Incontro con la figlia di un detenuto impegnato in un percorso di recupero

L’appello di una figlia che non contrappone la condanna di reati legati alla violenza, al restare accanto ad un padre che ama: questi sentimenti profondi sono espressi, con intensità, da Francesca Romeo. La giovane Francesca condanna in modo incontrovertibile la violenza delle faide, e nel contempo aiuta il padre Tommaso, detenuto per reati di ‘ndrangheta, a diventare persona diversa e migliore. Un tempo coinvolto nella cosca D’Agostino-Belcastro-Romeo, Tommaso Romeo aveva cercato di distaccarsi da un cugino della famiglia D’Agostino, che spadroneggiava in diversi luoghi della Calabria; in pochi anni, si era arrivati ad una escalation, un crescendo di violenza, che non si era riusciti a fermare: una guerra, un effetto domino. Rispetto a quel tragico passato lontano, però, Tommaso Romeo ha intrapreso un percorso di profondo miglioramento ed interruzione di rapporti con la devianza, cercando di fare emergere sempre più la parte pulita della propria coscienza, rispetto agli aspetti legati al buio del passato; un itinerario certamente reale, il suo, che però non è favorito dalla sua carcerazione ancora ostativa: 28 anni di carcere consecutivi, senza un permesso, normalmente chiuso in una stanza, senza vedere paesaggi, rendono certamente difficile fare uscire il meglio di se stessi; e non è facile, ammette Tommaso Romeo in uno scritto sul giornale “Ristretti Orizzonti”, far sì che in questa condizione, generando rabbia, non offuschi la mente. Un passo avanti, per Pasquale Romeo è stato comunque la revoca del 41 bis, durante il quale, tra le altre cose, si veniva, spesso, sottoposti troppo frequentemente a perquisizioni che possono risultare umilianti, anche per la loro gratuità: anche parti intime vengono “ispezionate” durante delle flessioni, volute per “facilitare” il controllo; il cibo non poteva essere cucinato. Negli ultimi anni, comunque, frequenza troppo accentuata di tali perquisizioni estreme e divieto di cottura sono stati condannati in delle sentenze, revisionando in piccola parte lo stesso 41 bis. Le parole e gli scritti di Tommaso Romeo esprimono con chiarezza un cambiamento per il bene, attestato anche da significativi incontro dell’associazione “Ristretti Orizzonti”, che appunto dà nome anche al giornale e ad una casa editrice: anche con incontri di familiari di vittime, in un percorso di giustizia riparativa. La stessa Francesca Romeo, innocente figlia di Tommaso, è in contatto molto cordiale con Fiammetta Borsellino, figlia del Magistrato eroe del 1992: naturalmente, Francesco Romeo è estraneo a quelle stragi, ma, in quanto condannato per mafia, è circostanza assai significativa, per favorire il suo processo di riabilitazione. Del resto, anche il magistrato Paolo Borsellino aveva espresso fede nella redenzione, affermando anche che una scintilla divina fosse presente anche in coloro che avessero un tempo commesso dei crimini. Attualmente, Tommaso Romeo spera che la sua crescita etica venga messa alla prova dei fatti, con un possibile, graduale reinserimento nella vita non carceraria; del resto, nulla in natura è totalmente statico; si cambia materialmente e psichicamente, le stesse cellule di coloro che un tempo abbiano commesso degli errori, e di chiunque, muoiono e nascono in continuazione, per cui non è logico cristallizzare un passato che sia stato superato: lo si ricordava anche nella riflessioni illuminanti riportate da Carmelo Musumeci, un tempo condannato per reati di mafia, poi impegnato nell’aiuto ai disabili, per il superamento della disumanità della pena fino alla morte, e che ha conseguito tre Lauree durante il suo lungo percorso di riscatto. Tornando più specificamente alla testimonianza di Francesca Romeo, le sue testimonianza hanno trovato la più grande attenzione in coloro che ogni giorno si impegnano ad aiutare le persone più immerse nel dolore: una sua lettera era stata letta da Papa Francesco l’anno scorso, lei stessa aveva parlato alla trasmissione RAI “A Sua Immagine”, ed il percorso di suo padre è stato particolarmente incoraggiato da don Marco Pozza: cappellano del carcere di Padova, sacerdote molto ispirato e vicino anche alle “periferie” marginalizzate della società; i suoi libri e perfino le sue interviste a Papa Francesco hanno, al riguardo, impresso un segno indelebile nella coscienza di molti.

