Sufficienza della legalità formale quando il soggetto regolatore è un organo rappresentativo della comunità. Parte V

Un’altra parte della dottrina riconosce la legittimità dei regolamenti indipendenti (R. Guastini).
Essa opera una netta differenza nell’ambito di tale tipologia di regolamenti, tra quelli che disciplinano una materia non regolata dalla legge e quelli che sono assunti dal Governo di sua propria iniziativa in assenza di una espressa autorizzazione legislativa. Nel secondo caso si tratta di regolamenti indipendenti in senso stretto o spontanei, nel primo caso si tratta di regolamenti praeter legem. Il principio di legalità formale implica la illegittimità dei regolamenti indipendenti spontanei ma non implica affatto la illegittimità dei regolamenti praeter legem, in quanto questi ultimi sono espressamente indicati dall’art. 17, co. 1, lett. c) della L. 400/1988: essi, pertanto, non possono essere catalogati tra quelli in senso stretto o spontanei, perché sono espressamente autorizzati dalla legge e, traendo fondamento dalla L. 400/1988, sono da considerarsi pienamente compatibili con i principi costituzionali e con il principio di legalità formale.
Gli strumenti normativi messi a disposizione del Governo sono numerevoli, si va dal decreto-legge e dal decreto legislativo alle varie tipologie di regolamenti previsti dall’art. 17 della L. 400/1988. Si pone, quindi, l’interrogativo di quale può essere la ratio che ha suggerito al Legislatore di individuare una categoria di regolamenti indipendenti dalla legge che dovrebbero disciplinare spazi che non possono essere regolati dagli altri atti.
Si tratta di rispondere se esistono delle materie su cui si può intervenire solo ed esclusivamente con questi atti e, nel caso affermativo, perché usare tale strumento normativo e non altri.
Una parte della dottrina si è soffermata su questo quesito ed ha individuato che la prevalente ragione che giustifica la istituzione dei regolamenti indipendenti risiede «nella necessità di liberare, dalle maglie create da un legislatore tanto invadente e onnivoro quanto lento ed inefficace, materie richiedenti (per ragioni oggettive) una disciplina più snella e facilmente adeguabile alle esigenze della realtà – soprattutto di set-tori dominati dalla scienza e dalla tecnica – continuamente (e sempre più velocemente) cangianti».
Per rispondere a questa necessità si è notato che sarebbe stato sufficiente la previsione di regolamenti autorizzati, anche perché sembrava difficile rinvenire materie non coperte da riserva di legge e prive di disciplina legislativa che potessero essere rinvenute e disciplinate dalla tipologia regolamentare in discussione. Si può dedurre che l’intento del legislatore della L. 400/1988, sia stata proprio quella di immaginare futuri interventi abrogativi su tali materie concretizzando così il fenomeno della ccdd. «deregulation» anziché quello della delegificazione.
Con la deregulation si abroga una materia e la si rende libera, generando così il presupposto fattuale richiesto dalla lett. c), co. 1, dell’art. 17 della L. 400/1988, perché la materia non risultando più disciplinata dalla legge possa essere disciplinata da un regolamento indipendente.
Con l’intervento legislativo di deregulation il Parlamento sceglie di privarsi di disciplinare una materia, consentendo di farlo fare al Governo con ampia discrezionalità.
I regolamenti indipendenti pongono un serio problema circa l’effettività della sussistenza del principio di legalità in tema di sindacato giurisdizionale. Al giudice amministrativo adito per una presunta illegittimità del regolamento indipendente per violazione della Costituzione è precluso la possibilità di rinviare la questione alla Corte Costituzionale ed è tenuto ad effettuare la verifica di legittimità, adoperando la Costituzione come parametro; egli deve limitarsi a ricavare dalla Carta i parametri di legittimità senza poter affermare che l’atto è incostituzionale; ma ciò si presenta in concreto molto difficile non solo per l’ampiezza del parametro ma anche perché al G.A. è precluso ogni giudizio di costituzionalità, dovendo ricavare dalla Carta costituzionale i parametri di legittimità che non può dedurre dalla legge essendo assente ogni intermediazione legislativa.
Il G.A. deve limitarsi ad effettuare un giudizio di legittimità: potrà annullare il regolamento dichiarandone non la incostituzionalità ma soltanto la illegittimità perché in contrasto con la Costituzione.

Condividi questo articolo qui:
Stampa questo post Stampa questo post