La Corea del Nord lancia un altro missile. Tillerson invoca “un’azione globale”

"Hanno usato un missile intercontinentale". L'ammissione arriva dallo stesso Pentagono, a conferma del massimo allarme, ma anche dell'impotenza degli Stati Uniti, di fronte all'ennesima "provocazione" militare della Corea del Nord. Per molte ore,  i vertici delle forze armate Usa erano stati più prudenti, perfino reticenti, nel definire l'esatta natura del lancio-test effettuato da Pyongyang. Solo nella tarda serata di martedì scorso a Washington, mentre si concludeva la festa nazionale dell'Independence Day, è arrivata la parola chiave: "intercontinentale" o in sigla ICBM (Inter-continental ballistic missile). Significa che l'ultima generazione di missili lanciata dal regime nordcoreano potrebbe raggiungere, in teoria, la costa Ovest degli Stati Uniti, per lo meno l'Alaska. Gli esperti gli attribuiscono infatti un raggio d'azione fino a 6.700 chilometri, anche se il test si è concluso molto più vicino, a poco più di 900 chilometri dalla base di lancio, finendo nel mare tra la penisola coreana e il Giappone. “È una svolta”, sono costretti a riconoscere i militari americani. In passato la Corea del Nord aveva effettuato test nucleari – illegali – però non aveva i vettori in grado di così lontano le ogive atomiche. I missili usati nei test precedenti avevano gittata breve o intermedia e potevano creare devastazioni terrificanti solo  in Corea del Sud e Giappone. Adesso il pericolo balza ad una dimensione superiore, visto che lo stesso territorio nazionale americano (o almeno la sua estremità nordoccidentale) è diventato raggiungibile, se il dittatore Kim Jong-un volesse provarci. Ma che fare? L'unica reazione concreta è stata una sorta di esercitazione congiunta, improvvisata dalle forze armate Usa in tandem con quelle sudcoreane. Lanci di missili anche da parte loro, al largo della penisola, con un commento minaccioso affidato ad un comunicato del Pentagono: "La precisione dei colpi consente alla nostra alleanza di raggiungere un ampio raggio di bersagli". Come a dire: se Kim prova ad attaccarci la reazione sarà terribile e fulminante. Un gesto simbolico e nulla più. Sul piano politico interviene il segretario di Stato americano, Rex Tillerson, con un appello ad una "azione globale" contro il regime diPyongyang. "Ogni Paese”, dichiara Tillerson, “deve dimostrare che la Corea del Nord subirà delle conseguenze". Il richiamo ad un intervento concertato della comunità internazionale si arricchisce di dettagli ben precisi. “Chiunque offrirà aiuti economici o militari, ospiterà lavoratori nordcoreani o eviterà di applicare le sanzioni Onu, starà aiutando un regime pericoloso". L'allusione, e quindi la pressione, è chiaramente rivolta alla Cina, il paese che ha maggiori relazioni economiche con Pyongyang e senza il cui supporto la "monarchia rossa" sarebbe allo stremo. C'è però anche un segnale obliquo alla Corea del Sud, visto che alcune multinazionali di quel paese hanno promosso programmi di cooperazioni in "zone speciali", con l'utilizzo di forza lavoro dalla Corea del Nord, una fonte di valuta pregiata per il regime comunista.L'ambasciatrice Usa all'Onu, Nikki Haley, ha richiesto, e ottenuto, per oggi pomeriggio la convocazione del Consiglio di Sicurezza al Palazzo Vetro. E intanto il segretario generale delle Nazioni Unite,  Antònio Guterres,  ha definito il test "una pesante violazione della risoluzione". Un film già visto tante volte in passato, senza effetti risolutivi.Nonostante la festività dell’ Independence Day, si è tenuto a Washington un vertice di emergenza sulla crisi nordcoreana. Vi hanno partecipato i massimi dirigenti del Pentagono. Ma Donald Trump era vistosamente assente, impegnato solo a giocare a golf. Una conferma che il Presidente sta ormai delegando tutta la politica strategica ai suoi generali di fiducia. Ma anche un segnale d'imbarazzo, perché lo stesso Presidente, su Twitter, aveva definito "impossibile" che Kim si dotasse di un missile intercontinentale, confermando così l'impossibilità a prendere misure immediate ed efficaci. Quando Trump, nella sua ultima telefonata a Xi Jinping, ha ipotizzato la minaccia che l'America possa "agire da sola", i più vi hanno letto un riferimento a ulteriori sanzioni contro le aziende cinesi che fanno affari con la Corea del Nord. Una strada già parzialmente esplorata, fin qui senza risultati. Intanto però il livello del pericolo si è innalzato fino a soglie prima sconosciute. Anche  William Perry, ex Segretario alla Difesa sotto l'Amministrazione Clinton, ha affermato che il test del missile intercontinentale "cambia ogni calcolo". Rende impraticabile l'idea di un attacco preventivo da parte degli Stati Uniti, vista la capacità di una rappresaglia che li colpirebbe in casa propria. E ci si chiede, nel mondo, in che modo si uscirà da questa ennesima crisi internazionale.

 

 

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