Ricciardi: “Tuo padre, Tommaso Romeo, un tempo coinvolto in una guerra di ‘ndrine, le cosche calabresi, si è da tempo dissociato da quel passato, ma non nel senso dei collaboratori di giustizia (anche per non esporre voi familiari a pericoli e disagi), ma cambiando giorno per giorno, per cercare in altro modo di fermare la violenza: puoi esporre, per far conoscere anche agli altri meglio, qualcosa di questo percorso? Un percorso di suo miglioramento, di sua presa di consapevolezza”.

Romeo:  “Sì; mio padre è stato tanti anni, in carcere, e fino a nove anni fa ha conosciuto un tipo di carcere che non gli permetteva di fare nessun progetto, nessun percorso. A Padova, è stato trasferito appunto nove anni fa: da allora, mio padre è cambiato; dico da quel giorno, perchè a Padova ha conosciuto una realtà diversa, con il percorso che ha seguito con “Ristretti Orizzonti”, che è un’associazione, portata avanti da Ornella Favero, una volontaria, responsabile dei Volontari Italiani; tramite questo percorso, mio padre ha riconosciuto i suoi “sbagli”, i suoi errori”.

Ricciardi: “Ornella Favero è anche nell’associazione Granello di senape? Cura anche altre pubblicazioni ed il giornale Ristretti Orizzonti?”

Romeo: “Sì. Aggiungo che mio padre si è sentito trattato da persona: da essere umano, e non soltanto come numero. Quando si è sentito appunto trattato in quanto essere umano, gli è stato detto da Ornella di partecipare a questo percorso, e soprattutto consigliato di riprendere gli studi. Mio padre è una persona diplomata, però Ornella lo aveva incoraggiato ad intraprendere l’Università, come lui ha ben fatto. Noi andiamo, giustamente, a trovarlo: dal quale giorno, nella sala colloqui, noi abbiamo visto una persona diversa: meno arrabbiata, più solare. Soprattutto è questo cambiamento che ho notato, perchè è stato anche lui che mi ha chiesto, per primo, di partecipare a questa iniziativa: mi ha chiesto di aiutarlo, di appoggiarlo. E da qui, ho capito che mio padre è cambiato, anche perchè ha iniziato un percorso scuola-carcere: le scuole così entrano anche in carcere. Così, le testimonianze, le domande, crude e nude, degli studenti, giustamente, lo hanno messo davanti ai suoi errori… E la cosa più bella che, comunque, io ho visto, è stato di vedere mio padre dire ad un giovane, ed anche ad un nipote (perchè mio padre ha vari nipoti, di cui uno di 13 anni), di non fare certi errori nella vita, perchè altrimenti saranno loro a pagare: come lui, che ha perso la sua libertà”.

Ricciardi: “Quindi, sta aiutando anche gli altri a non sbagliare… Può anche darsi che stesse cambiando pure prima, ma non gli fosse stata data la possibilità, perchè non messo alla prova, nè stimolato?”

Romeo: “Certo, perchè mio padre, come ti dicevo, Antonella, ha conosciuto un carcere diverso. Soprattutto, lui è stato anche in un regime di 41 bis, quindi in un regime molto duro”.

Ricciardi: “Sì, in effetti: estremo”.

Romeo: “Lì, la dignità di una persona viene annullata; quindi, lui era sempre solo, in isolamento. Ci stavano negando anche il rapporto tra padre e figlie, per vari aspetti; figurati se gli permettevano di fare percorsi. Poi, quando gli hanno tolto il 41 bis, da lì, c’è stato un cambiamento di carcere, ma anche d lui, in quanto essere umano, per il modo in cui veniva trattato; per cui lui, tutto quello che aveva dentro, lo ha emanato fuori. Lui vorrebbe, spera di ottenere un permesso, per fare capire anche alla società che è cambiato”.

