Alla stazione in una mattina d’autunno

Quanta bellezza nei versi di questi poeti, anche immaginandosi in una semplice stazione, tram, gente che viaggia veloce e indistintamente scopre sciarpe colorate sui cappotti imbruniti, c’è fumo c’è polvere c’è ressa. In questo periodo l’autunno che tarda ad arrivare mi ha fatto riprendere delle poesie del Novecento come quella del grande poeta Giosuè Carducci dal titolo: “Alla stazione in una mattina d’autunno”. Le odi barbare sono state chiamate così da Giosuè Carducci (foto a lato) perché dovevano essere il tentativo di riprodurre in italiano quella che è la metrica latina. La parola barbaro è data dal fatto che il poeta si considerasse moderno e quindi esterno a questo mondo della metrica latina. Il termine barbaro è onomatopeico e significa che c’è una difficoltà nel parlare una lingua che non si conosce bene, ricordiamo infatti che la metrica quantitativa è diversa dalla metrica accentuativa. In effetti il verso italiano della poesia, dell’ode è basato sulla posizione degli accenti mentre in greco e in latino è basato sulla diversa durata delle sillabe. La rima era sconosciuta alla poesia classica e quindi assente. Questa poesia è molto bella, è un’ode alcaica dal nome di Alceo che era un grande lirico greco. La visione della macchina meccanica non è un progresso tecnologico e neanche una celebrazione, d’altro canto non sembra una critica, ma fa da contrasto ed effettivamente riesce a far risultare la donna protagonista.

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