Soldati russi in Siria per garantire la tregua

Le truppe russe, arrivate al confine tra Siria e Giordania, controllano il rispetto della tregua nel Sud del Paese. Israele lancia però un allarme. Così si rafforza l’Iran. L’accordo del 7 luglio fra Donald Trump e Vladimir Putin sembra funzionare e marciare spedito. Al Presidente americano e a quello russo si allinea anche quello francese. Ma l’alleato chiave dell’America in Medio Oriente, lo Stato ebraico, non è d’accordo. Il premier Benjamin Netanyahu lo ha detto chiaramente a Emmanuel Macron,  durante la sua recente vista a Versailles.  
Il nervosismo di Israele deriva anche da un retroscena sulle trattative russo-americane, rivelato dal quotidiano «Haaretz». Nei mesi che hanno preceduto l’accordo, Israele ha tenuto diversi meeting con gli alti funzionari americani coinvolti, compreso Brett McGurk, inviato speciale anti-Isis della Casa Bianca. Gli israeliani hanno chiesto che Iran, Hezbollah e altre milizie sciite venissero tenute fuori dalle zone di de-escalation vicino ai confini di Israele e Giordania.  Anche perché, da quelle parti “Teheran progetta di costruire basi aeree e persino una navale”. Gli americani hanno assicurato gli israeliani su questo, ma poi l’accordo non ne ha tenuto conto. Netanyahu ne ha discusso con il segretario di Stato americano Rex Tillerson perché teme che l’Iran costruisca una testa di ponte al confine meridionale della Siria, analogamente a quanto attuato dall’alleato Hezbollah nel Sud del Libano e, quindi, questa tregua gli concede tempo e lo rafforza. I russi ribadiscono che saranno loro a gestire la situazione. Ieri sono arrivate le prime truppe per pattugliare i check-point fra le zone sotto controllo governativo e quelle in mano ai ribelli, nella città di Daraa. I russi erano già presenti con truppe speciali, ma ora si installeranno in un quartiere generale, a Izraa. Sono in arrivo anche gli uomini della “polizia militare”, composta in gran parte da ceceni e musulmani sunniti, già usati con successo ad Aleppo.  Russi e americani vogliono replicare le zone di de-escalation, o «safe-zone», in altre parti della Siria. Questo permetterà di concentrare le forze nella battaglia contro l’Isis, a Est. I Curdi, alleati degli Usa, hanno già preso un terzo di Raqqa. L’esercito siriano avanza verso la provincia di Deir ez-Zour, l’ultima in mano allo Stato islamico. A rimanere tagliati fuori sono i ribelli moderati nel Sud. Ieri ad Amman c’è stato un incontro fra i capi delle milizie e l’inviato speciale americano per la Siria, Michael Ratney.  
I ribelli potrebbero avere un ruolo fondamentale nelle zone di de-escalation, magari assieme a militari statunitensi. Sono ipotesi. A parte mezza Daraa, ai ribelli rimane solo un altro capoluogo di provincia, Idlib. Ma qui sono stretti fra Al-Qaeda e l’Isis, che sta prendendo campo. Ieri in città sono apparse le bandiere nere sui tetti dei principali edifici. Potrebbe diventare, a sorpresa, l’ultima roccaforte del califfato.

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