Programma del concerto 8 marzo

Domenica 8 marzo  2009: Sala Concerti- Palazzo Vescovile ore 19.00. Recital di Musica e Poesia in occasione della Festa della Donna 2009 organizzato dall’Associazione “Amici della Musica “(www.pignataromusica.it)
Rossella Vendemia, pianoforte    Nicoletta Vito, flauto Vincenzina Palmesano, pianoforte    Luisa Marrapese, flauto. Le donne compositrici: Agate  Backer Grøndahl, Amy Marcy Beach, Charlotte Alington Pye Barnard.
Poesie di Antonella Anedda, Patrizia Cavalli, Maria Angela Gualtieri, Margherita Guidacci, Vivian Lamarque, Alda Merini, Patrizia Valduga. Le poesie saranno lette da Mariarosa Bernard, Roberta Garofolo, Antonella Izzo, Katia Mercone.

Poesie
di
Antonella Anedda
Patrizia Cavalli
Maria Angela Gualtieri
Margherita Guidacci
Vivian Lamarque
Alda Merini
Patrizia Valduga
3
Mariangela Gualtieri è la poetessa di versi che
contengono assieme il suono della parola che sa di
dover essere detta, lo splendore di immagini che
sanno di doversi manifestare sbalzando fuori dal
ritmo, dal respiro, dal corpo e dalla voce. Da vent’anni
Mariangela mette nella sua poesia tutto questo per i
suoi giovani attori, gli attori della compagnia Valdoca
fondata assieme al regista Cesare Ronconi. Forgia
parole ritmiche, volatili o consistenti, che escono dal
corpo di quegli attori. Per una volta, però, la Gualtieri
entra da sola nella musica dei suoi versi, per “tenere
le parole nel loro stato di nascita”. Nasce allora
Misterioso Concerto, uno spettacolo che deve il suo
titolo a una poesia di Clemente Rebora ed entra negli
abissi di una voce, di una presenza, di un’intesa:
quella fra la poetessa al microfono, un musicista al
pianoforte che svela le singolarità di una voce, ne
sostiene il respiro, ne alleggerisce gli ingombri di
senso. Completano il quartetto in scena, un fonico
attento e sensibile, e Cesare Ronconi, che questa
volta – spiega la Gualtieri – “ è molto più un maestro e
un direttore d’orchestra che un regista: col suo
orecchio sismografico mi guida nei segreti del suono,
ci richiama spessissimo all’attenzione piena, alla
dedizione, alla libertà (tre stati difficili da tenere
insieme), lega ogni elemento visibile e invisibile,
udibile e inaudibile, in ciò che dovrà essere in fine il
nostro Misterioso Concerto. Tutto per ‘fare cuore’ con
chi ascolta, farsi suo talismano”.
4
Katia
1. Bambina mia,
Per te avrei dato tutti i giardini
del mio regno, se fossi stata regina,
fino all’ultima rosa, fino all’ultima piuma.
Tutto il regno per te.
E invece ti lascio baracche e spine,
polveri pesanti su tutto lo scenario
battiti molto forti
palpebre cucite tutto intorno. Ira
nelle periferie della specie. E al centro
ira.
Ma tu non credere a chi dipinge l’umano
come una bestia zoppa e questo mondo
come una palla alla fine.
Non credere a chi tinge tutto di buio pesto e
di sangue. Lo fa perchè è facile farlo.
Noi siamo solo confusi,credi.
Ma sentiamo. Sentiamo ancora.
Sentiamo ancora. Siamo ancora capaci
di amare qualcosa.
Ancora proviamo pietà.
Tocca a te,ora,
a te tocca la lavatura di queste croste
delle cortecce vive.
C’è splendore
in ogni cosa. Io l’ho visto.
Io ora lo vedo di più.
C’è splendore. Non avere paura.
Ciao faccia bella,
gioia più grande.
5
L’amore è il tuo destino.
Sempre. Nient’altro.
Nient’altro. Nient’altro”
Katia
2.
Che cosa sono i fiori?
non senti in loro come una vittoria?
