Arisa: Amiamoci per quello che siamo. Siamo Vita!

Dopo Vanessa Incontrada adesso è il turno di Arisa che decide di voler far sentire la sua voce e il suo pensiero in relazione alla campagna che si sta affermando e diffondendo nell’ultimo periodo: quella del Body Positive. Ormai le donne sono stufe di sottostare ai modelli che vengono proposti dal mondo social e della moda. Tutte hanno deciso di dire basta ai filtri che vengono adottati sui vari social e soprattutto di porre fine ad un canone di bellezza unico. Per questo motivo esponenti del mondo della moda e dello spettacolo hanno deciso di far sentire la loro voce riguardo una tematica del genere. Anche per questo voglio sottoporre alla vostra attenzione la lunga riflessione che l’interprete Arisa ha voluto esporre, sotto forma di sfogo, sulla sua pagina personale di Instagram:
“Questa è la prima foto che faccio da quando ho deciso di ritornare allo stato originale della mia faccia. Senza filtri. Mi spiego meglio: negli ultimi anni la paura del tempo che passa era diventata incombente. Le mie serate le impiegavo a scrutare i difetti sul mio volto e a contare i buchi di cellulite sul mio sedere e sulle mie cosce. Chirurghi e medici estetici sono diventati i miei confessori, pensavo che se fossi diventata più bella la gente mi avrebbe amata di più, che avrei trovato l’amore della mia vita e che sarebbe stato tutto più facile per me con amici e lavoro. Guerre infinite coi miei capelli e tempo perso che non torna più. Io lo so che non sono bella come le tipe che vedo sui giornali e sui social, ma non voglio che sia più un mio problema. Ci sono tante persone care nella mia vita, che amo alla follia, che pur non aderiscono ai canoni del bello che ci propone questo mondo, eppure niente sarebbe lo stesso senza di loro per me. Mi chiedo allora perché solo io dovrei sentirmi meno amabile con la mia faccia, la mia età e la mia cellulite. Un essere umano è quello che è, quello che dà, o quello che appare? Ogni problema diventa un problema solo se gli permettiamo di esistere. Quando portavo gli occhiali e il caschetto mi sentivo me stessa, ma la gente per strada mi prendeva in giro, si permettevano di fare apprezzamenti veramente pesanti sul mio aspetto fisico. Per non parlare del “ ci è o ci fa(?)”che mi ha fatto sentire sbagliata fin dall’inizio della mia avventura. Questo alle donne capita spesso perché siamo in una società che dà per scontato che una donna possa essere messa in discussione per aspetti futili già in famiglia e che sia tutto normale. Da bambine dobbiamo essere accettate da nostro padre e non dare troppo fastidio a nostra madre che è una donna come noi problemi annessi, adolescenti dobbiamo passare l’esame della classe, dei primi flirt, delle amiche fighe che decidono se siamo all’altezza di stare nel gruppo; poi: vogliamo parlare del mondo del lavoro? È ora di svegliarsi. Sentirci sbagliate ci rende ottime acquirenti. Depotenzia il nostro valore; ci divide e il mondo va a rotoli. Amiamoci per quello che siamo. Siamo vita”.
Forse il senso di questa battaglia sta nelle parole giuste e nelle domande giuste, proprio come quelle che sono state poste da Arisa per gettare le basi di una società fondata sul rispetto e sull’accettazione della propria immagine e non nella costante ricerca di una perfezione che non ha ragione di esistere.

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