Ricciardi: “Certamente; un trattamento normale lui chiede: quello che hanno quasi tutti gli altri. In quanto figlia, ti è chiaro in che modo tuo padre sia stato coinvolto, forse in parte involontariamente, in una guerra di ‘ndrangheta? Anche eventualmente senza scendere nei particolari, ma almeno per fare capire un meccanismo”.

Romeo: “Allora, come dice mio padre, non scegli tu dove nascere; è nato al Sud dove ci sono, a volte, dei contesti sbagliati; dei contesti che ti portano, tra virgolette, a fare qualcosa di sbagliato. Sei giovane, sei ingenuo, ti fa piacere avere qualcosa subito, qualche soldino subito…e non puoi tornare più indietro, purtroppo. Come dicevi tu, c’è stata una guerra: una guerra dove, se tu entri, non puoi più tornare indietro. Se tu fai qualcosa, sei portato a farla dagli eventi: lui ha agito in un certo modo, perchè altrimenti poteva succedere a lui”.

Ricciardi: “Sì, è risaputo: è difficile uscire, almeno attivamente, dalle mafie. Dove non c’è lavoro, attecchiscono, dove non c’è lo Stato: sono lo Stato parallelo..”.

Romeo: “Sì, brava; è così dove non hai la possibilità di scegliere, purtroppo. Dove anche oggi ci sono giovani che, se non lavorano, sono portati a fare qualcosa di sbagliato. “

Ricciardi: “A maggior ragione, è giusto non emarginare parenti di persone che abbiano avuto problemi giudiziari: altrimenti come fanno a trovare un lavoro onesto:..non è colpa loro, se non lo trovano”.

Romeo: “Guarda, Antonella, io sono una donna, e ricade un po’ lieve la cosa su una ragazza, su una donna; la discriminazione ci è comunque caduta addosso: a me, a mia sorella gemella, sebbene non identiche. Siamo state discriminate, perchè avevamo il papà in carcere, soprattutto quando dovevamo viaggiare, dovevamo andare a trovare mio padre..”.

Ricciardi: “E poi così si rischia di frequentare solo le persone che pure hanno i papà in carcere: figli che possono essere bravissimi, ma, senza nulla togliergli, bisognerebbe avere rapporti con chiunque, normali: sia in contesti difficili, che non difficili, e non inquadrare in modo troppo predeterminato, arbitrario”.

Romeo: “Purtroppo, se non cerchi di farti scivolare le cose addosso, entri in un brutto meccanismo, perchè è una cosa sbagliata che gli errori dei padri ricadano sui figli, perchè mio padre ha sbagliato, ma non ho sbagliato io”.

Ricciardi: “Poi, comunque, merita tutto il rispetto del mondo che cerchi di aiutare tuo padre; sebbene in passato lui abbia sbagliato, sarebbe contro un diritto naturale contestare che tu gli stia accanto”.

Romeo: “Sì, però, se sei figlia di….paghi anche tu le conseguenze, pur non avendo sbagliato. Io conosco molti amici miei, che sono figli di… e purtroppo gli negano il lavoro: gli si nega la possibilità anche per una uscita, per una pizza”.

Ricciardi: “Mi sembra questa una mentalità mafiosa, poi: non è solo quella degli affiliati, va molto oltre”.

Romeo: “Bravissima; oppure, se sei figlia di…., pensano che sbagli anche tu, ma non è così. Conosco molte persone oneste, che vanno a lavorare. Io stessa, sono 11 anni che lavoro; è addirittura un motivo in più la mia situazione, perchè mio padre non è a casa, quindi non porta lo stipendio. Siamo noi a dovere portare lo stipendio: io ho 29 anni, e sono appunto 11 anni che lavoro”.

Ricciardi: “Lui potrebbe lavorare in carcere, cosa che sarebbe auspicabile… non gliel’hanno permesso? Sarebbe bello se potesse: magari risarcirebbe la società, ed aiuterebbe voi: un po’ tutte e due le prospettive. So che però è un beneficio: non può averne ancora?”