La forza di chi torna
da un altro mondo e canta
la visione. L'aver visto qualcosa
che trasforma
per vicinanza, per adesione a una legge
che si impara cantando, si impara profumando.
Che cosa sono i fiori se non qualcosa d'amore
che da sotto la terra viene
fino alla mia mano
a fare la festa generosa.
Che cosa se non
leggere ombre a dire
che la bellezza non si incatena
ma viene gratis e poi scema, sfuma
e poi ritorna quando le pare.
Chi li ha pensati i fiori,
prima, prima dei fiori.
Katia
3.
“Giuro per i miei denti di latte” giuro per il
correre e per il sudare giuro per l’acqua e
per la sete giuro per tutti per i baci d’amore
6
giuro per quando si parla piano la notte
giuro per quando si ride forte giuro per la parola no
e giuro per la parola mai e per l’ebrezza
giuro, per la contentezza lo giuro.
Giuro che io salverò la delicatezza mia
la delicatezza del poco e del niente
del poco poco, salverò il poco e il niente
il colore sfumato, l’ombra piccola
l’impercettibile che viene alla luce
il seme dentro il seme, il niente dentro
quel seme. Perché da quel niente
nasce ogni frutto. Da quel niente
tutto viene.
Maria Rosaria
4.
se c’è una sete che ci ammala
se c’è un sorso per chi ha sete
se davvero davvero muove il sole
se muove il sole e l’altre stelle
se la sua gran potenza, sua gran
potenza d’antico Amor,
se il nostro cuore è immenso
se il nostro cuore
talvolta è immenso, se le
stelle nascono, se è vero che nascono
anche adesso, se siamo polverine allo
sbaraglio, catenelle smagliate,
benedico ogni centimetro d’Amore ogni
minima scheggia d’Amore
ogni venatura o mulinello d’Amore
ogni tavolo e letto d’Amore
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l’Amore benedico
che d’ognuno di noi alla catena
fa carne che risplende
Amore che sei il mio destino
insegnami che tutto fallirà
se non mi inchino alla tua benedizione
Margherita Guidacci nacque a Firenze, ed ebbe
un’infanzia estremamente solitaria, che influenzò
fortemente il suo carattere, incline all’introspezione e
alla creatività. Accompagnata nelle sue escursioni
nella regione del Mugello, dal cugino Nicola Lisi, fu
intensamente influenzata, da quest’ultimo, nella sua
poetica, che ella definì “come un canto di uccelli”.
Contrariamente alla voga del periodo, che vedeva
l’affermarsi dell’ermetismo di Ungaretti, la Guidacci
rimase sempre originale nei suoi scritti.
Dopo aver frequentato il liceo Classico Michelangelo,
a Firenze, si iscrisse all’Università di Firenze, dove si
laureò in Letteratura Italiana, con una tesi proprio su
Ungaretti, le opere del quale comparò alle sue,
sottolineando le differenze stilistiche.
Si specializzò, quindi, in Letteratura Inglese ed
Americana, e tradusse le opere di John Donne e le
poesie di Emily Dickinson. Nel 1945, iniziò ad
insegnare Letteratura Inglese ed Americana nei licei
pubblici, per poi passare all’Università di Macerata ed,
in fine, all’Università Maria Assunta in Vaticano. Visse
per il resto dei suoi giorni a Roma, dove si spense nel
giugno del 1992.
8
Maria Rosaria
5.
Primo autunno di Elisa
Che dirti, amore mio, che dirti?
Che l’uva è vendemmiata
ed ogni succo disfatto in dolcezza?
Che ragnatele di nebbia
hanno striato la terra? Nel bosco
tutte le bacche sono ormai cadute,
rimane il legno bruno e lucido
e l’anno corre alla sua foce
lungo le vene dell’ultima foglia.
Che dirti, amore mio, che dirti?
Le parole hanno un senso
soltanto se le nutre la memoria.
Ma tu non hai ricordo di stagioni,
tanto meno ricordo di ricordi:
sei nuova e fresca, intatta dal declino
che rattrista lo sguardo di tua madre
mentre fissi serena
questo tuo primo autunno.
