Giornata mondiale della Poesia: versi che vanno dritti al cuore

“Sono nata il ventuno a primavera”, scriveva Alda Merini. Proprio oggi, infatti, si festeggia la Giornata mondiale della Poesia, istituita dall’Unesco nel 1999; attraverso l’universalità unificante del verso, si può veicolare un messaggio di pace, di scambio interculturale, di dialogo tra i popoli.
E’ vero, in questo periodo così difficile per tutti, l’inverno che è in ognuno di noi sembra non voler andarsene… Tuttavia, proprio per questo motivo, è importante oggi ritagliare un po’ di tempo per perderci tra i versi di alcune poesie che possono venirci incontro.
“… A quella stretta
di un palmo col palmo di qualcuno
a quel semplice atto che ci è interdetto ora –
noi torneremo con una comprensione dilatata.
Saremo qui, più attenti credo. Più delicata
la nostra mano starà dentro il fare della vita.
Adesso lo sappiamo quanto è triste
stare lontani un metro.”

Questi sono alcuni versi della poesia “Nove marzo duemilaventi”, scritta da Mariangela Gualtieri, poetessa e drammaturga del Teatro Valdoca di Cesena. Versi scritti per gli italiani «che stanno a casa». Pubblicata sulla rivista online doppiozero.com, la poesia è diventata subito virale, conquistando in poche ore like e condivisioni come accade raramente a dei versi. Queste parole fanno riflettere molto, in quanto di tutte quelle azioni che abbiamo sempre dato per scontato, come un bacio sulla guancia per salutarsi, un abbraccio, o anche farsi un giro in centro, incontrarsi con gli amici, adesso avvertiamo la mancanza. E’ nostro dovere, però, rispettare quella “voce imponente, senza parola ci dice ora di stare a casa, come bambini che l’hanno fatta grossa, senza sapere cosa, e non avranno baci, non saranno abbracciati”, in quanto solo in questo modo riusciremo ad uscire da questa brutta situazione.
“Tutta la specie la portiamo in noi. Dentro noi la salviamo.”
Altri versi che trasmettono speranza e pace sono quelli della poesia di Giorgio Caproni, dedicata al mese di marzo.
“Dopo la pioggia la terra
è un frutto appena sbucciato.
Il fiato del fieno bagnato
è più acre – ma ride il sole
bianco sui prati di marzo
a una fanciulla che apre la finestra.”
— Giorgio Caproni, da “Come un’allegoria”.
Caproni scrisse questa poesia a cavallo dei vent’anni, all’inizio del suo lungo itinerario artistico. Egli esprime la sua emozione davanti a un paesaggio che si apre dopo uno scroscio di pioggia, nella variabilità atmosferica tipica del mese. Il sole che è ritornato, che è simbolo di primavera, rigoglio e speranza, quel sole che leva odori pungenti dal fieno bagnato, sembra essere giunto proprio per cogliere quell’attimo, quella ragazza affacciata alla finestra.

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