La lenta e inarrestabile scomparsa del Real Sito Borbonico di Calvi Risorta

Lucio Sandon, padovano di nascita ma napoletano di adozione (trasferitosi con la famiglia a Napoli nel 1968), attualmente vive a Portici, scrittore, medico veterinario, ecologista e collaboratore del giornale on line “LaSpeakersCorner.eu” sul quale ogni domenica pubblica il racconto della settimana. Domenica 3 maggio u.s. ha condotto i lettori alla visita di quel che rimane di un altro sito borbonico la “Real Caccia di Calvi Risorta” e scrive che del Demanio di Calvi, situato nei Comuni di Calvi Risorta e di Sparanise, si hanno informazioni precise già dal 1425, allorché sorse un contenzioso circa i confini, tra la città di Calvi e quella di Capua e, secondo lo storico capuano del ‘700 Francesco Granata, fu la regina Giovanna II a stabilire i confini con un “privilegio” datato 17 settembre 1425, pubblicato in “Storia Civile della Fedelissima Città di Capua” nel 1756, dichiarando che il tenimento di Capua si estenda fino al Rivo corrente di Calvi, i quali territori sono divisi per certe colonne postesi in termini. Il Sandon scrive che la Reale Casa Borbonica subentrò al Barone Luigi Zona nell’affitto del Demanio e del bosco di Calvi Risorta nel 1775, e fino al 1758 i Borbone fecero realizzare lavori di bonifica per lo spurgo dei fossati e costruirono la strada che portava al Sito. Il contratto durava fino al 18 ottobre 1779, protraendosi per ulteriori dieci anni. Il tutto venne descritto nella Carta del Regno realizzata nel 1793 da Giovanni Antonio Rizzi Zannoni. Per avere un quadro generale dell’importanza e delle dimensioni del complesso è sufficiente leggere quanto riportato nelle piante della tenuta e del Casino Reale di Calvi, riprodotta dall’architetto Notarangelo nel 1910: si trattava di un complesso di quasi quattro milioni di metri quadri di superficie, con la Torre d’Occidente di 608 metri quadri, comprendente 12 stanze e 2 saloni al primo piano, 14 stanze al secondo piano, poi una cappella, un fienile e due stanze al piano terra, alle quali si aggiungeva un casone di 2174 metri quadri e, infine, una casina di 176 metri quadri sul fronte principale della struttura e il circo costituito da un grande piazzale ellittico per le corse dei cavalli. Il Sandon esamina poi gli aspetti più familiari dei Borbone e socializza che dal Demanio di Calvi Ferdinando IV scriveva spesso alla sua seconda moglie, Lucia Migliaccio, duchessa di Froridia. Il Re Ferdinando era legato a Lucia Migliaccio dal 1811, e che non si trattasse di una semplice avventura fu provato dal matrimonio morganatico tra i due, in cui la Migliaccio diveniva moglie ma non regina, celebrato a soli due mesi dalla morte di Maria Carolina. Dopo questa descrizione il Sandon arriva alle “dolenti note” e scrive che il Casino Borbonico ormai sta cadendo a pezzi, assediato dagli sterpi e dai materiali di risulta. Di questi giorni anche il furto dello stemma reale sull’entrata, di due acquasantiere di marmo e il tentato furto del pavimento. Un patrimonio inestimabile, un tempo riserva di caccia reale e oggi completamente abbandonato a sé stesso al punto che tra qualche anno di esso non resterà pietra su pietra. Sono rimasti solo alcuni ruderi abbandonati: le garitte, gli alloggi dei soldati, la cappella reale sfondata. Una parte del Casino è stata demolita per far passare una strada, un’altra parte è diventata una discarica. Cento anni fa il Casino Reale del Demanio di Calvi era completamente integro. Nel 1943 i tedeschi, durante la ritirata, lo bombardarono. A seguito di tale bombardamento rimasero a sinistra l’alloggio dei soldati, trasformato col tempo in caserma dei carabinieri, a destra la scuderia utilizzata per i cavalli, al centro la Cappella Reale e due altri locali utilizzati come scuola elementare fino a quarant’anni fa. Oggi la Cappella Reale, nonostante sia rimasto qualche stucco, presenta delle crepe che tra qualche anno la spezzeranno in due parti.