Patrizia Cavalli è nata a Todi e vive a Roma dal
1968. Oltre all'attività poetica, si dedica a traduzioni
per il teatro. Nel 1992 Einaudi ha raccolto nel volume
Poesie (1974-1992) i due libri Le mie poesie non
cambieranno il mondo (Einaudi, 1974) e Il cielo
(Einaudi, 1981), con l’aggiunta della sezione inedita
L’io singolare proprio mio. In tale arco cronologico non
muta la fisionomia della sua scrittura poetica, che
trova la propria misura in una dimensione quotidiana e
colloquiale, pur senza rinunciare a un’effusività dell’io
poetico. Ha tradotto testi teatrali (Shakespeare,
9
Molière). Con la raccolta Sempre aperto teatro, ha
vinto il Premio Letterario Viareggio-Repaci.
Antonella
6.
Di essere ormai adulta l'ho capito
da come la notte vado al gabinetto.
Sicura di tornare al grande caldo, prima
era un'interruzione quasi a occhi chiusi,
veloce e trasognata. Ora è un viaggio lento
e freddo, staccato dal sonno, dove guardo
sapendo di guardare le stesse mattonelle
lo stesso muro screpolato, lo stesso secchio
lasciato in mezzo al corridoio,
e confusa nell'estatico disordine
riconosco il percorso in un codice
di piccoli sussulti finché mi riconsegno
a un tiepido torpore castigato.
Antonella
7.
Adesso che il tempo sembra tutto mio
e nessuno mi chiama per il pranzo e per la cena,
adesso che posso rimanere a guardare
come si scioglie una nuvola e come si scolora,
come cammina un gatto per il tetto
nel lusso immenso di una esplorazione, adesso
che ogni giorno mi aspetta
la sconfinata lunghezza di una notte
dove non c'è richiamo e non c'è più ragione
di spogliarsi in fretta per riposare dentro
l'accecante dolcezza di un corpo che mi aspetta,
adesso che il mattino non ha mai principio
e silenzioso mi lascia ai miei progetti
10
a tutte le cadenze della voce, adesso
vorrei improvvisamente la prigione.
Antonella
8.
Quante tentazioni attraverso
nel percorso tra la camera
e la cucina, tra la cucina
e il cesso. Una macchia
sul muro, un pezzo di carta
caduto in terra, un bicchiere d'acqua,
un guardar dalla finestra,
ciao alla vicina,
una carezza alla gattina.
Così dimentico sempre
l'idea principale, mi perdo
per strada, mi scompongo
giorno per giorno ed è vano
tentare qualsiasi ritorno.
Vivian Lamarque è nata a Tesero (Trento) nel 1946.
A nove mesi cambiò città e famiglia, a quattro anni
perse il secondo padre, a dieci scoprì di avere due
madri e scrisse le prime poesie. Dall'età di nove mesi
vive a Milano, dove ha insegnato per molti anni. Ha
lavorato come insegnante e tradotto Valéry,
Baudelaire, Prévert, La Fontaine, Céline, Grimm e
Wilde. Fa parte della Giuria Nazionale di Diaristica. Su
Sette, inserto settimanale del Corriere della Sera, ha
tenuto la rubrica Gentilmente, raccolta poi in volume
da Rizzoli. La sua attività artistica è assai poliedrica:
la sua prima raccolta poetica, Teresino, ha vinto nel
11
1980 il Premio Viareggio Opera Prima. Ha pubblicato
poi Il Signore d'oro, Il Signore degli spaventati e
Poesie dando del Lei. Del 1996 è Una quieta polvere.
È autrice di 15 libri di fiabe e ha vinto il Premio Rodari
(1997) e il Premio Andersen (2000). Ha una figlia e
una nipote.
Roberta
9. Poesia illegittima
Quella sera che ho fatto l'amore
mentale con te
non sono stata prudente
dopo un po' mi si è gonfiata la mente
sappi che due notti fa
con dolorose doglie
mi è nata una poesia illegittimamente
porterà solo il mio nome
ma ha la tua aria straniera ti somiglia
mentre non sospetti niente di niente
sappi che ti è nata una figlia.
