Il debito in Europa e in Italia

 La crisi finanziaria internazionale ha dato origine a enormi ripercussioni sulle nostre economie. Esplosa negli Stati Uniti nel 2008, ha creato un immenso disagio nella nostra vita quotidiana, con notevoli ripercussioni sui nostri consumi e stili di vita. Per alcuni la crisi è alle spalle affermando che il sistema economico si sta riprendendo e che il peggio è alle nostre spalle. Per l’Europa, e soprattutto per l’Italia non è così: il debito pubblico resta il nodo da sciogliere.
Le problematiche dell’economia  europea sono solo all’inizio, le ripercussioni si stanno manifestando solo ora. Il sistema rischia di andare in tilt, nessuno  sa con certezza quando. Si ricordi il tracollo della Grecia, ora è a rischio l’Irlanda.
E’ la stampa anglosassone,  che con toni dispregiativi, parla di PIIGS, indicando il ventre molle dell’Unione europea. PIIGS è un acronimo che indica le iniziali dei nomi di alcuni Paesi europei: Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna (probabilmente anche per il relativo significato di pig tradotto maiale).
Il debito pubblico di questi paesi è vertiginoso. Il debito che la Grecia ha verso l’Europa è di 236 miliardi di dollari, l’Irlanda di 867 miliardi, la Spagna di 1100 miliardi e l’Italia di 1.400 miliardi. Spaventoso se si pensa che l’Italia ha un debito quattro volte superiore a quello della Grecia, è in pratica il paese più indebitato d’Europa. Le previsioni OCSC per il 2012 rilevano che il rapporto Debito pubblico/PIL toccherà il picco del 120%. William Engdahl, noto giornalista americano, dichiara che in realtà questa soglia è stata già superata.
Secondo il famoso economista Eugenio Benetazzo l’Italia rischia di seguire la strada dell’Argentina nel 2000, in quel momento, in Argentina, il rapporto tra Debito pubblico/ PIL era del 138%, una cifra non tanto lontana dalla nostra.     
La sola differenza tra il debito argentino e quello italiano è che mentre in Argentina per il 95% il debito è in mano agli stranieri, in Italia per il 60% è in mano agli italiani (40% alle banche e 20% ai privati).  
Il pericolo maggiore PIIGS è che questi paesi sono intrecciati anche con le economie europee più virtuose. L’intera Europa è legata dal debito.
Francia, Germania e Olanda sono dei creditori dei PIIGS. Le loro banche sono fortemente esposte. Questo significa che se un paese come la Spagna o l’Italia vanno in default  si trascinano anche il resto dell’Europa.
I paesi PIIGS per finanziare il loro debito emettono titoli di stato, il debito pubblico viene impacchettato e offerto attraverso stock obbligazionari da vendere un po’ ovunque, all’interno del proprio paese come all’estero.
La crisi debitoria dei PIIGS ha due conseguenze: in primo luogo cresce a dismisura e matura degli interessi esponenziali. La copertura del debito per mezzo dei titoli di stato può andare avanti finché c’è qualcuno che li acquista, e si è in grado di pagare gli interessi maturati e il valore dei titoli alla scadenza. Se le finanze pubbliche, come nel caso dei PIIGS, peggiorano, gli interessi da riconoscere sui titoli emessi aumentano e gli acquirenti diminuiscono. Se l’Unione Europea non comprerà più i titoli emessi, e prima o poi sarà costretta a farlo, la situazione potrà dirsi terminata.
Se a ciò aggiungiamo gli effetti collaterali dell’indebitamento, come l’aumento del costo del lavoro o la restrizione degli investimenti, lo scenario è pessimo.
Alla crisi debitoria non viene data nessuna risposta. Il problema si ignora. Le riforme strutturali sono ferme, è piuttosto necessario rilanciare gli investimenti, sostenendo lo sviluppo delle piccole e medie imprese e soprattutto favorire l’innovazione del management. E’ necessaria una politica economica in grado di premiare la crescita senza indebitamento. Occorre un’élite dirigente in grado di produrre ricchezza attraverso un progetto collettivo imprenditoriale estraneo da clientelismo e nepotismo, assente in molte realtà del Nord Europa.     

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