Le FF.AA. in qualità di agenti di Pubblica Sicurezza. Articolo 7 bis della Legge n. 125 del 24 luglio 2008

La Legge 24 luglio 2008, n. 125, all’art. 7 bis intitolato “Concorso delle Forze Armate nel controllo del territorio”, prevede che: “per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, ove risulti opportuno un accresciuto controllo del territorio, può essere autorizzato un piano di impiego di un contingente militare appartenente alle Forze Armate, preferibilmente Carabinieri impiegati in compiti militari o comunque volontari delle stesse Forze Armate specificamente addestrati per i compiti da svolgere. Detto personale, è posto a disposizione dei Prefetti delle province comprendenti aree metropolitane e comunque aree densamente popolate, ai sensi dell’art. 13 della Legge 1° aprile 1981, n. 121, per servizi di vigilanza a siti ed obiettivi sensibili nonché di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle Forze di Polizia. […]. Il personale delle Forze Armate non appartenente all’Arma dei Carabinieri agisce con le funzioni di agente di pubblica sicurezza e può procedere all’identificazione ed alla immediata perquisizione sul posto di persone e mezzi di trasporto a norma dell’art. 4 della Legge 22 maggio 1975, n. 152, anche al fine di prevenire od impedire comportamenti che possono mettere in pericolo l’incolumità di persone o la sicurezza dei luoghi vigilati, con esclusione delle funzioni di polizia giudiziaria. Ai fini di identificazione, per completare gli accertamenti e per procedere a tutti gli atti di polizia giudiziaria, il personale delle Forze Armate accompagna le persone indicate presso i più vicini uffici o comandi della Polizia di Stato o dell’Arma dei Carabinieri. Nei confronti delle persone accompagnate si applicano le disposizioni dell’art. 349 del codice di procedura penale”.
È necessario ora capire se i militari in servizio per la missione “Strade Sicure”, a cui spettano i compiti previsti dall’art. 7 bis della Legge del 24 luglio 2008, n. 125, ricadano nella previsione dell’art. 357 c.p. per cui: “Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi”.
L’elemento che caratterizza il Pubblico Ufficiale è l’esercizio di una “funzione pubblica”, intesa come ogni attività che realizza i fini propri dello Stato, sia essa “legislativa, giudiziaria o amministrativa”.
È pubblica la funzione amministrativa, disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della Pubblica Amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi. Sono norme di diritto pubblico quelle che sono volte al perseguimento di uno scopo pubblico ed alla tutela di un interesse pubblico.
I poteri che esercita un Pubblico Ufficiale e che lo definiscono tale, sono sostanzialmente due: “autoritativo” e “coercitivo”.
Il “potere autoritativo” è quel potere che permette alla P.A. di realizzare i suoi fini mediante veri e propri comandi, rispetto ai quali il privato si trova in una posizione di soggezione. Si tratta dell’attività in cui si esprime il c.d. “potere d’imperio”, che comprende sia i poteri di coercizione (arresto, perquisizione, ecc.) e di contestazione di violazioni di legge (accertamenti di illeciti amministrativi, ecc.), sia i poteri di supremazia gerarchica all’interno di pubblici uffici.
Il “potere certificativo” è quello che attribuisce al certificato, il potere di attestare un fatto facente prova fino a querela di falso.
La Cassazione a Sezioni Unite con sentenza numero 7958 dell’11 luglio 1992, sottolineava come nel concetto di “poteri autoritativi” rientrassero non solo poteri coercitivi, ma anche tutte quelle attività che esplicative di un potere discrezionale nei confronti di un soggetto che si trovava su un piano non paritetico rispetto all’Autorità.
Tuttavia, ad oggi, la dottrina pubblicistica non ha ancora fornito una univoca e sicura nozione di pubblica funzione, in dottrina ed in giurisprudenza, c’è ancora qualche incertezza circa l’esatta definizione del “Pubblico Ufficiale”, soprattutto per particolari funzioni richieste da alcuni lavori.