Roberta
10. Poesia malata
Ci deve essere un'epidemia
anche questa mia poesia appena nata
si è già bell'e malata.
Appena tu l'hai letta distaccatamente
senza fermarti e senza dirle niente
si è sentita girare un po' la testa si è appoggiata
si è svestita si è messa a letto
dice che è malata.
12
Ha guardato un po' le cose intorno distrattamente
poi ha chiuso gli occhi e non ha più detto niente
come Mimì finge di dormire
per poter con te sola restare
sta lì così melodrammaticamente
sta lì così senza dire niente
già così ridicola e disperata
appena appena nata.
Roberta
11. Cucchiaini
A tavola
per non parlare da sola
ha parlato con le sue posate
per tutta l'infanzia
per tutta l'adolescenza
con la signora forchetta
e suo marito il coltello
per tutti i pranzi
e tutte le cene
poi è diventata grande
non ha più parlato all'acciaio inossidabile
QUASI più è tornata nel cassetto
dei feroci bambini
cucchiaini.
Maria Rosaria
12.
Cammino piano, qua sotto
al terzo piano dorme un condomino
morto. E' tornato morto stasera
dall'ospedale, gli hanno salito
13
le scale, gli hanno aperto la porta
anche senza suonare, ha usato
per l'ultima volta il verbo
entrare. Ha dormito con noialtri condomini
essendo notte sembrava a noi uguale
ha dormito otto ore ma poi ancora
e ancora e ancora oltre la tromba
mattutina dei soldati, oltre il sole
alto nel cielo, ora che noi ci muoviamo
non è più a noi uguale. E' un condomino
morto. Scenderà senza piedi le scale.
Era gentile, stava alla finestra
aveva un canarino, aveva i suoi millesimi
condominiali, guarda gli stanno spuntando
le ali.
Patrizia Valduga è nata a Castelfranco Veneto nel
1953 e vive a Milano. Ha tradotto i sonetti di John
Donne e da Mallarmé, Kantor, Valery, Crebillon,
Moliére, Céline, Cocteau.
Patrizia Valduga si distingue fra i poeti
contemporanei, per la particolarità della sua ricerca
sul linguaggio, come avverte Luigi Baldacci in una sua
nota introduttiva a Medicamenta e altri medicamenta
(1989). Scrive Baldacci: "La Valduga … ha fatto sua la
crisi di linguaggio della poesia moderna. Non è un
poeta in crisi, ma un poeta che parla con la crisi,
servendosene. E nessuno ha colto, come lei, la
situazione di impossibilità che ha lasciato dietro di lei il
discorso di Montale: non perché fosse impossibile dire
meglio, dire di più, ma perché è ormai impossibile
dire qualcosa con quelle parole. In questa camera
14
carceraria … sono ammessi ancora dei giochi; ma il
più importante non è quello erotico: è quello di chi si
diverte a ritagliare il linguaggio degli altri, a lavorare di
forbicine e colla. … non so trovare o vedere, oggi, un
linguaggio poetico che sia più linguaggio di questo".
Baldacci intravede in questo uso del linguaggio la
metafora di uno strazio: "questa capacità di canto e di
strazio è solo delle donne, o meglio della poesia
femminile (che è una categoria aperta a tutti), e
poiché Patrizia Valduga possiede al massimo grado
questa capacità &endash; nel senso che … strazia il
proprio canto, lacera il patrimonio di parole che le è
venuto in eredità dalla tradizione &endash; ecco che
questa poesia è per me qualcosa che, nell'accezione
che abbiamo detto, sopravanza ogni contemporaneo".
Maria Rosaria
13.
Nel luglio altero, lui tenero audace,
sensualmente a me lanciava da là:
prima di sera io ti scopo. Ah.
Fra trafficar di sguardi dove pace,
dove l'incompenetrabilità…
dove il tempo in quest'ombra… Lui tace
in un empio silenzio a farne fornace.
