 decessi (8 in Veneto, 2 in Piemonte, 1 in Lombardia e 2 in Emilia-Romagna). Nello stesso periodo sono stati segnalati 3 casi di Usutu virus in donatori di sangue (2 Friuli-Venezia Giulia, 1 Piemonte). Preoccupante crescita dei casi d’infezione dal virus del Nilo occidentale in Veneto. All’ospedale di Padova, in pochi giorni, sono diventati 10 i pazienti in gravi condizioni ricoverati in terapia intensiva. Complessivamente nell’ospedale della città euganea si trovano 15 malati. Lo rende noto l’azienda ospedaliera. «Alcuni di questi pazienti ospitati in terapia intensiva sono relativamente giovani, attorno ai 50-60 anni. I restanti sono anziani, colpiti duramente da questo virus, che quest’anno sembra particolarmente aggressivo» afferma il Direttore generale dell’Azienda Ospedale Università Padova, Giuseppe Dal Ben che sottolinea l’importanza delle misure di contenimento del contagio dall’infezione, trasmessa quasi esclusivamente dalle zanzare comuni, quelle delle specie culex pipiens. «Consigliamo grande attenzione e di adottare le più elementari misure di contenimento del contagio – spiega il dirigente sanitario italiano – come l’uso di repellenti, l’evitare luoghi all’aperto nei pressi di acque stagnanti e possibili ambienti a rischio, e l’uso di vestiti a maniche lunghe». Poiché gli esperti ritengono che il collegamento fra il ciclo rurale e quello domestico è determinato da alcune zanzare della macchia che potrebbero penetrare negli ambienti domestici infettando il pollame o altri animali d’allevamento e da compagnia, i quali poi potrebbero essere punti da zanzare nella fase della viremia, si raccomanda di evitare, in zone a rischio, il contatto con animali deceduti e di prevenire la proliferazione delle zanzare limitando le superfici umide tra le quali, rende bene l’idea, il classico esempio del sottovaso sempre pieno d’acqua. È evidente, inoltre, che ai primi sintomi, bisogna rivolgersi al proprio medico di famiglia. Si ricorda, a tal proposito che gli indici segnalati sono rappresentati da febbre moderata dopo pochi giorni di incubazione, che dura da tre a sei giorni, accompagnata da malessere generalizzato, anoressia, nausea, mal di testa, dolore oculare, mal di schiena, mialgie (dolori muscolari), tosse, eruzioni cutanee, diarrea, linfadenopatia e difficoltà a respirare. In meno del 15% dei casi, negli anziani e nei soggetti più deboli, possono aggiungersi gravi complicazioni neurologiche quali meningite o encefalite. Non esistono al momento vaccini o trattamenti specifici, vengono di norma usati farmaci per alleviare la sintomatologia tipica della malattia. É, peraltro, importante sottolineare che l’ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) ogni settimana pubblica un rapporto informativo sulla febbre del Nilo occidentale che comprende mappe della attuale distribuzione geografica dei casi autoctoni umani nell’UE e nei paesi limitrofi, tra cui un confronto con i dati precedenti, un aggiornamento della situazione e una tabella del numero di casi di paese e zona. Esso è pubblicato sul sito dell’istituzione europea ogni venerdì pomeriggio. L’obiettivo del progetto è quello di informare le autorità competenti responsabili per la sicurezza della salute delle aree nelle quali risulta possibile il contagio del virus del Nilo occidentale agli esseri umani al fine di sostenere la loro attuazione della normativa sulla sicurezza della salute. Secondo la normativa europea sulla sicurezza della salute, gli Stati membri devono avviare misure di controllo per assicurare la sicurezza in caso di casi di febbre del Nilo occidentale. Una sfida importante per l’attuazione del presente regolamento è la raccolta tempestiva di informazioni accurate sulle zone colpite.