Apellicola: l’innovativo involucro per alimenti made in Calabria

L’idea nasce a Carlopoli, provincia di Catanzaro, da Francesca Arcuri, una giovane insegnante che già nella sua vita quotidiana ha sempre seguito abitudini sane e volte alla sostenibilità ambientale, conservando e portando avanti gesti tradizionali del passato. Un esempio è il ricordo della lievitazione del pane: sua nonna lasciava crescere l’impasto coprendolo con un panno tessuto con la ginestra. Da qui l’idea di creare un tessuto protettivo a impatto zero. Dopo un’attenta ricerca, la giovane ragazza decide di realizzare con la cera d’api un tessuto elastico che potesse conservare gli alimenti, senza ricorrere a materie prime nocive e non riciclabili – i consueti sacchetti di plastica, ad esempio, sono spesso usati come materiale protettivo per il cibo. La materia prima da cui invece vuole partire la Arcuri è la cera d’api, materiale non nocivo, ecologico, a ridotto impatto ambientale e dalle molteplici proprietà: antiossidanti, antibatteriche e antifungine. Insomma, tutte caratteristiche che sposano perfettamente la natura degli alimenti. Per la giovane innovatrice, un primo passo da fare è la sperimentazione: acquista così della cera d’api nel vicino comune di Castagna. La cera grezza viene poi scaldata, filtrata e divisa in piccoli pezzi. L’acquisto successivo è quello delle stoffe, le più naturali possibili, di cotone non colorato: dopo essere state disinfettate e lavate, vengono fatte asciugare e tagliate in varie misure. Con l’utilizzo di un rullo, la cera viene sciolta nuovamente, e viene stesa e fissata con un semplice ferro da stiro sui pezzi di tessuto. Senza un vero e proprio laboratorio né una formazione in tale ambito, ma con una creatività e una pazienza straordinarie, Francesca Arcuri ha continuato a realizzare e confezionare sempre più pellicole in cera d’api. Come si può leggere in ogni confezione, “La cera d’api utilizzata è prodotta da api felici che vivono tra le montagne di Castagna, in Calabria”. «Per cercare di capire se fosse un buon metodo – spiega Francesca – ho pensato di testarlo facendolo provare alle mie amiche, che sono rimaste positivamente colpite dalla sua funzionalità. E ho deciso così, spinta anche da loro e da altre persone che credevano nel progetto, di proseguire, rendendo il prodotto accessibile anche a un pubblico più ampio. Insieme a loro abbiamo pensato a un logo e a un nome, scegliendo tra quelli che avessero la parola “ape”, e un filo conduttore con l’idea». Il risultato finale è un tessuto completamente naturale che conserva qualsiasi tipo di cibo, dalla frutta alla verdura, al pane, al formaggio, ideale in viaggio o per preservare uno spuntino o un pranzo fuori. Per avvolgervi il cibo, è sufficiente il calore delle mani, che rende l’involucro modellabile. Una volta raffreddato sigilla completamente il cibo e ne rallenta il processo di decomposizione. Oltre a ciò, dopo un primo utilizzo, il prodotto può essere sfruttato in diversi modi: dura fino a 6/7 mesi, per poi essere rigenerato nuovamente sciogliendo la cera, oppure per creare stoppini per accendere il fuoco. La Arcuri afferma che sono anche aumentate le richieste di comprare l’Apellicola come idea regalo: «Ho realizzato per l’occasione delle confezioni sostenibili, fatte di carta, corda, iuta, a volte ho messo delle bucce d’arancia o piccoli rametti di lavanda per decorarle e profumarle. Inoltre i foglietti che inserisco sono fatti con carta riciclata piantabile – realizzate in collaborazione con Chiara Mastroianni – che dà vita a fiori che attirano le api. Si restituisce così quello che in qualche modo loro hanno dato a noi». Il progetto futuro di Francesca Arcuri è di creare un piccolo laboratorio in casa in cui dedicarsi, oltre che all’Apellicola, ad altre creazioni manuali, chiarendo che la sua è una missione a favore della salvaguardia dell’ambiente. «Noto con piacere che c’è molta apertura verso l’utilizzo di prodotti sostenibili, e questo mi spinge ancora di più a fare qualcosa, come un piccolo contributo verso una responsabilità che inevitabilmente dobbiamo prenderci nei confronti dell’ambiente. Non è una questione economica, ma piuttosto un lanciare un messaggio secondo il quale esiste un’alternativa ecologica ai nostri modi di fare». La storia di Francesca insegna quindi a coltivare abitudini sane per se stessi e per l’ambiente che ci circonda e stimola ad accrescere la nostra consapevolezza sulle allarmanti questioni ambientali.

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