Fate presto! Dal terremoto dell’80 al Covid del 2020

Nel nostro Paese ogni anno celebriamo significativi anniversari per ricordare il lungo e travagliato percorso che, dalla fine della Seconda guerra mondiale, ha contraddistinto la nostra vita, quella di una giovane democrazia capitalistica incastrata tra Guerra Fredda e necessità di riscatto. Un’Italia percorsa da rigurgiti politico ideologici fortissimi, al centro di un’area geopolitica di assoluta importanza per gli equilibri del pianeta, in poche parole l’ombelico del mondo per tutta la seconda parte del’900.
In questa Italia così scossa, dove diversi gruppi di potere si scontravano più o meno nell’ombra dagli anni ’50, non potevano certo mancare le tragedie umane legate alla natura. Ed in questo clima teso, probabilmente il picco di sofferenza fu raggiunto proprio quando alla mano dell’uomo si unì anche la devastante forza del destino, come in quel tragico 1980, probabilmente l’anno più duro della nostra storia prima dell’ingresso nel nuovo millennio. Un anno che, il 6 gennaio, si apriva con l’omicidio di Piersanti Mattarella, continuava dolorosamente il 12 febbraio con l’assassinio di Vittorio Bachelet, passava per l’infame strage di Ustica del 27 giugno e si esprimeva in tutta la sua durezza con l’ancor più vigliacca strage di Bologna del 2 agosto.
Ma il 1980 non avrebbe allentato la morsa prima di regalare una tragedia anche più cupa e profonda, forse una delle più tremende della storia italiana, quella del terremoto in Irpinia e di tutte le altre zone limitrofe di una Campania colpita al cuore da una forza devastante e senza pietà (fu pesantemente colpita anche la Basilicata). Il crollo degli edifici fu solo l’inizio di un’avventura decennale, spinta da una scia di sofferenze incredibili ma, miracolosamente, anche dal seme di una rinascita non limitata al Sud ma concretamente allargata, piuttosto, all’intero Paese. Con circa 3000 morti, 9000 feriti, 280.000 sfollati e danni incalcolabili alle infrastrutture civili private e pubbliche, il terremoto dell’80 fu «la tragedia» che avviò la riforma definitiva per la creazione della Protezione Civile nazionale consentendone la sua formalizzazione nel 1982, ad appena due anni dal disastro, e affidando le emergenze future ad un Commissario permanente inquadrato nella figura del Ministro per il Coordinamento della Protezione Civile (Legge n.938 del 1982). La macchina degli aiuti, della solidarietà nazionale e della risposta alle emergenze era stata finalmente creata. Un frutto nato sulla terra innaffiata dalle lacrime dei cittadini di Campania e Basilicata.
Ed esattamente dopo 40 anni l’Italia, stavolta accompagnata addirittura da tutto il mondo, è stretta nella morsa di un microscopico virus, la cui reale provenienza sarà chiara tra molti anni, e cerca disperatamente di uscire fuori da questo buio e triste tunnel. Migliaia di morti, economia a pezzi, sanità sostanzialmente a nudo. Quanto reggeremo senza un nuovo “seme” in grado di rigenerare la nostra società? La tragedia è in corso, ci scuoterà a fondo come fece il terremoto del 23 novembre ’80 e ci fa gridare esattamente la stessa storica frase lanciata quarant’anni fa dalle pagine de Il Mattino: Fate presto! Sì, fate presto, prima che l’Italia si spenga irrimediabilmente come hanno fatto alcune aree del nostro Sud. Resistiamo e auguriamoci che la scienza, come si fece dopo quell’inatteso evento naturale, possa organizzare una barriera efficace anche per le altre pandemie che tutti danno in arrivo. FATE PRESTO! Là fuori la gente muore…

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