Romeo: “Purtroppo non può averne, perchè è nell’alta sicurezza. Chi è invece nella sezione dei comuni, lavora; infatti, a Padova, c’è anche la ditta Giotto, dove fanno dolci: è conosciuta, sfornano dolci per tutta Italia”.

Ricciardi: “Eppure la società si aiuto-aiuterebbe, se gli permettesse di lavorare: sarebbe più che sensato, ragionevole, anche sul piano pratico, oltre che eticamente”.

Romeo: “Ed aiuterebbe molto anche lui, perchè ha un senso di colpa fortissimo, perchè sa di dovere pesare”.

Ricciardi: “Si sentirebbe più utile”.

Romeo: “Sì, si sentirebbe più utile, sia per noi che per la società stessa”.

Ricciardi: “Hai ragione… Rimarcando qualche particolare in più, che ruolo hai avuto, insieme alla tua famiglia, nell’evoluzione della sua coscienza, per spezzare la catena del male? Un concetto su cui è giusto insistere. Siete riusciti a stimolarlo, motivarlo?”

Romeo: “Sì, allora io l’ho motivato tantissimo: soprattutto nei suoi sensi di colpa, perchè lui sa di avere sbagliato, se, se avesse potuto tornare indietro, non avrebbe rifatto il percorso che ha fatto. Peraltro, far crescere le sue due figlie, senza un padre accanto, crea centomila difficoltà. La sua pena, il suo rammarico, i suoi sensi di colpa, lo hanno fatto cambiare, davvero. Poi l’incontro con la scuola in carcere lo ha fatto cambiare veramente, perchè in questi ragazzi rivede quasi le sue figlie, e soprattutto i nipoti; infatti, lui dice spesso: “Non ho potuto fare il padre, più di persona, spero farò meglio il nonno”. Io l’ho motivato tantissimo, perchè sa che io sono sua figlia , però non l’ho mai giustificato, io. Sono orgogliosa di avere lui in quanto padre, per il rapporto padre-figlia: certo, fisicamente c’è stato poco, perchè avevo otto mesi quando è stato arrestato, però è stato un grande uomo ad instaurare, comunque, un rapporto così forte; però, non ho mai giustificato il suo percorso di cittadino, che purtroppo ha sbagliato”.

Ricciardi: “Sono due cose diverse, l’affetto per lui, e l’essere più obiettivi su determinate situazioni”.

Romeo: “Sì; io non lo giustifico, ma non ce l’ho con lui. E questo mio perdono l’ha motivato tanto: l’ha motivato al cambiamento”.

Ricciardi: “Certo: magari lui tiene particolarmente al tuo giudizio, naturalmente. Senti, in che modo hai vissuto e vivi la sua prigionia? Puoi darci qualche particolare? Ricordo che, pur non essendo più sottoposto al regime estremo del 41 bis, la sua detenzione risulta ancora ostativa: una forma di carcerazione oggi però messa in discussione: ci sono i primi segnali sia in via di superamento… Che prospettive vedi?”

Romeo: “Allora, qui a Padova viviamo un tipo di carcerazione diversa: si è beneficiati di tantissime telefonate, che prima non avevamo: un carcere non permissivo, però perlomeno più umano: anche per continuare il rapporto con la famiglia, perchè sennò molte persone vengono anche abbandonate in carcere…perchè, se chiudono tutte le porte con la famiglia, è dura per chi resiste. Perchè già sei in un ambito dove c’è solo disperazione, e se vengono chiuse anche le porte, per la famiglia è dura. Però, come dice mio padre, ce l’abbiamo fatta: fino ad ora ce l’abbiamo fatta. E lo vivo, e spero soprattutto, di potere un giorno…ed a piccoli passi, attenzione, che lui possa ottenere un permesso, e magari portare i bambini con sé”.

Ricciardi: “Verrebbe pure messo più alla prova: magari la società si potrebbe di più auto-rassicurare”.

Romeo: “Brava, brava. Sì, infatti mio padre è stato arrestato, purtroppo poi non è stato più messo in libertà”.

