Gli effetti dell’emergenza sanitaria sulla giustizia penale

Sono noti a tutti gli innumerevoli problemi di ordine sociale ed economico che l’emergenza sanitaria ha causato su tutto il pianeta.
La pandemia ha devastato tutti i settori della società e tra questi rientra anche la giustizia italiana.
In questo articolo desidero soffermarmi, insieme all’amico e collega Alfonso Di Palma, avvocato penalista e presidente di “Unione Giovani Penalisti di Nola”, sulle criticità della giustizia penale derivanti dalla incontrollabile diffusione del Covid-19.
Da marzo 2020 siamo stati spettatori di una proliferazione di decreti, ordinanze, protocolli e linee guida Covid-19 che, a causa dell’emergenza sanitaria, hanno introdotto una serie di norme per la celebrazione dei processi indifferibili “da remoto”.
Il processo penale non può – e non deve – svolgersi “a distanza” soprattutto quando il soggetto imputato è un “detenuto” che, in tal caso, necessita della presenza del suo difensore.
L’Avv. Alfonso Di Palma ha voluto illustrare e chiarire le ragioni di questa profonda perplessità – comune a molti tecnici del diritto – in merito alla remotizzazione del processo penale, affermando che: “la pandemia ha influito in maniera preponderante sull’amministrazione della giustizia, rendendo sempre più evidenti le fallacie ataviche del sistema e spingendo verso un’inedita e, solo per certi aspetti condivisibile, digitalizzazione del processo penale. La recessione economica ha colpito purtroppo anche la nostra classe. Il contenzioso giudiziale ha subìto un forte rallentamento per garantire il rispetto delle norme anti-Covid, incidendo enormemente sulla mole di lavoro da poter svolgere. A pagarne maggiormente le spese sono soprattutto i giovani che si accingono ad entrare nel mondo della professione forense, con sempre meno opportunità di lavoro, con scarse occasioni formative e con un esame di abilitazione alla professione forense dai tratti ancora acclaratamente anacronistici; tra l’altro, a causa dell’emergenza sanitaria, nutro forti dubbi sulla possibilità di svolgimento in piena sicurezza delle tre prove scritte originariamente previste per lo scorso dicembre e rinviate per la crisi sanitaria al 13, 14 e 15 aprile prossimo. In merito alla remotizzazione del processo penale, posso solo dire che va anche bene l’utilizzo della tecnologia per la digitalizzazione degli atti processuali, per la consultazione e la trasmissione telematica degli stessi perchè ciò rende sicuramente più agile il lavoro degli operatori del diritto ma dobbiamo dire No ad un processo penale che si svolga da remoto, dietro uno schermo, in spregio ai principi di oralità, immediatezza e pubblicità. Sia questa situazione emergenziale un’opportunità di crescita e non un pretesto per arrecare ulteriori vulnus ai principi del giusto processo, sia l’occasione per mettere mano ad una proficua riforma organica del processo penale. Purtroppo si legifera troppo e male, in maniera umorale e populistica e ritengo si debba intervenire su alcuni istituti giuridici. Primo tra tutti, l’istituto della prescrizione. Un processo lungo è esso stesso una pena, a prescindere dall’esito che avrà. Una giustizia lenta, inoltre, influisce in maniera drasticamente negativa anche sul sistema economico del paese. Occorre un ripensamento della responsabilità civile e professionale del magistrato, che com’è attualmente congegnata, non funziona, mortifica la credibilità e l’autorevolezza dell’esercizio della giurisdizione. È inoltre necessario porre mano alla separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante. Va rivisto anche il funzionamento dell’istituto dell’udienza preliminare che nel novantasette per cento dei casi si conclude con l’accoglimento della richiesta di rinvio a giudizio. Bisogna rendere più appetibile la soluzione negoziale del processo penale. Abbiamo bisogno di un diritto più certo che non sia frutto di una giurisprudenza altalenante e che riduca al minimo gli spazi di discrezionalità del giudice”.

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