Inquinamento visivo

Il concetto di inquinamento visivo nasce alla fine degli anni Settanta ad Albuquerque, in Nuovo Messico; in quel periodo ancora non erano in vigore norme specifiche per la pubblicità cartellonistica e per le insegne, dunque ognuno poteva auto-promuoversi nelle forme e dimensioni che più gli erano consone, deturpando, così, il paesaggio cittadino. Nel 1976 è stata introdotta la prima ordinanza che limitava la dimensione della segnaletica commerciale in base all’ampiezza del lotto di terreno o della facciata dell’edificio; ovviamente i titolari delle imprese hanno contestato questa decisione, ma alla fine la conservazione dell’estetica della città è stata ritenuta un motivo sufficientemente valido per regolamentare, senza andare contro i diritti costituzionali, le affissioni pubblicitarie. Da questa vicenda, pertanto, ha inizio una disputa tuttora accesa in molte metropoli del mondo, che vede al centro del dibattito la questione dell’inquinamento visivo, la cui definizione odierna ha una valenza più ampia e include “l’alterazione di qualsiasi ambiente, paesaggio naturale o urbano, con l’inserimento di elementi che per la loro estraneità risultino sgradevoli alla vista e tali da generare malessere”.
Certo, parlare di malessere può sembrare un po’ eccessivo, ma come in ogni contesto, anche qui vi sono gruppi più estremisti che sostengono la nocività della cartellonistica e, più in generale, del bombardamento di immagini da parte dei media, soprattutto nei confronti dei più piccoli e degli adolescenti, la cui creatività potrebbe risentirne.
Tuttavia, ci sono esempi di autorità che hanno preso la questione molto sul serio, uno su tutti il sindaco di San Paolo, in Brasile, Gilberto Kassab, che nel 2007 ha messo in atto un’iniziativa che ha ripulito l’intera città dalla pubblicità, modificandone in modo sostanziale l’aspetto. Difficile capire l’opinione comune a riguardo; certamente buona parte della popolazione ne sarà felice, ma ci sono ancora milioni di persone che ogni anno si fermano in posti come Time Square e si guardano attorno meravigliati e rapiti da luci e colori, e dalla creatività dei pubblicitari, che per i più giovani potrebbe essere uno spunto, invece che un freno.

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