Ricciardi: “Sono quasi 30 anni”

Romeo: “28, sono 28 anni di carcere, consecutivi…ma per metterlo alla prova, è opportuno; un po’ alla volta, in un posto dove all’inizio ci siano anche gli assistenti sociali, protetto, piano piano. Perchè, come io ho detto ad Ornella, io posso mettere la mano sul fuoco che mio padre non sbaglierà. Non sbaglierà, perchè sa cosa vuol dire aver sbagliato”.

Ricciardi: “Non gli converrebbe, e poi soprattutto ha capito: è chiaro, da tutto quello che esce fuori”.

Romeo: “Ma neanche chiedo che venga qui, non lo vorrei in Calabria, in permesso. Anche lì a Padova potrà essere. Io due anni fa mi sono sposata, ed ho chiesto al direttore, ho fatto una lettera anche al magistrato di sorveglianza, purchè mio padre mi potesse soltanto accompagnare all’Altare… e non al ristorante, ricevimento. Chiedevo se mi si poteva fare questa grazia”.

Ricciardi: “Un bel pensiero”.

Romeo: “Io ero disposta a sposarmi lì a Padova, con pochissimi parenti, soprattutto quelli stretti: mi è stato negato, mi hanno chiesto se volevo sposarmi in carcere: nella cappella del carcere. Mio padre non ha voluto assolutamente”.

Ricciardi: “Per te, magari”.

Romeo: “Sì, ma poi è sempre un carcere: un posto squallido. Poi non poteva entrare nessuno, assolutamente; non è che dovevamo fare chissà quale grande festa, però mio suocero, mia suocera, le mie cognate, non potevano entrare”.

Ricciardi: “Il no determinante è stato dovuto a qualche Magistrato, giusto?”

Romeo: “Ovviamente”.

Ricciardi: “Forse c’era anche il problema dell’interpretazione del 4 bis, che ora è stato dichiarato incostituzionale”.

Romeo: Però il 4 bis è tanti anni che ce l’ha, infatti stiamo lottando con l’Avvocato, per la declassificazione. Abbiano fatto richiesta per questo: la sua sintesi, il Direttore, il Got, hanno tutti dato parere favorevole, positivo, perchè il suo percorso è ottimo”.

Ricciardi: “Quindi è possibile andrà diversamente dal permesso negato per il tuo matrimonio, nel 2019: lo stesso anno in cui il 4 bis è stato dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale. Ci sono però alcuni casi precedenti di persone che, pur non avendo collaborato, nel senso di non avere fatto i nomi degli altri, hanno avuto dei benefici: penso ad esempio al caso di Carmelo Musumeci, dal 2018”.

Romeo: “Ce ne sono tanti, di casi”.

Ricciardi: “Quindi, quello che avevi chiesto, pur difficile, non era impossibile. “Difficile” non perchè fosse irragionevole quanto avevi chiesto (perchè era umanissimo), ma era problematico proprio a livello di blocchi, riguardo la prassi, che solo ora cominciano ad essere sgretolati”.

Romeo: “Guarda, Carmelo Musumeci era nella stessa sezione di mio padre: facevamo i colloqui insieme; a lui è stata data la possibilità di benefici, ed a mio padre no. Un altro detenuto che pure era nella stessa sezione, adesso sta avendo dei permessi: ora purtroppo sta male la mamma, ed il cappellano del carcere di Padova, don Marco, lo vorrebbe accompagnare a vedere la mamma, in Calabria: lui abita molto vicino a casa mia”.

Ricciardi: “Quindi, molto bene per loro, ma è auspicabile, naturalmente, anche per tuo padre”.

Romeo: “Sì, io ho un po’ di rabbia per i “no” detti a mio padre, perchè sto perdendo un po’ le speranze. Ho un po’ di rabbia verso la giustizia italiana, perchè se io faccio un qualcosa, un percorso, per dimostrare di essere cambiato, e tu non mi dai la possibilità, allora che lo faccio a fare?”

