Colloquiando con un reduce dalla Russia

Aveva 24 anni Antonio De Rosa, classe 1917, quando il 17 Luglio 1941 partì con altri commilitoni diretti in Russia. Fu una lunga odissea che egli racconta a tutti coloro che glielo chiedono. Oggi Antonio ha la veneranda età di 92 anni e ricorda tutti i particolari di quello sventurato periodo bellico. “Viaggiammo in un treno merci fino in Romania, racconta Antonio con voce sofferta, e per raggiungere il fronte percorremmo a piedi centinaia di Km. Facevo parte di una divisione auto trasportata e, dopo le prime piogge, le camionette si impantanarono per cui fummo costretti a proseguire a piedi. A causa dell’eccessivo freddo molti miei compagni furono colpiti da congelamento agli arti inferiori; la barba lunga diventava un pezzo di ghiaccio e il servizio di guardia durava mezz’ora. Le sentinelle, per combattere il freddo, indossavano un altro cappotto avuto in prestito da chi non prestava servizio. Prima di partire per il fronte russo avevo combattuto in Francia ed in Jugoslavia. Dopo otto mesi rientrai in Italia e feci parte dell’ARMIR(Armata italiana Russia) e partecipai alla cruenta battaglia sul fiume Don. Restammo bloccati per diversi mesi soffrendo il freddo e la fame. Fui salvato da una lettera inviatami dai parenti per comunicarmi le gravi condizioni di salute di mio padre. Il 12 ottobre 1942 fui inviato a casa in licenza e rividi mio padre per l’ultima volta. Trascorsa una settimana, fui inviato in Sicilia dove mi catturarono gli americani appena sbarcati. Con gli Alleati ho trascorso un periodo sereno: ho mangiato, bevuto e fumato le loro sigarette. Fummo imbarcati su una nave diretta in America del Nord ,ma il giorno dopo invertì la rotta diretta in Algeria per trasferirci in un campo di prigionia americano dove restai fino al giorno del ritorno a casa. La guerra è la peggiore catastrofe che si abbatte su un popolo perché lascia morte e dolore. Il mondo sarà in pace solo quando gli uomini odieranno la guerra” Conclude nonno Antonio scuotendo la testa

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