Continuano i ricordi di guerra di un reduce

Le tristi vicende della II Guerra Mondiale raccontate da “zio Michele S.”, un reduce ottuagenario, continuano a suscitare notevole interresse tra i lettori, bellonesi e non, della Nuova Gazzetta di Caserta. E’ la volta, adesso, del generale Pirzio Biroli che fu definito” il feroce molisano” per la sua ineguagliabile crudeltà e per i suoi natali in quel di Campobasso. Biroli, governatore del Montenegro, definito anche “il feroce molisano del Montenegro”, ordinava massacri dicendo ai suoi soldati:” Meglio essere temuti che rispettati”. Infatti un soldato scrisse ai familiari: ”Abbiamo distrutto tutto da cima a fondo, senza risparmiare gli innocenti. Abbiamo ucciso intere famiglie percuotendole a morte e poi sparandole”. La ferocia del Generale Biroli, che lodava i tedeschi per la loro violenza, fu premiata da Hitler con la Gran Croce dell’Aquila Germanica. Egli ordinò che, per ogni soldato italiano ucciso, sarebbero stati fucilati 50 civili e 10 per ogni ferito. In un suo opuscolo scrisse:” Odiate il popolo del Montenegro. Esso è lo stesso popolo contro il quale abbiamo combattuto per secoli. Ammazzate, fucilate, incendiate e distruggete senza alcuna pietà!”.
Furono infatti commessi stupri, omicidi, donne bruciate in casa, scuole , chiese e case bombardate con centinaia di bombe scaricate su città e paesi. Tra i villaggi rasi al suolo si ricorda la raccapricciante distruzione, nel 1943, di MEDJEDJE dove furono rinvenuti carbonizzati 72 cadaveri in parte di anziani, bambini, invalidi ed ammalati: Il comportamento dei soldati italiani invasori suscitò, tra i Montenegrini, una odiata reazione con la consegna di cesti colmi di occhi e testicoli strappati ai nostri soldati prigionieri. Alla fine del II Conflitto Mondiale il Montenegro chiese la consegna di Biroli per una giusta condanna, ma l’Italia non esaudì la richiesta.
Altrettanto feroce fu, sul fronte africano, il Generale Rodolfo Graziani nativo di Filettino(Frosinone) . Dopo gli studi nel seminario di Subiaco, scelse la carriera militare e nella I Guerra Mondiale fu pluridecorato. Nel 1921 nominato governatore della Libia, mise in atto tutta la sua ferocia tanto che fu definito “Il macellaio della Libia”. Nei campi di concentramento che fece allestire nel deserto, rinchiuse migliaia di prigionieri che morirono per la sete, la fame e le pessime condizioni igieniche. Nel 1935 in Abissinia utilizzò bombe di gas asfissianti sterminando quelle popolazioni che, per difendere la loro terra, lanciavano sassi contro i carri armati italiani. In seguito all’uccisione di un pilota italiano, Graziani punì gli abissini inviando tre caccia carichi di bombe all’Iprite e al Fosgene che scoppiavano a 250 metri di altezza amplificando l’effetto del gas. Graziani ordinò che la rappresaglia fosse effettuata “senza alcuna misericordia” e, in cinque giorni, furono lanciate 125 bombe. Nominato viceré di Etiopia, allestì lager e forche e la repressione italiana fu brutale e violenta come non mai. Erano molti i soldati che esultavano accanto ai cadaveri penzolanti dalle forche o esibivano le teste mozzate gettandole in cesti di vimini. Dopo un attentato con una bomba, che a Graziani causò molte ferite e altri sette morti e 50 feriti, fu ordinata una crudele rappresaglia che uccise 3000 etiopi. Appena guarito, Graziani ordinò il massacro dei monaci del monastero ortodosso di DEBRE LUBRANOS. Furono uccise 1600 persone tra monaci, suore e giovani catechisti. Per i reati compiuti, Graziani fu condannato a 19 anni di carcere ma 17 gli furono condonati. Morì a Roma, come uomo libero, nel 1955.”  Zio Michele si ferma qui, ma dà appuntamento al prossimo numero.

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