Johann Wilhelm Trollmann e le Olimpiadi negate

In questa estate più che mai italiana, intrisa di emozioni che hanno risvegliato l’orgoglio italico e diffuso più volte nei cieli le note dell’inno di Mameli prima con il trionfo della Nazionale di calcio agli Europei e poi con le tantissime gioie, qualcuna davvero inaspettata, arrivata dalle Olimpiadi di Tokio, sono salite alla ribalta storie personali di atleti che tanti sacrifici e tante rinunce hanno dovuto affrontare prima di provare a salire sul gradino più alto del podio e tornare a casa con una medaglia, magari quella del metallo più prezioso.
Probabilmente sarebbe tornato a casa con una medaglia anche Johann Wilhelm Trollmann, tedesco e di professione pugile, soprannominato Rukeli dal romanì ruk “albero” per la folta chioma ricciuta e il fisico statuario. Già, sarebbe tornato forse a casa con una medaglia perché pur essendo stato selezionato per i Giochi Olimpici del 1928 a Stoccolma e pur con tante possibilità di vittoria per il suo talento e la sua forza, lui alle Olimpiadi non ci andò mai e al suo posto fu mandato un pugile di Amburgo che Trollmann aveva più volte battuto. La motivazione ufficiale? “Stile poco tedesco”. Nato in Bassa Sassonia da una famiglia di origine Sinti e con otto fratelli, fin da piccolo si appassiona al pugilato sotto la guida di un allenatore ebreo. E’ forte Trollmann, con uno stile insolito per i pugili dell’epoca. Sul ring è “un ballerino”, irride i contendenti con una facilità ed eleganza di movimenti disarmanti che sfiancano gli avversari, anticipando un po’ lo stile che tanti anni dopo avrebbe reso famoso Muhammad Alì. Vince quattro campionati regionali. Trollmann ha talento, forza e personalità e piace alla gente proprio per quello stile nuovo e irriverente del suo pugilato.
Ma all’orizzonte stanno per profilarsi le leggi razziali. Lo sport viene presto strumentalizzato dai regimi, il pugilato in particolare. In Germania, in seguito alle Leggi di Norimberga del 1933 gli atleti ebrei vengono esclusi da tutte le competizioni sportive e il titolo dei mediomassimi detenuto da Eric Seelig, appunto ebreo e costretto a scappare prima in Francia e poi negli Usa, viene rimesso in palio: una grande occasione per “Rukeli” che affronta Adolf Witt.
Durante l’incontro Trollmann domina ai punti il suo avversario, “ariano puro”, e vince nettamente l’incontro. Ma la sua vittoria suscita l’ira di Georg Radamm, presidente dell’associazione pugili tedeschi, ma soprattutto nazista convinto, che fa pressione sui giudici dell’incontro affinché venga formulato un risultato di parità fra i due contendenti, risparmiando a Witt, l’onta della sconfitta da parte di uno “zingaro”.
Ma il pubblico della birreria Bock a Berlino, sede dell’incontro, si ribella inneggiando a Trollmann e Radamm rischia il linciaggio della folla. Il risultato viene nuovamente cambiato e al sinti Trollmann viene riconosciuta la vittoria che, commosso, piange lacrime di gioia. E proprio quelle lacrime, tanto belle per solidarietà e giustizia, diventeranno la scusa per privare il pugile del titolo conquistato perché “indegno” agli occhi del regime nazista e daranno il via ad una persecuzione disumana nei suoi confronti.
Adolf Hitler tiene molto alla boxe, che diventa un vero e proprio manifesto di propaganda del regime perché “Nessun altro sport desta un così grande spirito d’assalto, esige così fulminea decisione, rende forte e flessibile il corpo”. I movimenti sul ring di Trollmann, invece, vengono definiti scimmieschi e il suo stile effeminato e poi soprattutto, non può uno zingaro vincere contro un ariano.
