S.E. Mons. Arturo Aiello “Il Covid-19 ci ha insegnato la fragilità umana”

Il Vescovo della Diocesi di Avellino S. E. Mons, Arturo Aiello, originario di Vico Equense (NA) e per più di in decennio Pastore della Diocesi di Teano-Calvi, 2006-2017, nella trasmissione radiofonica “Ascolta si fa sera” su Radio Rai 1, ha offerto approfondite riflessioni sulla pandemia da coronavirus che sta affliggendo quasi tutte le nazioni del mondo e, ritenendole ampiamente meritevoli della loro socializzazione, per l’opportunità e per la presa di coscienza di ciascuno e di tutti, le si riportano integralmente: Immagino la tua smorfia di disappunto mentre pensi: “Ancora?” Tranquillo, non ho in mente di unirmi al coro di esperti e sapienti che hanno pontificato da febbraio in poi, ma semplicemente vorrei mettermi alla scuola del Covid con la domanda “Che cosa ci ha insegnato?” La prima lezione che dobbiamo dedurre dalla pandemia ancora in corso è che siamo fragili. Avremmo dovuto già saperlo. A noi, alle aziende che facevano piani decennali, al mondo intero, il Covid-19 ha dato una solenne sberla gridando: “La volete smettere di fare i gradassi? Vi attraversa una fragilità che può sbriciolare la vostra vita e quella del mondo in pochi giorni. Fermati, prima che sia troppo tardi”. La Bibbia è zeppa di avvertimenti sulla fragilità dell’uomo, dei suoi giorni, sulle opere delle sue mani. L’uomo è come un soffio e i suoi giorni come ombra che passa. Se hai capito questa lezione smetti di premere l’acceleratore e guarda fuori i colori dell’autunno o la luce del sole che cala. Fermati a guardare. Se hai capito la lezione ora che torni a casa smettila di fare la vittima e cingi con le braccia tua moglie e fermati a giocare con i tuoi bambini. E’ tutto così fragile, siamo dentro un miracolo e non lo sappiamo. Non siamo riconoscenti, non diciamo grazie per ogni giorno, per ogni istante. La fragilità di una rosa coincide con la sua preziosità. E’ così anche per te, per me, stasera.
Queste illuminate e pertinenti riflessioni venivano fatte nel mese di settembre quando “il ritorno” o “la seconda fase” della pandemia era solo all’orizzonte, oggi che, purtroppo, che è un’amara e triste realtà, ci costringono, senza sé e senza ma, a fermarci e a interrogarci “chi siamo, che stiamo facendo, dove stiamo andando” e a riconoscere, convintamente, la nostra fragilità.

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