La musica a Sanremo non basta mai

Ricerche basate soltanto sull’intuito di tanti esperti di musica suggeriscono che anche il pezzo vincitore di Sanremo 2014 non resterà negli annali della kermesse. “Controvento” di Arisa già Rosalba Pippa da Potenza (una voce bellissima, s’intenda) piace a chi deve piacere e non convince chi pur vorrebbe farsene convincere. Per insaporire la faccenda, due giorni di tempo dall’ultima nottata in sede Ariston e spuntano accuse e polemiche come funghi. Il brano sarebbe un plagio di “Entra nel cuore” di Micol Birsanti, cantante prodotta da Jovanotti, ma ascoltando l’audio-confronto anche chi non è un musicologo può accorgersi che in comune i pezzi hanno una parte di oboe nell’introduzione e una sequenza di accordi, identica alle tante altre identiche sequenze armoniche usate nella musica nazional-popolare, di cui Sanremo è diventato pessimo veicolante. Insomma, qualcuno avrebbe preferito che dei due pezzi proposti da Arisa passasse il primo, “Lentamente”, scritto dall’eccellente Cristina Donà, ma i gusti del televoto…si sa. Sorprende, invece, che poco si sia parlato dell’intro di “Pedala” di Frankie Hi-Nrg; la parte di tromba campionata, come ha scritto Federico Vacalebre del Mattino, non è simile, ma uguale alle prime quattro battute di “Golden Hen” di Tenor Saw, artista della dancehall giamaicana ucciso a poco meno di ventidue anni. Francesco di Gesù Hi-Nrg ha risposto che è una normalità derivante dagli standard di campionamento: noi non ci crediamo poi tanto. Dunque, ancora una volta il sale a Festival così scadenti per innovazione musicale e per originalità arriva dai commentari post-festivalieri: per fortuna si può parlare di abiti kitsch (preferiti davvero da tanti, quest’anno), di accuse di plagio a destra e a manca, giusto per non calcare sempre su una Luciana Littizzetto che, per quanto sia stata per la seconda volta un catalogo di parolacce e di continue allusioni al sesso, è da due anni l’unica che riesca a salvare gli ascoltatori da un letargo di quattro ore a serata. E forse le colpe sarebbero da dare anche agli autori, così poco citati, ma così influenti nell’imbastitura della scaletta e dei dialoghi, e del contenuto della conduzione; sta di fatto che l’ultimo conduttore purosangue è salito all’Ariston cinque anni fa, e questo attutisce le riflessioni e le picchiate dell’Auditel. Sanremo è così, un modo per parlarne si trova sempre: ne si parlava quando i pezzi,seppur retorici e banali, riuscivano a trattare di sentimento e di altro restando inossidati negli anni, ne si parla oggi che a trionfare sono i beniamini dei talent (certo, Arisa fa eccezione, e anche Vecchioni), che parlano sempre retoricamente di amore ma non vengono ricordati da nessuno dopo una manciata di anni. Il Festival mise in chiaro le proprie potenzialità mediatiche, scandalistiche e polemiche già nella prima edizione del 1951: allora destò scalpore l’esclusione di “Ho pianto una volta sola”, scritta per Nilla Pizzi da Olivieri e Pinchi, che avrebbero fatto il bis nel 1957 con l’esclusione de “La cosa più bella”, scritta per Carla Boni e Tonina Torrielli, eliminata perché non inedita. Pertanto, meglio tenersi strette apparizioni della tarda serata aristoniana come quella di Rufus Wainwright che interpreta la sua “Cigarettes and chocolate milk” e “Across the universe” di Lennon; le proteste furenti delle associazioni cattoliche ipersensibili ad un omosessuale dichiarato, che tuttavia scrive pezzi più sensibili di loro, possono restare comodamente nel backstage.

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