Conflitto sociale e fiat. Le decisioni di Marchionne

Il conflitto sociale che cresce nella nostra Italia è il risultato del nostro sistema economico che si è acuito e messo in maggior risalto dalla recente crisi finanziaria. Uno dei principali “motori” trainanti dell’economia italiana è la Fiat, che attualmente sta cercando di sopravvivere in un contesto internazionale di forti pressioni concorrenziali e di declino del mercato automobilistico. La Fiat come altre aziende inevitabilmente deve tagliare sui costi della manodopera e sul mercato italiano vista anche la fine delle sovvenzioni dello Stato. Il conflitto sociale insito anche tra generazioni, nasce proprio dalla disgregazione del tessuto imprenditoriale, della politica e del mondo del lavoro, incapaci di stare di pari passo con un mondo  a doppia velocità. Non ci sono soluzioni, ma esistono un insieme di politiche che possono riuscire a produrre nuovamente ricchezza per le imprese, per i lavoratori e per la società intera, queste politiche di cui parliamo si sostanziano nell’ investire massicciamente in innovazione sul fronte dell’impresa e della ricerca scientifica primaria e di prodotto unitamente all’educazione per l’intera società.
Storicamente la casa automobilistica della Fiat è sempre stata un terreno di battaglia su cui si misurano i rapporti di forza della società italiana. La Fabbrica Italiana Automobili Torino o più semplicemente Fiat, fu fondata nel 1899 a Torino in qualità di casa produttrice di automobili, ha sviluppato la propria attività in numerosi altri settori, dando vita al più importante gruppo finanziario e industriale privato italiano.
Fiat Group è stata sino al 31 dicembre 2010 la ragione sociale della più grande impresa industriale italiana e allo stesso tempo una tra le aziende più antiche dell’industria automobilistica europea. Torino è la base dell’azienda, ma il Gruppo Fiat con i suoi 188 stabilimenti, in cui lavorano più di 190 mila dipendenti, è presente in 50 paesi del mondo e ha rapporti commerciali con clienti in oltre 190 nazioni.
Il cuore degli affari della società è focalizzato sul settore automotoristico, producendo nel 2009, il Gruppo ha prodotto più di due milioni di automobili e veicoli commerciali, più di 100 mila veicoli industriali e migliaia di macchine per l’agricoltura e le costruzioni, per un totale di fatturato attestato sui 50,1 miliardi di euro. In occasione dell’assemblea degli azionisti, il 21 aprile 2010, l’amministratore delegato del Gruppo Fiat ha presentato il piano industriale 2010-2014, il quale prevede di separare le attività di CNH, Iveco e FPT Industrial & Marine da quelle del settore automobili che comprende Fiat Group Automobiles, Ferrari, Maserati, Magneti Marelli, Teksid, Comau e FPT Passenger & Commercial Vehicles. Il 1 gennaio 2011 è stato completato il progetto di scissione. La riorganizzazione dei settori motoristici ha previsto la scissione parziale della produzione di macchine agricole e industriali da Fiat Group, cosa che ha portato alla formazione di due società: Fiat SpA (cambio di denominazione della già esistente Fiat Group con dati fiscali invariati) e Fiat Industrial, quotata alla Borsa di Milano. In queste due nuove società sono state distribuite le attività precedentemente facenti parte ad una unica capogruppo. A Mirafiori i dipendenti dello stabilimento hanno espresso il loro parere positivo relativo al nuovo contratto proposto dall’amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne e accettato da tutti i sindacati ad eccezione della Fiom, punto nodale, che non avendo firmato, non potrà eleggere suoi delegati all’interno dell’aziende. Il sindacato con più iscritti e più votato del gruppo FIAT sarà escluso dalla rappresentanza sindacale.
 Il referendum ha deciso non solo le sorti dello stabilimento torinese ma il futuro industriale di Fiat in Italia, ragion per cui anche i lavoratori dello stabilimento di Pomigliano d’Arco che, a maggioranza, hanno già dato via libera al progetto di rilancio voluto da Marchionne, hanno guardato con attenzione all’esito del voto. I principali punti dell’accordo sono l’aumento degli straordinari, la diminuzione delle pause e il maggiore controllo della malattia. Queste nuove regole sul lavoro possono dirsi un punto di svolta per tutto il sistema industriale del Paese.    
 In riferimento al rilancio dello stabilimento di Mirafiori, l'accordo tra Fiat e sindacati è stato approvato con il 54% dei sì secondo l’Ansa citando fonti sindacali, ossia i voti favorevoli all'accordo sono stati 2.736 (il 54,05%) mentre i voti contrari all'intesa sono stati 2.326 (il 45,95%).
Tra Fiat e Chrysler a Mirafiori niente joint-venture, lo stabilimento torinese infatti resterà Fiat al 100%, anche se produrrà come previsto vetture per la consociata americana, come affermato dallo stesso Sergio Marchionne, amministratore delegato di entrambe le aziende, in una conferenza stampa a Detroit. La newco  "Fabbrica Italia Mirafiori", che assumerà i dipendenti dello stabilimento e investirà 1 miliardo di euro in vista delle future produzioni di Suv Alfa Romeo e Jeep, dovrebbe quindi essere interamente Fiat, così come quella creata a Pomigliano.
Per cui l'investimento americano a Mirafiori potrebbe avere una forma indiretta, ossia la joint-venture potrebbe essere solo una scatola che acquista le vetture prodotte a Mirafiori e le smista ai due partner. Inoltre  il fatto che Chrysler non investirà direttamente a Mirafiori non comporterà necessariamente un aggravio finanziario per Torino.
Questo meccanismo chiamato contract manufacturing, è quello che dovrebbe essere adottato per le Lancia e Fiat prodotte in America e destinate al mercato europeo  senza alcuna joint venture per produrle. Ma questi sono tutti dettagli che la squadra di Marchionne dovrà definire nei prossimi mesi.
La speranza è che tutte le decisioni portino effettivamente ricchezza e benessere al Paese.

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