Le minacce del Premier

Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha chiesto una prova di fiducia ai suoi due vice, Salvini e Di Maio. E’ stato sicuramente un passo inusuale, quello di porre un “problema politico” di primaria importanza, durante la conferenza stampa di ieri, in diretta anche su Facebook, evidenziando la gravità di una crisi istituzionale, tutta interna all’esecutivo che, a quanto pare, ha bisogno di una spinta inedita, anche sul piano comunicativo e mediatico, per essere risolta.
Il Premier ha detto, senza mezzi termini, che “un comportamento leale significa una cosa evidente, se si vuole andare avanti. Chiedo, pertanto, ai “leaders” di operare una chiara scelta, se hanno intenzione di proseguire o se preferiscono ripensarci. Non mi presto in alcun modo a vivacchiare e galleggiare. E se non ci fosse una chiara assunzione di responsabilità e, attenzione, se non ci fossero i necessari comportamenti conseguenti, rimetterò il mio mandato al Presidente della Repubblica”.
Le sue parole sono suonate come una sorta di ultimatum, con un orizzonte temporale molto stretto, visto che ha poi concluso con una frase perentoria: “Chiedo una risposta chiara, inequivocabile e rapida, perché i cittadini non possono aspettare”. E’ evidente che, anche se Conte ha messo in conto un breve periodo di assorbimento delle tensioni legate alla campagna elettorale, non ha escluso che, a questo punto, i due partiti possano coltivare la speranza di una prova elettorale, sia per consolidare una vittoria, sia per ribaltare una sconfitta. Ma in ogni caso ora ha preteso una nuova attestazione di fiducia, che possa dare una nuova spinta propulsiva ad un esecutivo che altrimenti sembra avviato verso il capolinea.
Ha poi concluso: “Attenzione, io ritengo di aver fatto il mio dovere e se si tornerà alle urne, la colpa non sarà mia, ma dei due Vice Premier, che se ne accolleranno tutta la responsabilità”. La risposta del Ministro Salvini non si è fatta aspettare, ribadendo le dichiarazioni degli ultimi mesi: “Noi non abbiamo mai smesso di lavorare, evitando di rispondere a polemiche e anche insulti e gli italiani ce lo hanno riconosciuto con nove milioni di voti, domenica scorsa. Vogliamo andare avanti e non abbiamo tempo da perdere, la Lega c’è”. Ed ha proseguito: “L’Italia dei sì è la strada giusta”, rielencando le tappe future del governo gialloverde, quali la Flat Tax, il taglio delle tasse, la riforma della giustizia, il Decreto Sicurezza Bis, l’autonomia regionale, il rilancio degli investimenti, la revisione dei vincoli europei, il superamento dell’austerità, della precarietà e la apertura di tutti i cantieri fermi. “Leale collaborazione? Da parte nostra certamente sì, io sono fiducioso”, ha sottolineato. Di fronte alla replica di Salvini, il premier Conte ha replicato: “Se Salvini c’è, allora possiamo andare avanti”.
Ovviamente, l’opposizione è subito esplosa. Graziano Delrio, Capogruppo del PD alla Camera, è intervenuto nel dibattito, dicendo: “Le parole di Conte hanno aperto ufficialmente la crisi di Governo. I continui litigi, le prevaricazioni e i distinguo tra Lega e M5S non consentono più al Presidente del Consiglio di svolgere la sua azione di guida del Governo, semmai l’abbia svolta. È lui stesso a averlo detto, con molta chiarezza, rivolgendosi a Salvini e Di Maio e mettendo sul tavolo le sue dimissioni: il fallimento è certificato da coloro che lo hanno provocato. Se è rimasto almeno un minimo di rispetto delle Istituzioni democratiche, Conte prenda coraggio e venga a riferire in Parlamento sull’inattività del Governo, che dura da mesi, e sulle sue intenzioni. L’Italia merita di più”.
Anche il Segretario del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, ha parlato di fallimento del Governo gialloverde: “Conte ha ammesso la paralisi, il disastro del suo Governo, che noi denunciamo da settimane. Tutto questo ha un costo immenso per il Paese, un costo che pagano gli italiani. Il bilancio di questi dodici mesi di gestione è disastroso: più debiti, meno crescita, meno lavoro, meno investimenti. Il Governo ha reso più poveri milioni di italiani. Dopo tante chiacchiere lavoratori, operai e pensionati sono stati lasciati soli”. Certo, lui ed i suoi, non aspettavano altro.

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