Rimanendo nella sfera “militare”, possono considerarsi Pubblici Ufficiali, ai sensi dell’art. 357, comma 2 c.p. (Cass. Pen. Sez. I, 10.3.86/20.6.86 n. 5986, CED Cass. 173191), i militari in servizio presso le caserme ed inquadrati in unità organiche operative, soltanto nel caso in cui, all’interno dell’organizzazione militare ove svolgono compiti essenziali dello Stato, svolgono funzioni alle quali è annesso un pubblico interesse, un potere di coazione od un potere di certificazione. Hanno funzione e qualità di Pubblico Ufficiale (Cass. Pen. Sez. VI, 10.3.75/20.10.75 n. 9468, CED Cass. 130935) i Militari in servizio presso le caserme, ove svolgono compiti di disciplina e di polizia militare esercitando una funzione amministrativa. Sono, infine, Pubblici Ufficiali (Cass. Pen. Sez. VI, 7.5.73/30.11.73 n. 8630, CED Cass. 125615) i militari in servizio di ronda, che svolgono funzioni di disciplina e polizia militare, esercitando una pubblica funzione nel campo dell’amministrazione, né in questo ha rilievo la circostanza che le funzioni militari siano svolte al di fuori dalla caserma.
Appare, allora, di tutta evidenza che con la qualifica (ed i poteri) derivanti dall’essere agenti di “pubblica sicurezza”, richiamata dalla Legge 24 luglio 2008, n. 125, all’art. 7 bis e, ad ulteriore conferma, con il richiamo dell’art. 4 legge 22 maggio 1975, n. 152 in cui si considerava la “forza pubblica”, i militari (di qualsiasi grado) in servizio per la missione “Strade Sicure” siano anche “Pubblici Ufficiali”.
Seppur i poteri derivanti dall’art. 4 legge 22 maggio 1975, n. 152 non siano pochi e vanno dalla possibilità di identificare persone alla loro perquisizione sul posto, il fatto di essere “agenti di pubblica sicurezza”, concede ai militari un margine di manovra in più, garantito loro dal Testo Unico Leggi Pubblica Sicurezza.
A titolo di esempio, i militari, in caso di necessità (qualsiasi necessità), potrebbero ordinare (quando, come nelle stazioni, lavorano a stretto contatto) disposizioni vincolanti alle Guardie Particolari Giurate che in virtù dell’art. 139 TULPS “sono obbligati ad aderire a tutte le richieste ad essi rivolte dagli ufficiali o dagli agenti di pubblica sicurezza”.
È, tuttavia, la qualifica da “Pubblico Ufficiale” che comporta maggiori responsabilità, ai militari in servizio per “Strade Sicure”, essendo pubblici ufficiali, si applicheranno loro tutti i delitti, previsti nel codice penale ordinario, che vedono gli stessi o autori o vittime di reato ivi compreso a titolo di esempio il “rifiuto d’atti d’ufficio di cui all’art. 328 c.p. o “l’oltraggio a pubblico ufficiale” ex art. 341 bis.
E ancora, i militari in servizio per “Strade Sicure” sono sottoposti anche alle cosiddette “cause di giustificazione” previste dal codice penale ordinario quali “la legittima difesa”(art. 52) o “l’uso legittimo delle armi” (art. 53) che è esclusivo dei pubblici ufficiali, i quali non sono punibili “se al fine di adempiere ad un dovere del proprio ufficio, fanno uso, ovvero ordinano di far uso delle armi o di altro strumento di coazione fisica, quando vi sono costretti dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità (art. 53 c.p.)”.
Per quanto concerne l’arresto e il fermo di Polizia Giudiziaria, è pacifico che i militari in servizio per “Strade Sicure” non vi possano procedere, in quanto non hanno funzioni e poteri inerenti, ma è altresì vero che potrebbero procedervi ai sensi dell’articolo 383 del codice di procedura penale (arresto da parte del privato).
Rimane pacifico che le potestà di indagine, arresto e fermo siano esclusive della Polizia Giudiziaria; tuttavia, il profilo dell’agente di P.S. è comunque volto a preservare ed impedire i reati, da questo nasce un sicuro maggiore impulso ad utilizzare la facoltà di cui al 383 c.p.p. rispetto ad un privato.

Condividi questo articolo qui:
Stampa questo post Stampa questo post