Ricciardi: “Però adesso si stanno sgretolando dei muri, e infatti ti volevo chiedere tu, tenendo conto di tutti questi fatti, senti di esprimere particolari riflessioni, per una possibile conciliazione tra una società libera da illegalità e paura, ed il riscatto dei detenuti, che viene costruito quotidianamente? In che modo evitare che alcuni detenuti vengano discriminati? In effetti, tuo padre, in quanto implicato in reati contro la sicurezza dello Stato, viene trattato più severamente di persone che anche per il comune sentire sono più colpevoli: viene trattato peggio di pedofili assassini, parliamoci chiaro. Forse bisognerebbe farci riflettere di più, chi se ne occupi di professione”.

Romeo: “Io penso che lo Stato non dovrebbe fare, tra virgolette, lo stesso gioco del mafioso. Se tu fai la stessa cosa, se non gli si dà la possibilità, si “buttano la chiavi”, e ci si sente un “uomo morto”, purtroppo che è condannato alla morte, quando verrà, senza miglioramenti, si fa lo stesso gioco. Emerge anche “paura” di una persona, e non si evidenzia uno Stato forte. Perchè se si ha paura di una persona che ha fatto 30 anni di carcere, sottolineo, e tantissimi anni di riabilitazione, e parla con gli studenti, non si è rassicuranti; in quelle occasioni, lui pubblicamente si è dissociato da comportamenti illegali, ed ha detto di fare attenzione a dove mettere i piedi, per non sbagliare. Ecco, uno Stato che abbia paura di un uomo così, non si dimostra uno Stato forte”.

Ricciardi: “Poi c’è il rischio anche di far mitizzare delle persone, rese, nei fatti, troppo vittime. Questi trasgressori del passato, vittime di un trattamento troppo duro rispetto alla norma, possono diventare punti di riferimento per tanti scontenti”.

Romeo: “Sì, poi i ragazzi, i figli di queste persone, per cui lo Stato non c’è mai Stato, vengono anche incattiviti dallo Stato stesso, con queste discriminazioni”.

Ricciardi: “Beh, certo lo Stato, per farsi rispettare, deve anche rispettare”.

Romeo: “Brava. Io poi ho seguito un percorso lineare, e non di devianza”.

Ricciardi: “ Ma tu poi chiedi cose “normali”: misure costituzionali”.

Romeo: “Io credo di far vedere realmente la persona cambiata che è mio padre: solo questo. A piccoli passi, sottolineo; ovviamente”.

Ricciardi: “Sì, poi tu non dici che non dovesse esserci una pena; chiedi possa cambiare il grado di intensità, essendo cambiato lui, e tenendo conto che sia cambiato il contesto anche del suo percorso. Poi diventa controproducente, oltre che ottuso, il non tenere conto dei cambiamenti”.

Romeo: “Certo, è controproducente, e come dici tu, ottuso; è cercare di non sentire, di non vedere: far finta di non capire. Questa persona, figlia di un detenuto discriminato, la si può anche incattivire”.

Ricciardi: “In effetti, è normale: è una reazione a un’offesa. Poi diventa, in un certo senso, una tortura non dare prospettive: la tortura è anche mentale”.

Romeo: “Sì, sì, sì”.

Ricciardi: “L’impressione è che comunque stia cambiando qualcosa anche nella coscienza collettiva: se ne sta parlando di più”.

Romeo: “Sta cambiando, e non so se hai visto, se ricordi, la Via Crucis dell’anno scorso, col Papa. Io ero o l’ottava o la nona, tra le autrici delle missive: il Papa ha letto la mia lettera”.

Ricciardi: “Sì, un bellissimo segno di vicinanza. Non sapevo fosse proprio la tua ma so che Papa Francesco si è espresso più volte contro l’ergastolo ostativo, ha incontrato anche Carmelo Musumeci, in precedenza”.

Romeo: “Sì, io visto il cambiamento. La via Crucis era partita proprio dal carcere di Padova, con il Cappellano, don Marco, che teneva la croce, e c’era anche il direttore del carcere di Padova. E quella sera il Papa, durante la Via Crucis dell’anno scorso, ha letto anche una mia lettera”.

