Coperta corta per l’Italia del Covid

Con i contagi in rapidissima crescita, l’Italia dell’avventura Covid-19 sta approcciando nel peggiore dei modi ad un autunno-inverno probabilmente tra i più difficili dal dopoguerra ad oggi. In primis dobbiamo ben evidenziare che in questi mesi, a livello mondiale, anche per la mancata conoscenza di questo nuovo ceppo virale, la comunicazione di pericoli e opportunità di contrasto è stata davvero confusionaria e contraddittoria. Non vi è stato un solo Paese in grado di comunicare correttamente e univocamente con i propri cittadini, men che meno l’Italia, il Paese che dopo aver trattato con sufficienza e razzismo i cinesi, rei comunque di essere parte della Comunità Internazionale “solo a proprio piacimento”, si è presto trasformato nel primo malato d’Europa.
Abbiamo visto scorrere immagini terribili provenienti dal nord, abbiamo subìto un inatteso e cinematografico lockdown, abbiamo visto boccheggiare interi settori dell’economia ma, in estate, ci siamo volontariamente illusi del superamento di un problema di portata mondiale. Il complottismo spicciolo non ci ha di certo aiutati, soprattutto quello d’oltreoceano, ma dobbiamo essere seri e riconoscere che ci siamo lasciati andare. I lunghi mesi di segregazione in casa non ci hanno solo resi pasticceri e pizzaioli provetti, per chi ovviamente non stava morendo e per chi poteva permetterselo, ma ci ha resi refrattari alla paura e soprattutto estremamente bisognosi di “aria e sole”. Certo, giusto, tanto che molti italiani ancora oggi soffrono di stress post traumatico, visto che questa malattia è stata praticamente simile ad una guerra a bassa intensità. Ne avevamo bisogno e ne aveva bisogno l’economia, in particolar modo quella dei settori che abbiamo mutuato dalla volgarità del capitalismo americano, quello becero dei lavori sottopagati, precari o potremmo dire invisibili. Sì, volgarità di un capitalismo americano, figlio dell’occupazione postbellica, di cui racconto continuamente, che non ha nulla a che vedere con le leggi di mercato di cui idealmente si parla tanto. Il lavoro all’americana, il “passare anche sopra i morti pur di guadagnare”, è purtroppo figlio di una cultura profondamente diversa dalla nostra, una mentalità che, seppur con ritardo, ha sfondato anche in Europa portando a disastri inenarrabili coperti dalle buffonate del mondo social o degli youtubers.
Un capitalismo fatto di subprime e bolle speculative, di Big Companies che ti controllano la vita, di Mall che svuotano i centri urbani per imitare altri centri urbani dove devi consumare per forza qualcosa, di programmi televisivi cafoni che esaltano solo l’ignoranza e le peggiori espressioni umane. Potremmo continuare all’infinito. Ci vuole poco a capire cosa abbiamo perso, come siamo cambiati. Dal semplice “struscio” che popolava i nostri borghi e le città di tutta Italia, alle fabbriche alla Olivetti, dove il lavoratore era un valore e non un peso, per arrivare agli ospedali dove medici e infermieri erano prima amici e poi professionisti che cercavano di salvarti la vita.
Ma, reduci da una guerra che ci ha allineati, da perdenti e occupati, non da alleati, nonostante ciò che ci continuano a propinare nei libri di storia, il nostro è diventato un mondo in cui la sanità è “azienda”, il commercio è figlio di valori malati come quelli dell’apparenza e non della sostanza, mentre cinema e letteratura continuano a propinarci rappresentazioni di violenza inaudita che, però, per le nuove generazioni sono modelli “cool” da imitare. E’ quel tipo di cultura che negli States, proprio nelle scorse settimane, ha mostrato nuovamente il suo peggior volto con adolescenti con mitra in mano e parvenze di cowboy o, più semplicemente, di falsi eroi tratteggiati ad esempio in pellicole come “Bastardi senza gloria”.
«Dov’è la Vittoria» si cita nel nostro Inno nazionale. Ecco, mi chiedo, alla luce di una sanità distrutta, di politici che per anni hanno ricevuto appartamenti in centro città senza esserne a conoscenza, di arrabbiati innovatori che dovevano aprire i palazzi come scatolette di tonno e sono diventati una company internettiana, come pure di altri che un minuto prima brindavano a Milano e il minuto dopo sono stati contagiati, dov’è la vittoria? La coperta Italia non è diventata corta, è stata proprio consumata. Ed ora? Per la cultura americana, cui più o meno consapevolmente siamo allineati, «si salvi chi può», per tutto il resto c’è un noto circuito di carte di credito!

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