Poi apri, m'intima, apri… più dentro già
si spinge con suo tal colpo segreto.
Umidore, pare bacio di calore
su ammucchiarsi d'umano, alto m'accappia.
O inverni e lirici slanci (con metodo).
15
Mi sale… mi scende… io come granata
esplosa, contusa, to', che si sappia.
Maria Rosaria
14.
In questa maledetta notte oscura
con una tentazione fui assalita
che ancora in cuore la vergogna dura.
Io così pudica, così compita,
vedevo un uomo a me venire piano
e avvolgermi quasi avido la vita;
un altro ne veniva e con la mano
oh delicatamente lui mi apriva,
e un altro e un altro e un altro ch'era vano
a guerra apparecchiarmi d'armi priva
già incatenata, e senza una catena,
nel tempo che la vita non par viva.
"Non vuoi? piccola piccola sirena…"
Posso io non volere e star da lato?
"Oh lasciatemi!" e respiravo appena,
il cuore dalla sua sede saltato.
Con cento mani vinte le mie braccia
Tutte le ossa mi avevano contato,
ad ogni cavità davan la caccia;
nel denso, nelle viscere spremuta,
16
in una tomba di carne che schiaccia
e macina e mette al niente… perduta.
Che mai feci, che mai feci mio Dio?
Mercè, pietà, perdono, chi mi aiuta?
Roberta
15.
Ancora nero senza fine, nero
come nera matrice di ogni nero,
ma tutta luce, ancora, senza nero
materia della mente e spasmo nero.
La sento la mia vita, me la imparo,
fino al fegato adesso, fino al fiele;
oh nera un tempo enorme senza chiaro,
fedele della notte più infedele.
E’ lungo questo tempo senza fine
il mio cuore senza fine nel tempo.
E’ nero lungo un tempo senza fine
per non morire prima del suo tempo.
Dicevo: Amore mio, vorrei annegare
nell’acqua chiara dei tuoi occhi chiari,
finire finalmente di aspettare
giovani giorni, cari giorni chiari.
Superba mendicante dell’amore,
scongiuravo: Fa’ ammenda alla mia fame,
dammelo ogni mio oggi il pane amore,
liberami dai mali, amore. Amen.
17
Dove sei, gli chiedevo, col mio cuore?
Ho freddo e ho per amante la mia mano
E faccio sogni e sogni di terrore
e non ho tregua qui e invanisco in vano.
Cosa fai, gli chiedevo, col mio cuore?
Quanto disti da me, in linea retta?
Quanti chilometri di batticuore?
Quando mi dai l’amore che mi spetta?
Eccomi, ancora. Prendimi per mano:
occorre che mi fermi e mi conforti
perché non posso andare più lontano
perché dopo ci sono solo i morti.
Antonella Anedda (Anedda-Angioy) è nata a Roma.
Vive tra Roma e la Sardegna. Ha collaborato per varie
riviste e giornali come Il Manifesto, Linea d’ombra,
Nuovi Argomenti. Ha pubblicato: il libro di versi
Residenze invernali(Crocetti, Milano 1992, premio
Sinisgalli opera prima, Premio Diego Valeri, Tratti
poetry prize);il libro di saggi Cosa sono gli anni (Fazi,
1997) il libro di traduzioni e poesie Nomi distanti
(Empiria, Roma 1998, con una nota di Franco Loi).
Nel settembre 1999 è uscito il volume di poesie Notti
di pace occidentale, per la casa editrice Donzelli di
Roma. Di prossima pubblicazione presso la Feltrinelli
un libro di saggi dal titolo La luce delle cose. E’
presente in antologie italiane e straniere.
Roberta
16. Indicibile I
Per dimenticare quello che non sei
dovrei imparare la frase che è di tutti:
è morto, siamo vivi.
Ma lo crede soltanto chi ripete
18
un rosario terreno. Io non posso.
Prendo questa luce domestica, la piego
ne faccio sedie e scale
per scendere a gradini la tua assenza.
Per non dimenticare che non sei
prendo un cucchiaio da minestra
scavo sulla tua tomba
di nascosto con la tua terra
concimo una lattuga.