Ricciardi: “Davvero è una cosa meravigliosa, fa capire che sia una delle cause tra le più importanti; d’altra parte, l’idea della redenzione è molto presente, anche nel Vangelo: l’idea di qualcuno che, pur essendo stato un malfattore nel passato, diventi più umano; c’è, ed è un’idea anche universale, oltre che cristiana”.

Romeo: “Sì, infatti, per il Papa bisogna dare una possibilità; non si deve negare, si deve dare”.

Ricciardi: “Poi ciò rende migliori anche coloro che la diano, in un certo senso, più umani: la redenzione di chi abbia commesso certi errori è la redenzione anche di chi gli dia tale possibilità: nel senso che sbaglierebbe a non dargliela, perchè non sarebbe il meglio. Intanto, Francesca, vuoi aggiungere qualcosa in più? Sei ottimista per il futuro?”

Romeo: “Voglio essere ottimista, per quanto la realtà non sia semplice. Oltretutto con la pandemia, è da circa un anno che non incontro di persona mio padre: per problemi di covid, si sono ulteriormente ristrette le possibilità, per cui non possiamo incontrarci: noi non possiamo salire, e quindi ci vediamo soltanto con la videochiamata, con mio padre. Sto perdendo un po’ le speranze, nell’immediato, perchè non vedo appunto fatti: vedo soltanto parole, parole, parole”.

Ricciardi: “I più sono ancora prigionieri dell’ergastolo ostativo, dobbiamo dirlo; però, ci sono stati cambiamenti importanti; in fondo, basta qualcuno di questi casi, perchè non sia impossibile per gli altri, anche se è ancora lento il cambiamento. L’auspicio può essere che aumenti e si velocizzi”.

Romeo: “Sì, che aumenti e si velocizzi, perchè per fortuna parecchi stanno beneficiano di permessi: anche per fare vedere alla società il loro cambiamento. Questo è l’auspicio: per mio padre, e per tutti gli ergastolani, che purtroppo sono degli uomini-ombra: è come una pena di morte, nascosta”.

Ricciardi: “La cosa più grave è la mancanza di tutti i benefici: è una situazione che solo ora sta diventando un po’ più nota. Non era neanche notissima”.

Romeo: “Non era notissima, ed io, quando ne ho cominciato a parlare pubblicamente, avevo anche paura: dei pregiudizi, delle discriminazioni; però poi mi sono fatta coraggio, perchè quando non si sa, non se ne parla, sembra tutto normale…invece, tutto normale non è”.

Ricciardi: “Certo, quindi l’auspicio è di tornare alla Costituzione, tornare alla vita più piena, per loro”.

Romeo: “Certamente”.

Ricciardi: “Non so se vuoi aggiungere qualcosa, ad esempio sull’esperienza superata, ma molto dura, con il 41 bis: con un vetro posto in modo permanente a separare dai parenti. Con questo isolamento, si rischiano problemi mentali, e c’è deprivazione sensoriale”.

Romeo: “Sì, problemi mentali; ti negano tutto su un rapporto più naturale. Anche come persona umana, perchè sono continuamente reclusi in quella stanza. Per esempio, io ricordo sempre una cosa in mente: mi ricordo che al 41 bis non potevamo preparargli certi pacchi da casa: è una cosa impensabile… perchè non poteva mangiare alcune cose che gli mandavamo dalla Calabria, da cucinare”.

Ricciardi: “Non poteva cucinare?”

Romeo: “No, doveva per forza mangiare le cose che gli passavano loro. La posta pure è censurata: loro, prima di dargli la posta, gliela leggono. Mi ricordo che, quando era una bambina di 10 anni, ed una bambina di quell’età non sa determinate cose, e magari gli fai un disegno… Mi ricordo che era di moda Idol, quel topo…Mi ricordo che mio padre mi disse più di una volta di non fare disegni, perchè potevano essere scambiati per qualcos’altro”.

Ricciardi: “Per qualche messaggio illecito, che non era”.

Romeo: “Sì”.

