Il datore di lavoro può divulgare informazioni personali del proprio dipendente?

Quante volte ci chiediamo fino a che punto siamo veramente liberi? E ancora, quante volte i lavoratori preoccupati di essere spiati dal proprio datore di lavoro si pongono lo stesso interrogativo?
Ebbene, in una recentissima sentenza della Corte di Cassazione il tema è stato affrontato in maniera assai dettagliata, con una sentenza che va a favore del lavoratore.
Il provvedimento giudiziario di cui si parla è la sentenza della Cassazione civile del 13 febbraio 2012, n. 2034.  
La controversia che è stata esaminata è particolarmente interessante. I giudici della Cassazione, infatti, si sono chiesti se il datore di lavoro che scelga di rendere pubblico lo stato di salute di un suo dipendente, senza che una tale divulgazione sia stata retta da fini di interesse pubblico, violi l'art. 11 del D.lgs. 193/2006 (che è conosciuto da tutti come legge sulla privacy). La questione di fondo è capire se con tale condotta viene lesa la riservatezza del dipendente. Dunque, la Corte di Cassazione, nel caso in esame, si occupa di capire se il datore di lavoro è tenuto a rispettare la privacy del proprio dipendente.
La risposta è stata interessante e articolata. Infatti, si è affermato il principio generale secondo cui per chiedere il risarcimento del danno non patrimoniale è necessario lamentare un patema d'animo, essendo sovente le modalità della divulgazione idonee, già per se stesse, a dimostrare l'esistenza di un pregiudizio.
Dunque, anche il datore di lavoro deve stare attento alla privacy dei propri dipendenti ed eventuali violazioni sono destinate ad avere importanti conseguenze, anche economiche, come il risarcimento del danno.

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