31 gennaio – Festa degli educatori, Don L’Arco e Don Bosco

Il 31 gennaio 1888 moriva Don Bosco, il Santo dei giovani. Per gli studiosi del suo pensiero e della sua opera è stato un sognatore, ha immaginato il futuro e realisticamente si è messo a lavorare per realizzarlo. Ha avuto fiducia nei giovani che del futuro sono l’asse portante, ha proposto con coraggio valori esigenti con uno stile di amicizia e di dialogo, attento alle situazioni di emarginazione. Ha voluto prevenire, preparare il futuro.
Nel ricordare Don Bosco nel 133° anniversario della sua nascita in Cielo socializzando qualche elemento della sua figura e della sua opera, non si può non rifarsi ad un salesiano “doc”, Don Adolfo L’Arco, nato il 24 maggio 1916 a Fontanelle di Teano (CE) e morto il 25 luglio 2010 a Pacognano di Vico Equense (NA).
Il compianto arcivescovo della diocesi di Sorrento-Castellamare di Stabia, Felice Cece, già vescovo della diocesi di Calvi e Teano e, poi, della diocesi di Teano-Calvi (1984-1989), ebbe a scrivere che di Don L’arco “si potrebbero scrivere tre bibliografie: una intellettuale per la sua vivacità, una spirituale per il suo cuore amabile e una educativa per la sua volontà docile allo Spirito Santo”.
Don Adolfo L’Arco entrò giovane tra i salesiani di Don Bosco e fu ordinato sacerdote a Roma nel 1945. Conseguì all’Università degli Sudi di Napoli la laurea in Filosofia. Per la sua preparazione teologica e filosofica, nonché per la profondità dei suoi scritti, è considerato tra i maggiori teologi e filosofi salesiani. Per lungo tempo è stato professore di Filosofia negli Istituti Salesiani di Don Bosco. Intensa e vasta è stata la sua opera letteraria consistita in oltre 60 libri e tra questi Don Bosco si diverte, Don Bosco nella luce del Risorto, Don Bosco sorridente entra a casa vostra, Così Don Bosco amò i giovani, Il salesiano è fatto così. In occasione del suo 60° anniversario di sacerdozio, 17 marzo 2005, il Rettore Maggiore e nono successore di Don Bosco, Don Pascual Chavéz Villanueva, gli indirizzò un messaggio augurale nel quale, tra l’altro, diceva “La Congregazione salesiana è orgogliosa di avere un figlio come Lei e chiede al Signore altre vocazioni come la Sua”.
Don L’Arco, nel libro “Don Bosco sorridendo entra in casa vostra” scrive che “L’oratorio di Don Bosco era la patria di tutti i talenti e di tutti i carismi. Ivi ogni ragazzo poteva sviluppare al massimo la sua personalità e nel tempo più breve. Come il sole fa germogliare ciascun seme nella sua specie, così l’affetto santo e le premure eroiche di Don Bosco facevano sviluppare la completa originalità di ogni ragazzo. (…) Don Bosco si pose con amore a servizio dell’umanità, mise il suo cuore a disposizione dei giovani che amò santamente, ma perdutamente, tutti gli istanti della sua vita”.
Don L’Arco, sacerdote attento alle problematiche giovanili, impreziosisce il suo lavoro letterario riportando il pensiero di Don Bosco sulla gioventù “La porzione dell’umana società, su cui sono fondate le speranze del presente e dell’avvenire, la porzione degna dei più attenti riguardi è senza dubbio la gioventù. (…) Se la gioventù sarà rettamente educata, vi sarà ordine e moralità; al contrario: vizio e disordine. Io ho consacrato tutta la mia vita al bene della gioventù, persuaso che della sana educazione di essa dipende la felicità della nazione. (…) Per questi giovani orfani, abbandonati, farò qualunque sacrificio: anche il mio sangue darei volentieri per salvarli”.
Don L’Arco, cresciuto e alimentatosi con gli ideali di Don Bosco, conclude il suo interessante lavoro scrivendo che l’apostolato di don Bosco si può paragonare ad un incendio di carità pastorale dalle dimensioni mondiali. La scintilla di quell’incendio si trova nel discorsetto che la mamma, Margherita, gli tenne la sera prima che partisse per il seminario: “Giovannino, tu hai vestito l’abito del sacerdote. Provo tutta la consolazione che una madre può provare per la buona riuscita di un figlio. Ricordati però che non è l’abito che fa onore, ma è la virtù. Se un giorno avrai dubbi sulla tua vocazione, per carità, non disonorare quest’abito. Posalo subito. Preferisco avere come figlio un povero contadino che un prete trascurato nei suoi doveri” e Don Bosco nota nelle sue Memorie “Quando terminò queste parole mia madre era commossa. Io piangevo. Le risposi: Madre, vi ringrazio di tutto quello che avete fatto per me. Queste parole non le dimenticherò mai. Le porterò con me come un tesoro per tutta la vita”.
Don L’Arco, nel 1991, anno di pubblicazione del predetto libro, in merito a tanto scriveva “In principio c’era proprio la madre: la Madre del Cielo e la Madre della terra. C’era? E perché non c’è”.
Le considerazioni di Don Adolfo L’Arco, purtroppo, oggi sono quanto mai attuali. Grazie Don Adolfo per la Sua attualità anche se provoca in noi tanta amarezza.

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