Dopo soli otto giorni la federboxe gli toglie il titolo che viene rimesso in palio, motivando la decisione con un laconico “…perché piangendo ha assunto un atteggiamento pietoso, in netto contrasto con le regole di questo sport”. Trollmann dovrà quindi nuovamente combattere contro Gustave Eder, ma gli viene ordinato che non potrà muoversi dal centro del ring, pena la perdita della licenza da pugile. Il pugile non può ribellarsi o forse sì….usa l’ironia per irridere comunque l’avversario e tutto il regime nazista: si presenta sul ring con i capelli ossigenati e tutto il corto cosparso di farina per sembrare “un perfetto ariano”, una vera e propria parodia del pugile tedesco tanto amato dal Fuhrer.
Durante l’incontro rimane fermo al centro del ring, non si muove, rimane piantato lì, non schiva nessun colpo dell’avversario e alla quinta ripresa va al tappeto e perde. Lui già sa che il suo dramma è appena iniziato, ma sa pure che con la sua farsa ha messo, orgogliosamente in ridicolo tutto il regime. Purtroppo sa anche che la sua carriera di pugile è finita e che dovrà stare attento alla sua vita.
Si trasferisce a Berlino dove si sposa e diventa padre di una figlia. Adesso combatte solo nelle fiere e nei circhi per pochi spiccioli mentre il regime va avanti con le sue idee folli.
Nel 1938 gli zingari vengono equiparati agli ebrei come “essere subumani” perché frutto di miscugli di razze indegne e secondo lo psicologo e neurologo tedesco Robert Ritter, i tedeschi, quelli puri, potranno ritenersi salvi e “risolvere la questione” solo quando questi esseri fannulloni e asociali verranno sterilizzati. Trollmann decide di divorziare per tutelare la sua famiglia e accetta di essere sterilizzato per evitare di essere internato. Nel ’41 viene richiamato dalla Wermacht e spedito sul fronte bellico orientale.
Ferito, torna in Germania con una licenza nel ’42, ma proprio nel momento in cui viene deciso di non avere più nell’esercito tedesco, “zingari in divisa”. Viene quindi prelevato dalla Gestapo, la temibilissima e spietata polizia segreta dei nazisti, e condotto in un campo di concentramento vicino Amburgo. Ogni sera, dopo i lavori forzati della giornata, è costretto a combattere per il divertimento dei suoi carcerieri. Una sera vince contro Emil Cornelius, non un semplice prigioniero come lui, ma un kapò sanguinario che si vendica presto: dopo qualche giorno lo farà ammazzare a badilate mentre lavora e la sua morte verrà spacciata per accidentale.
Trollmann ha solo 36 anni. Quatto mesi dopo ad Auschwitz viene ucciso pure suo fratello Heinrich, anche lui pugile.
Bisognerà aspettare la fine della guerra affinché alla sua morte venga resa giustizia e Robert Landsberger, anche lui prigioniero e testimone oculare, racconti tutta la verità di quella sera del 9 febbraio 1943.
Solo nel 2003 la federazione tedesca, consegna a Rita, la figlia di Trollmann la cintura di campione tedesco dei pesi mediomassimi.
La Shoah e il suo ricordo aprono profonde riflessioni su quello che è stato l’atroce e abominevole sterminio degli ebrei, ma colpevolmente e troppo poco spesso lo si fa anche per le persecuzioni e lo sterminio dei popoli di origine rom o sinti. Nessun rom o sinti è stato chiamato a testimoniare al processo di Norimberga e nessun risarcimento o “rivalutazione” è stata riservata alle loro etnie.
La storia di Trollmann, a cui è stato dedicato un monumento in un famoso giardino pubblico di Berlino, il Kreuzberg, vuole essere anche un omaggio agli “zingari dimenticati” a seguito delle ignobili persecuzioni razziali di cui si è macchiato il genere umano, che di umano a volte, non ha niente.

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