Roberta
17. Indicibile II
Dicono che è settembre
che c’è ancora tepore,
stappano dal letto lenzuola
sopra e sotto, le stendono con cura
e il tempo così mite mi assottiglia
fino alla linea delle tue labbra in ospedale
taglia strisce autunnali per la croce
(tua? tua) senza fotografia.
Antonella
18. Indicibile III
Scavo dentro di me fino al tuo vuoto.
Fissati con pazienza i visi che hai amato
conservano la traccia di chi eri.
Anche nel loro amore
come dentro il tuo
per me e la morte costruirò una casa.
19
Antonella
19. Coro I
C’era la stanza dove paura e tempo ruotavano.
Dove lui le accarezzò la schiena lavando con l’acqua
ogni
traccia di respiro.
Le loro ossa brillarono in segreto.
Quando pensarono di amarsi
la luna sollevò l’acqua in due diverse maree.
Quando lei rispose lui era già lontano.
Lui parlò, lei stava cercando di raggiungerlo
il cane abbaiava nel vento. Cane e vento confusero
entrambi
e più di tutto confuse la torcia di chi li andava a
cercare.
L’amore s’incise a quel punto.
Lei restò tra gli scogli e la sabbia.
Il mondo si fece rosso e il cane le coprì le ginocchia.
Notte e maestrale li gelarono insieme.
Ecco per te che ti fermi e ascolti – questo dettaglio
mentre il freddo mi sale;
“Essi vivono dietro una veranda di vetro. Essi
scaldano i
rispettivi corpi”.
Alda Merini è nata in una famiglia di condizioni
modeste, esordisce a soli 15 anni. Nel 1947, Merini
incontra "le prime ombre della sua mente" e viene
internata per un mese a Villa Turro. Giacinto
Spagnoletti sarà il primo a pubblicarla nel 1950,
nell'Antologia della poesia italiana 1909-1949, con le
poesie Il gobbo e Luce. Nel 1951, su suggerimento di
Eugenio Montale e della Spaziani, l'editore Scheiwiller
20
stampa due poesie inedite dell'autrice in "Poetesse
del Novecento".
Nel periodo che va dal 1950 al 1953 la Merini
frequenta per lavoro e per amicizia Salvatore
Quasimodo. Nel 1953 esce il primo volume di versi
intitolato "La presenza di Orfeo" e nel 1955 "Nozze
Romane" e "Paura di Dio". Si alterneranno in seguito
periodi di salute e malattia che durano fino al 1979
quando la Merini ritorna a scrivere, dando il via ai suoi
testi più intensi sulla drammatica e sconvolgente
esperienza del manicomio, testi contenuti in "La Terra
Santa", che sarà pubblicato da Vanni Scheiwiller nel
1984. Sarà in questo periodo che nasceranno libri
come "Delirio amoroso" (1989) e "Il tormento delle
figure" (1990).
Nel 1991 escono "Le parole di Alda Merini" e "Vuoto
d'amore" a cui fa seguito nel 1992 "Ipotenusa
d'amore", nel 1993 "La palude di Manganelli o il
monarca del re" e il volumetto "Aforismi". È questo
l'anno in cui le viene assegnato il Premio Librex-
Guggenheim "Eugenio Montale" per la Poesia, premio
che la consacra tra i grandi letterati contemporanei e
la accosta a scrittori come Giorgio Caproni, Attilio
Bertolucci, Mario Luzi, Andrea Zanzotto, Franco
Fortini.
Nel 1994 vede la luce "Titano amori intorno" uscito
presso l'editore "La vita felice", con sei disegni di
Alberto Casiraghi, e il volume "Sogno e Poesia", da
"L'incisione di Corbetta", con venti incisioni di
altrettanti artisti contemporanei. La collaborazione con
i piccoli editori ha portato ad altri minitesti come, tra gli
ultimi pubblicati, "Lettera ai figli", edito da
Michelangelo Camilliti per l'edizione "Lietocollelibri" e
21
illustrato da otto disegni onirici e surreali di Alberto
Casiraghi.
