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L’Ombra di Caravaggio nel nuovo film di Michele Placido

«Mi hanno ordinato di pentirmi, ma io non so di che pentirmi e non voglio pentirmi».
Inizia così il trailer del nuovo film “L’Ombra di Caravaggio”, diretto da Michele Placido con una coproduzione italo-francese, che vede il contributo del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo insieme a Goldenart Production e Rai Cinema.
Disponibile dal 3 novembre 2022, il cast vede la partecipazione di nomi importanti quali Riccardo Scamarcio, Louis Garrel, Isabelle Huppert, Micaela Ramazzotti, Michele Placido, Gianfranco Gallo, Vinicio Marchioni, Lolita Chammah, Alessandro Haber, Moni Ovadia, Lorenzo Lavia, Brenno Placido e Tedua.
È Riccardo Scamarcio a vestire i panni dell’artista maledetto su cui ricadono pesanti i dogmi di una Chiesa non ancora pronta alla sua arte. Dopo la condanna a morte per aver commesso un omicidio, il pittore è costretto alla fuga: lo attende una vita spericolata per evitare la pena capitale che pende sul suo capo come una spada di Damocle arrivando ad ossessionarlo. L’ombra della decapitazione lo assedia spaventandolo ed ispirandolo al tempo stesso, tanto che molti dei suoi soggetti appaiono decapitati.
«Il Maestro ama dipingere il vero, il dolore dell’umanità» recita ancora il trailer del film, che punta attraverso frame scelti ad accrescere il pathos attorno alla figura del Maestro del barocco europeo.
«Caravaggio è un pittore meraviglioso, è la sua vita che è sporca» continua il trailer. Il giovane artista infatti già all’età di sei anni si trova a fare i conti con la morte che porta con sé il padre e altri componenti della famiglia a causa della peste. Inizia la sua carriera quando è ancora un fanciullo, all’età di tredici anni presso la bottega di Simone Peterzano e non si avranno più notizie del giovane prodigio fino al suo trasferimento a Roma nel 1592, dove inizia a frequentare le osterie di quartieri malfamati i cui frequentatori diventeranno i soggetti preferiti delle sue creazioni.
L’attenzione verso gli ultimi, i componenti delle sfere più basse della società, la sofferenza, il dolore e la povertà che contraddistinguono la vita dei suoi modelli preferiti (come per esempio una prostituta per rappresentare la morte della Vergine), fanno sì che l’autore si identifichi nel tormento di quelle anime in cui rivede sé stesso. Nonostante le importanti commissioni, i palazzi sontuosi dove si trova a vivere e personalità eminenti, Caravaggio continua durante la propria ascesa artistica a frequentare le bettole, tra risse e gioco d’azzardo.
“Solo un uomo tormentato come Michelangelo Merisi poteva creare questo capolavoro” pensano in tanti, nonostante molti funzionari religiosi sottolineino come in presenza di soggetti sacri non venga utilizzata la tipica “aura estatica”. L’esasperata tensione verso il realismo non sempre soddisfa i committenti che spesso considerano blasfeme le sue opere. Dopo aver trascorso numerosi anni in fuga torna a Roma per invocare la grazia del Pontefice, ma nel corso del viaggio le condizioni di salute precipitano irreparabilmente conducendolo alla morte presso Porto Ercole nel 1610, ignaro che il Pontefice lo avrebbe assolto dalle sue colpe.
La rinuncia alla sua arte, questa l’unica richiesta all’artista per cui l’unica vera rivoluzione è la verità. Abbandonare la propria arte avrebbe comportato con ogni probabilità l’allontanamento anche dalla propria vita, perché uomo e artista si fondono insieme indissolubilmente sotto il nome di Caravaggio. Chiara Mastroianni.

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