Quando il gioco del lotto arrivò a Bellona

Era il 1952 quando Gabriele Aurilio, da tutti chiamato “zio Liluccio”, decise di aprire una ricevitoria del lotto in Piazza IV novembre. Per i bellonesi fu una lodevole iniziativa poiché avrebbero evitato di percorrere in bicicletta sei Km per raggiungere la ricevitoria di Capua. L’iniziativa di “zio Liluccio” stimolò sua figlia Maria che, nel bar da lei gestito in Piazza Rosselli, aprì la prima ricevitoria per il gioco dell’Enalotto. A zio Liluccio subentrò, nel 1954, Umberto Bisceglia da Santa Maria Capua Vetere che incaricò il bellonese Salvatore Casertano di gestire la ricevitoria. Il Casertano svolse l’incarico con impegno e determinazione fino al 1970.  Ma come ebbe origine il gioco del lotto? E’ questa la domanda che, spesso, si chiedono tanti curiosi. E’ probabile che il gioco del lotto abbia avuto origine presso gli antichi Romani che distribuivano, ai vincitori di una battaglia: vasi preziosi, terreni, cavalli indumenti ecc. Tutto era scritto su pezzetti di legno messi nell’urna per essere estratti. Dai Romani il gioco passò ai nostri tempi ma in maniera del tutto diversa. A Genova nel 1572 erano soliti scommettere sull’estrazione per eleggere, ogni anno, otto senatori ed il gioco fu chiamato “gioco dell’otto”, modificato in seguito, con l’abolizione dell’accento, in “gioco del lotto”. Nell’urna mettevano 120 nomi di rispettabili cittadini e di essi otto sorteggiati risultavano vincitori di un posto al Senato ed al Consiglio della Repubblica di Genova. In seguito il numero dei cittadini fu ridotto a novanta tutti contraddistinti con un numero. Le scommesse erano fatte su un numero, su due e su tre dando vita all’estratto, all’ambo ed al terno. Un secolo dopo, nel 1672, il gioco si diffuse anche a Napoli ed i giocatori dovevano pagare un Tarì e ricevevano una ricevuta con su scritti i numeri giocati e la somma versata. I premi erano: oggetti in oro e argento , quadri di valore, orologi, stoffe dorate per sottane, abiti, camiciole ecc. Il desiderio di guadagnare fece commettere molte illegalità e nel 1688 il gioco del lotto fu abolito ed i giocatori si servivano di quello praticato a Genova, Torino e Milano. Su ordine del Governatore di Napoli fu diffuso un bando che proibiva di giocare al lotto delle su citate città, pena una multa di 2000 ducati e tre anni di galera. Ma anche questa proibizione non giunse a buon fine per cui nel 1712 il Governatore ristabilì il gioco del lotto che la scrittrice Matilde Serao definì “l’acquavite dei napoletani”.

 

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