Donne Briganti

La donna brigante nell’immaginario comune è scaltra, feroce e allo stesso tempo fedele al proprio compagno e alla propria terra. Nel 1866 in Inghilterra fu pubblicato un diario molto interessante scritto da William J. C. Moens, “English Travellers and Italian Brigands; A narrative of capture and Captivity” – London, Hurst & Blackett. Viene narrata la storia di quest’uomo che viaggia al sud Italia e viene come accadeva spesso assalito da una banda di briganti di Gaetano Manzo che agiva tra il Salernitano e l’Avellinese. L’uomo fu rapito dai suddetti briganti, i quali chiesero un riscatto, e nel frangente scrive un diario giornaliero della sua prigionia. In particolar modo, riferendosi alle donne brigantessa, egli afferma che «non sono così crudeli come si potesse immaginare, infatti molte si spingevano a condurre una vita così dura solo per amore; erano vestite esattamente come gli uomini; i capelli erano corti e la sola peculiarità nel loro modo di vestire era costituita da un indumento che, credo, le donne chiamano corsetto. Non mostravano nessuno di quei caratteri selvaggi e sanguinari che avevo sentito dire appartenere alle donne-briganti; tutte avevano parte nei beni dei rispettivi uomini. Venivano considerate da tutti come le ultime compagne della banda; non prendevano parte alla divisione dei riscatti e spesso venivano picchiate e trattate male dai loro uomini. Due di loro portavano fucili, le altre tre revolvers. Tutte queste donne avevano aghi, forbici, cotone, sete di varia tonalità, come pure pezzi di stoffa ed erano sempre pronte a fare qualsiasi riparazione fosse necessaria; quando arrivava una nuova scorta di fazzoletti (o maccatori come li chiamavano) si sedevano tutte insieme e lavoravano febbrilmente finché non avessero terminato. Durante un temporale smettevano di lavorare – in forza dei loro sentimenti religiosi – e ad ogni scoppio di tuono si facevano il segno della croce. La domenica era un giorno come gli altri per quanto riguardava il lavoro. Cercavo di spiegare loro che avrebbero dovuto riposarsi, ma sempre senza nessun risultato» (Briganti italiani e viaggiatori inglesi, di W. Moens – TEA, Milano 1997). Donne che avevano stati d’animo sibillini, a volte sereni a volte tristi che influivano sul loro comportamento e sicuramente sui processi di pensiero che le portavano ad adeguarsi ad una realtà molto diversa da quella di un’altra donna la cui esistenza era stata, invece, sempre più facile perché la vita non l’aveva portata lontano dalla casa paterna. Donne che potevano patire l’abbandono, legate ai propri uomini ma con delle vite caratterizzate dalla mancanza della presenza rassicurante dei propri genitori e alcune volte separate dai propri figli. Donne che per amore si imponevano una vita misteriosa, passionali, mantenevano un angolo di mistero solo loro come tutte le donne fanno, catalogarle è impossibile e catalogare le loro storie d’amore sarebbe inutile. In evidenza foto di repertorio

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