Pompei. La città viva

Durante il suo viaggio in Italia tra il 1786 e il 1788, il poeta tedesco Johann Wolfgang von Goethe affermò che “Mai nessuna catastrofe ha procurato ai posteri tanta gioia come quella che seppellì [le] città vesuviane”. Pompei, Ercolano e gli altri siti vesuviani non sono dei semplici monumenti, ma dei veri e propri libri da sfogliare e leggere nel profondo, che hanno offerto e offrono ai visitatori e agli studiosi di ogni epoca la possibilità di indagare a fondo ogni singolo aspetto sulla vita quotidiana del mondo antico, dall’alimentazione all’artigianato, passando per l’agricoltura, l’edilizia, l’arte, l’abbigliamento… Ogni disciplina può effettivamente trarre qualcosa dallo studio degli scavi vesuviani, che non sono solo un patrimonio storico e archeologico, ma qualcosa di più, che alimenta la ricerca anche di altre branche della conoscenza, a partire dalla botanica, dall’antropologia, dall’architettura, arrivando fino alla vulcanologia e alla geologia. Siamo senza dubbio davanti a un patrimonio unico al mondo, ma estremamente fragile, danneggiato dall’avidità degli uomini, dalla guerra e, non da ultimo, dall’incuria, come dimostra il vergognoso crollo della Schola Armaturarum di Pompei nel 2010, dovuto a un generale periodo di crisi del parco archeologico. Nonostante questo, l’edificio è stato ricostruito e oggi è visitabile grazie al lavoro del professore Massimo Osanna, sovrintende di Pompei dal 2014, oggi direttore generale dei Musei Italiani, che ha completamente rivisto la gestione del parco archeologico, proiettandolo in una dimensione moderna e attuale sotto ogni punto di vista, dall’uso dei social media alle riaperture e restauri nel parco, passando per la consistente ripresa degli scavi archeologici, formalmente interrotti tra il 1967 e il 1987, ripresi nel 2014, che hanno portato alla luce nuove sensazionali scoperte, tra cui segnaliamo il meraviglioso affresco di Leda e il Cigno, la domus del giardino, i nuovi calchi della villa di Civita Giuliana, il thermopolium affrescato e molto altro ancora. Perché la bellezza di Pompei sta proprio nella sua inesauribile capacità di svelare e illustrare aspetti sempre nuovi e sorprendenti, che possono arricchire o anche ribaltare il quadro degli studi: un valido esempio è l’iscrizione in grafite, rinvenuta nel corso dei nuovi scavi, che ha postdatato la data dell’eruzione al 24 ottobre del 79 d.C. (rispetto alla canonica data del 24 agosto). L’operato di Massimo Osanna però è andato oltre gli scavi: lo scorso 25 gennaio è stato riaperto l’Antiquarium di Pompei, chiuso dal terremoto del 1980, dove sono esposti reperti archeologici rinvenuti nel corso delle campagne di scavo antiche e recenti; nel settembre del 2020 è stato inaugurato il Museo Archeologico di Stabia Libero d’Orsi nella borbonica reggia di Quisisana a Castellammare di Stabia, dove sono ospitati affreschi, oggetti e altri reperti provenienti dalle ville dell’antica Stabia; c’è stata una generale rivalutazione e riscoperta dell’Antiquarium di Boscoreale; in più sono state promosse una serie di mostre internazionali di ampio respiro, da “Pompei e l’Europa” del 2015 fino a “Pompei 79 d.C. Una storia romana”, in esposizione al Colosseo dallo scorso 8 febbraio fino a maggio. Grazie all’operato del professore Osanna, Pompei e gli scavi vesuviani sono tornati a essere uno dei luoghi più importanti della cultura europea, dando un ampio respiro internazionale a un luogo mai morto, ma vivo, capace di offrire sempre nuove risposte e spiragli alla futura ricerca, archeologica e non.

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