Nel 2000 esce nell'edizione Einaudi "Superba è la
notte", un volume che è il risultato di un lavoro
minuzioso compiuto su numerose poesie inviate
all'editore Einaudi e a Ambrogio Borsani. I versi che
compongono la raccolta sono stati scritti nel periodo
che va dal 1996 al 1999. Non essendo stato possibile
dare al materiale un ordine cronologico i curatori si
sono basati sull'omogeneità tematica e stilistica
complessiva dell'opera.
Nel 2003 e 2004 viene pubblicato dall'Einaudi "Clinica
dell'abbandono" con l'introduzione di Ambrogio
Borsani e con uno scritto di Vincenzo Mollica. Da tutta
Italia vengono inviate e-mail a sostegno di un appello
lanciato da un amico della scrittrice che richiede aiuto
economico.
Alla fine del 2005 esce per Crocetti Editore "'Nel
cerchio di un pensiero (teatro per voce sola)'"
Del 2005 è anche la raccolta "Le briglie d'oro (Poesie
per Marina 1984-2004)", edita da Scheiwiller. Nel
2006 si avvicina al genere noir con "La nera novella",
edita da Rizzoli.
Antonella
20. Amore non dannarmi
Amore non dannarmi al mio destino
tienimi aperte tutte le stagioni
fa che il mio grande e tiepido declino
non si addormenti lungo le pulsioni
metti al passivo tutte le passioni
dormi teneramente sul cuscino
dove crescono provvide ambizioni
22
d'amore e di passione universale,
toglimi tutto e non mi fare male.
Katia
21. I due amanti
Ribaciami amore è
solo ieri
che mi hai sfiorato la lingua
con il verbo del tuo violino,
acino d'uva il tuo sesso
che posi sul grembo migliore.
Rimani e ascolta
l'ultimo respiro di vita
che si libera dai miei capelli.
Katia
22.
Il mio primo trafugamento di madre
avvenne in una notte d’estate
quando un pazzo mi prese
e mi adagiò sopra l’erba
e mi fece concepire un figlio.
O mai la luna gridò così tanto
contro le stelle offese,
e mai gridarono tanto i miei visceri,
né il Signore volse mai il capo all’indietro
come in quell’istante preciso
vedendo la mia verginità di madre
offesa dentro a un ludibrio.
Il mio primo trafugamento di donna
avvenne in un angolo oscuro
23
sotto il calore impetuoso del sesso,
ma nacque una bimba gentile
con un sorriso dolcissimo
e tutto fu perdonato.
Ma io non perdonerò mai
e quel bimbo mi fu tolto dal grembo
e affidato a mani più “sante”,
ma fui io ad essere oltraggiata,
io che salii sopra i cieli
per avere concepito una genesi.
Katia
23.
Quando avrò alzato in me l’intimo fuoco
che originava già queste bufere
e sarò salda, libera, vitale,
allora sarò sola?
E forse staccherò dalle radici
la rimossa speranza dell’amore,
ricorderò che frutto d’ogni
limite umano è assenza di memoria,
tutta mi affonderò nel divenire…
ma fino a che io tremo dal principio
cui la tua mano mi iniziò da ieri,
ogni attributo vivo che mi preme
giace incomposto nelle tue misure.
24
Associazione Culturale ‘Amici della Musica’
“R.S. Venticinque”
Pignataro Maggiore (CE)
Le iniziative sono state realizzate con il contributo e la
partecipazione di:
– Regione Campania;
– Amministrazione Provinciale di Caserta;
– Ente Provinciale per il Turismo di Caserta;
– Amministrazione Comunale di Pignataro Maggiore
Si ringraziano le Autorità ecclesiastiche della Diocesi di
Teano – Calvi e della Comunità parrocchiale di Pignataro M.
* * *
Palazzo Vescovile
81052 Pignataro Maggiore (Caserta) – Italy
tel./fax. +39 0823 654880
c.c.p. 16534810
website: www . pignataromusica.it
email: info @ pignataromusica.it

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