- Dea Notizie - http://www.deanotizie.it/news -

Letteratitudini per il mese di ottobre parla di Louise Glück, premio Nobel per la letteratura 2020

Cancello ed Arnone (Redazione) – La coordinatrice di Letteratitudini, la giornalista Matilde Maisto, in pieno accordo con i partecipanti del sodalizio letterario, parla di Louise Glück, premio Nobel per la letteratura 2020.
Purtroppo l’incontro si è svolto nuovamente attraverso un video su FB a causa delle restrizioni dovute al Covid 19 che sta nuovamente mettendo in ginocchio la nostra nazione ed il mondo intero.
Nonostante questo periodo buio e di grandi preoccupazioni Letteratitudini ha deciso di non fermarsi, anzi dice la Maisto, per me è fonte di svago e di grande conforto, del resto come diceva Aristotele ” La cultura è un ornamento nella buona sorte ma un rifugio nell’avversa”.
Ebbene con questa prerogativa ci accingiamo a parlare del premio Nobel per la letteratura 2020 che è andato a Louise Glück, poetessa e saggista americana, per “la sua inconfondibile voce poetica, che con austera bellezza rende l’esistenza individuale esperienza universale”, come si legge nelle motivazioni rese pubbliche dall’Accademia di Svezia.
È la 16esima donna a vincerlo, mentre è la terza autrice statunitense premiata dopo Toni Morrison nel 1996 e Pearl Buck nell’oramai lontano 1938. Tra le poetesse di punta della letteratura d’oltreoceano del secondo Novecento, Glück, (si pronuncia con una “i” al posto della “u” ovvero Glick)”), newyorchese, 77enne, origini ebraico-ungheresi, non è praticamente mai stata pubblicata in Italia se non grazie alla casa editrice napoletana Dante&Descartes che nel 2019 ha tradotto Averno, e alla casa editrice Giano che nel 2003 ne ha pubblicato L’iris selvatico, premio Pulitzer in patria. “Per la sua inconfondibile voce poetica che con austera bellezza rende l’esistenza individuale universale”, è la motivazione con la quale l’Accademia svedese ha celebrato la vittoria della Glück. Già perché se c’è un tratto distintivo nelle dodici raccolte di poemi che Glück ha pubblicato in 50 anni di carriera è proprio la materia viva della propria vita messa in versi.
I traumi personali legati alla morte, al rifiuto, al fallimento delle relazioni interpersonali, ma soprattutto molto del dolore trasposto nei suoi componimenti deriva dall’esperienza dell’anoressia, vissuta in prima persona da adolescente, cruciale per la sua crescita sia all’interno della famiglia (affermò più volte che in qualche modo fu come una forma di
ribellione verso i genitori) che nel contesto socio-professionale, tanto da allontanarla dagli studi universitari che aveva intrapreso in gioventù, dedicandosi ad un lungo percorso di psicoanalisi.
Anders Olsson, presidente del comitato per il Nobel, rispondendo ad alcune domande dei giornalisti presenti durante l’annuncio della premiazione ha ricordato “l’intelligenza austera ma anche giocosa” dell’autrice e il suo “raffinato senso compositivo”. Glück , infatti, usa raramente la rima nei suoi versi, scegliendo invece quello che tecnicamente si definisce l’enjambement, ovvero una pausa ritmica, continuazione di una frase al verso successivo, annullando la classica pausa di fine verso.
Nei suoi poemi più recenti Glück ha utilizzato riferimenti ai miti classici ed ha anche esplorato il rapporto tra uomo e natura con una ieraticità e durezza esemplare.
Per capire la profondità spesso politica, proprio quell’universalità tanto sottolineata dall’Accademia dei Nobel, leggiamo Aprile, poesia tratta da L’iris selvatico:
Nessuna disperazione è come la mia disperazione…
Non avete luogo in questo giardino
di pensare cose simili, producendo
i fastidiosi segni esterni; l’uomo
che diserba cocciuto tutta una foresta, la donna che zoppica, rifiutando di cambiar vestito
o lavarsi i capelli.
Credete che mi importi
se vi parlate?
Ma voglio che sappiate
mi aspettavo di più da due creature
che furono dotate di mente: se non
che aveste davvero dell’affetto reciproco
almeno che capiste
che il dolore è distribuito
fra voi, fra tutta la vostra specie, perché io
possa riconoscervi, come il blu scuro
marchia la scilla selvatica, il bianco
la viola di bosco.
Lei scrive e produce con discreta frequenza, per analizzare non tanto l’attualità americana ma la sua, una condizione di profonda incertezza: la produzione di Glück è cruda e non si lascia andare ad enfasi e sentimentalismi. Queste peculiarità le attireranno diverse critiche: viene considerata cinica, per nulla dedita all’esercizio della consolazione.
Tra le raccolte da ricordare nel recente passato ci sono The Wild Iris con la quale vinse il prestigioso premio Pulitzer nel 1992, October nel 2004 dedicata alla tragedia delle torri gemelle in cui esplora la drammaticità della sofferenza umana e Averno nel 2006. Quest’ultima, che prende il nome da un lago della Campania, è l’unica produzione di Glück disponibile in lingua italiana (pubblicato da Dante & Descartes).
La poesia di Glück è una miscela violenta tra desiderio e apparenza, che sfocia in trauma. Il desiderio concepito nelle sue diverse forme quali amore, felicità, famiglia, autorealizzazione di sé. Dalla parte opposta sopravvive il trauma nelle sue forme di mancato sollievo, di un costante lutto che non riesce a cedere alla propria intimità.
Come detto prima, la poesia di Glück non è consolatoria; è nient’altro che uno sguardo severo ma pudico sugli aspetti di una quotidianità ostinatamente ancorata alle fragilità umane. Essa evita le tematiche sociali e politiche: difficilmente si troveranno riferimenti alla religione e all’etnia. Sceglie invece di scavare dentro l’animo umano utilizzando un mondo ideale per lo più mitologico e imperfetto.
La poesia di Louise Glück è un esempio di “distanziamento sociale” artistico in cui non ci sono rime, c’è una forma d’eleganza in cui espone sé stessa, senza pretese di esplorare il mondo ignoto o necessariamente parlare ad un pubblico o ad una categoria.
Emblematico un verso tratto da The Wild Iris: Credete che mi importi se vi parlate?
Secondo un mio parere, puramente personale, concludo dicendo che trovo la poesia della poetessa premio Nobel 2020 troppo cruda, rigida, fredda, pungente, inclemente. … Credo che sia una poesia che non piace a tutti perché è priva di sentimento; io, ad esempio, amo la poesia dolce, tenera, gioiosa, che da felicità e amore, magari anche tristezza e malinconia, ma sempre sentimenti teneri e delicati. Invece quella di Louise Glück mi sembra innanzitutto abbastanza difficile da comprendere e molto personalistica, individualistica e direi anche egocentrica, forse il tutto è dovuto alla sua esperienza giovanile dell’anoressia e alle situazioni negative della sua vita.
Comunque amici concludo con questo vecchio detto di mio padre: “Stretta la foglia, larga la via, dite la vostra che ho detto la mia .
Ciao a tutti alla prossima,
Matilde Maisto

Condividi questo articolo qui:
[1]