Del Real Sito Borbonico del Demanio di Calvi Risorta si sono interessati esperti nonchè studiosi del circondario che hanno prodotto interessanti e stimolanti documenti. Il prof. Paolo Mesolella, oltre a trattare il Sito su giornali e riviste, nel 2008, ha pubblicato un interessante libro “Il Demanio di Calvi, il Casino, la Cappella Reale e altre amenità calene” nel quale, tra l’altro, offre la possibilità ai lettori di scoprire alcune notizie sorprendenti: l’origine centenaria del Demanio, l’anno di nascita del Casino, la presenza a Calvi dei Re borbonici, il passaggio per il Demanio del Barone Luigi Zona, del Duca Valentino e, perfino, dei briganti e dei garibaldini; Ilario Capanna ne “La Fattoria Borbonica. Un modello per lo sviluppo”, 2010, si chiede che fine ha fatto il sito borbonico più importante che si trova nel territorio di Sparanise, il Casino Reale del Demanio di Calvi. Sembra inverosimile ma nessuno nel presente, come nel passato, si è mai occupato seriamente dell’importante complesso monumentale di Ferdinando II di Borbone. Oggi la struttura presenta delle crepe che prima o poi faranno crollare tutto esattamente come è avvenuto per la Domus dei Gladiatori di Pompei; Giancarlo Izzo sul Corriere del Mezzogiorno-Corriere della Sera del 13 aprile 2013 segnala che un altro crollo si è verificato nel Sito e scrive che è crollata la garitta borbonica del Casino da caccia realizzato nel 1779 da Carlo di Borbone. Della stessa Cappella Reale (anche questa struttura è a forte rischio di crollo) non sembra interessarsi nessuno. Il degrado e l’abbandono sembrano essere padroni assoluti. A promuovere l’ennesima denuncia è Tina Lepri che sul Giornale dell’Arte del 14 aprile 2013 scrive che a Sparanise, vicino Caserta, cade a pezzi, nell’indifferenza generale, la Cappella Reale del Casino di Calvi, gioiello architettonico costruito per Carlo di Borbone. Non c’è sorveglianza e il materiale è assai prezioso come tutti i rivestimenti, il corredo della Cappella, le tele e i pavimenti dipinti, tutto già portato via da tempo; Angelo Martino, sul “Nuovo Monitore Napoletano” il 23 settembre 2014, scrive che dopo la caduta del regno borbonico, i due Comuni di Calvi e di Sparanise reclamarono il possesso del Demanio con ricorsi che diedero inizio ad un lungo contenzioso che terminò con il componimento bonario del 1898 tra i due Comuni e la Real Casa Savoia sulla base delle deliberazioni di transazione bonaria del Comune di Calvi del 26.5. 1982 e del Comune di Sparanise del 12.12 1892; Michela Zona nel “Real Sito Borbonico del Demanio di Calvi e Sparanise” in Chi è? di Franco Falco e Autori Vari, dicembre 2017, scrive che allo stato attuale restano solo i segni di un complesso storico-artistico di notevole valore, quei pochi che ancora non sono stati spazzati via e con la loro prossima scomparsa si cancellerà, in modo definitivo, il luogo e con esso la storia, l’arte, la cultura, la tradizione che hanno segnato, per diverso tempo, la vita dell’Agro Caleno e non solo. Non a caso, conclude Michela Zona, Seneca (4 a.C. – 65 d.C.) sostiene che “Il passato ci appartiene, è la parte del nostro tempo sacra e intoccabile, posta al di là di tutte le vicende umane, sottratte al dominio della sorte”.

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