Il Cristo velato

La cappella gentilizia San Severo, detta della Pietatella, è una delle mete turistiche più ricercate del turismo mondiale. Qui, gli studiosi, i viaggiatori, i turisti, accorrono incuriositi ad ammirare il Cristo velato, in cui sanno riconoscere la bellezza, la tensione, l’energia sprigionata dall’opera, condensata dei significati della fede, della morte e del dono della vita.
La cappella di proprietà di Raimondo di Sangro, principe di Sansevero (Torremaggiore, 1710 – Napoli, 1771), figura poliedrica, attraversata da miti e leggente, si trova nel centro storico di Napoli, in Via Francesco de Sanctis 19/21, ed è facilmente raggiungibile da qualsiasi area della città, sia a piedi sia con mezzi pubblici.
L’opera, commissionata nel lontano 1753 a Giuseppe Sammartino (Napoli, 1720 – Napoli, 12 dicembre 1793), poliedrico scultore napoletano, fu realizzata in marmo, per un probabile costo di cinquanta ducati, oggi circa 2.500 euro.
Il Cristo, adagiato su di un materasso e coperto da un lenzuolo, con il capo poggiato su due cuscini, è rappresentato in grandezza naturale.
Probabilmente Sammartino era un cultore del mondo della scultura classica, perché un simile “panneggio” era stato già sperimentato a quel tempo.
Infatti, nel frontone orientale del Partenone vi sono le sculture di Hestia, Dione e Afrodite, frutto della genialità di Fidia, con abiti aderenti che lasciano trasparire le splendide forme dei loro corpi. Qui, sebbene ci troviamo nel mondo politeista e pagano della civiltà greca, emerge la capacità di trasformare l’invisibile in visibile, dando spazio alla fantasia interpretativa dei visitatori.
Nell’opera di Giuseppe Sammartino, oltre la compostezza, l’equilibrio e la simmetria, emerge il senso compiuto della fede cristiana che, attraverso il velo trasparente in marmo, invita ad andare oltre la morte tragica del Figlio di Dio.
Al tempo stesso, il credente pone la sua anima oltre il lenzuolo, oltre il corpo martoriato, come segno di speranza, di perdono dai peccati, di fede in Chi, al dispetto della morte, vive per sempre.
Nel messaggio stilistico, infatti, è evidente che lo scultore si sforza di esprimere, attraverso il sudario, la grandezza di Dio e l’ansia del limite dell’uomo.

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