Ricciardi: “Alcuni aspetti di queste misure, ed anche la loro interpretazione, sono contro il buon senso, e poi devono essere anche molto vessatorie: qualche controllo si può comprendere, ma non travisando troppo facilmente qualcosa. Le limitazioni sull’alimentazione sono poi completamente inutili”.

Romeo: “Là fanno proprio la fame”.

Ricciardi: “Sì, addirittura, e perfino l’acqua è poca: aspetto ancora più preoccupante”.

Romeo: “Sì, sì, sì. Ho letto in un articolo pubblicato da Ornella, che ricorda qualcosa di vissuto da mio padre: lì, una persona ricordava di avere lanciato al compagno di fronte un pezzo di salame..”.

Ricciardi: “Un aiuto alimentare, di nutrimento?”

Romeo: “Sì, ed è stato punito”.

Ricciardi: “Senti ricorda, non so se hai visto questo film, su orrori carcerari, si chiama “Papillon”, ed era ispirato ad una storia vera di una persona deportata in Guyana francese: là si vedeva, a parte il cibo cattivo, volutamente molto cattivo, e qualcuno aiutava un compagno di detenzione, regalandogli del cocco, della frutta… e veniva punito per questo: si vede la stessa tipologia di situazione, anche se era ambientato molti decenni fa. E poi si vedeva questo capitano delle guardie, che diceva: “Ma quale redimervi, noi vi vogliamo spezzare..”.. Purtroppo questo è ancora attuale, in molti casi”.

Romeo: “Sì, sì, sì: identico. Così come mi diceva mio padre, quando ero più grande, mi parlava di questo 41 bis, che a sorpresa, durante la notte, o anche di giorno, quando stavano dormendo, entrava una squadra di Carabinieri, di guardie penitenziarie, diversa..”.

Ricciardi: “Non conosciuta, per loro?”

Romeo: “Una squadra specifica, dove mettevano a subbuglio tutta la cella, tutta la stanza, e…perquisizione a manetta: spogliati, denudati; e so di un’altra persona, non mio padre, un altro detenuto che ho conosciuto, che per svegliarlo, oppure per dispetto, non lo so, gli lanciavano un secchio d’acqua fredda addosso”.

Ricciardi: “Proprio una tortura; poi molti hanno riferito di perquisizioni estreme: troppo frequenti, brutali”.

Romeo: “Un detenuto di cui ho saputo è arrivato a contare anche dieci perquisizioni a notte”.

Ricciardi: “Addirittura in un’unica notte?”

Romeo: “Evidentemente lo volevano fare uscire pazzo. A mia madre l’ha raccontato un detenuto che ho conosciuto”.

Ricciardi: “Davvero agghiacciante. Si era sentito di perquisizioni troppo frequenti: ad esempio, ad ogni colloquio, che già è notevole, perché, considerando che poi c’è pure un vetro, non si capisce il perché di perquisizione, anche estreme, così frequenti. Forse si potrebbe capire ad ogni passaggio ad un carcere nuovo, ma certamente mancano serie motivazioni per le perquisizioni frequenti e frequentissime”.

Romeo: “Poi, fino a 12 anni, i minori possono oltrepassare il vetro, e gli adulti venivano fatti uscire”.

Ricciardi: “Quindi, tu stessa non lo hai potuto abbracciare per lungo tempo, prima della revoca del 41 bis, e parlavate col citofono”.

Romeo: “Sì. E mi ricordo che, nonostante ci fosse il vetro blindato, ci facevano togliere le scarpe, per le perquisizioni: sì, sì, sì”.

Ricciardi: “Certo, nel momento in cui non c’era contatto, è assurdo. E tra l’altro, anche il vetro è molto criticabile, perché, poiché vengono comunque filmati questi colloqui, venivate filmati, si poteva evitare il vetro stesso”.

Romeo: “Certamente!”

Ricciardi: “Risulta essere una tirannia sul corpo, oltre che sulla mente”.

Romeo: “Sì, misure che la civiltà dovrà superare”.

Introduzione e quesiti di Antonella Ricciardi; servizio ultimato nel marzo/aprile 2021

Condividi questo articolo qui:
Stampa questo post Stampa questo post