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Il Paesaggio con la fuga in Egitto di Annibale Carracci

Il Palazzo Doria Pamphilj della Città Eterna è la sede dell’omonima Galleria, che conserva prestigiosi dipinti, celebri sculture e raffinati arredi: tra le opere più ricercate va annoverata la tela “Paesaggio con la fuga in Egitto”, una delle cosiddette “Lunette Aldobrandini” del pittore Annibale Carracci, nato a Bologna nel 1560. L’artista petroniano dipinse il quadro agli albori del XVII secolo su mandato di Sua Eminenza il Cardinale Pietro Aldobrandini, il quale comprò sul Colle Quirinale una villa che fu di proprietà, tra gli altri, della principesca Casa d’Este: desiderando impreziosire la Cappella gentilizia, incaricò il pittore felsineo di realizzare sei quadri a mezzaluna da inserire in apposite conformazioni architettoniche della struttura. Il Carracci dipinse il “Paesaggio con la fuga in Egitto” e fornì ai Maestri del suo atelier, i parmigiani Sisto Badalocchio e Giovanni Lanfranco, le rappresentazioni grafiche del lavoro da attuare, attività che fu poi portata a termine sotto la guida del pittore bolognese Francesco Albani a causa di problemi di salute del Maestro emiliano. Dopo alcune vicissitudini, il dipinto diventa di proprietà della II Principessa di Rossano, Sua Grazia Olimpia Aldobrandini, per la quale il partenopeo Camillo Francesco Maria Pamphilj, in seguito Principe di San Martino al Cimino, lasciò l’abito cardinalizio e sposò il 10 febbraio 1647. San Matteo di Cafarnao, Apostolo ed Evangelista, narra della fuga in Egitto della Sacra Famiglia per scampare alla strage ordinata dal Re della Giudea Erode: lo sposo della Vergine Maria, San Giuseppe, fu informato da uno Spirito celeste del piano efferato mentre dormiva e, dopo la visione onirica, progettò la partenza. Il quadro rappresenta la Corredentrice con in braccio Gesù Bambino, seguita da un asinello e dal Patrono della Chiesa cattolica. A destra, in basso, si vede un barcaiolo intento a vogare, mentre più su dei pastori sono concentrati a sorvegliare il gregge e una giovenca, un cavaliere si allontana dalla scena nei pressi di una città fortificata, e a sinistra due dromedari e alcune figure umane. Le nuance sono quelle dell’aurora: il Carracci dipinge le prime luci del giorno, e utilizza altresì le semioscurità crepuscolari e le trasparenze cromatiche nel caso degli alberi e dei riflessi dell’affluente. La realtà tridimensionale è data dalla “prospettiva aerea” di ispirazione leonardiana, peculiarità del genere paesaggistico e del figurativismo marittimo, dove sfumature, toni e gradazioni di colore permettono all’osservatore di percepire la profondità sulla superfice piana a due dimensioni. Le grandezze delle figure diventano “minori” di fronte alla veduta che è essa stessa protagonista, e l’ecosistema “ideale” rappresentato diventerà ben presto un modello di riferimento per la paesistica pittorica coeva: l’interpretazione elevata dell’ambiente naturale definito quale “paesaggio eroico”, il “locus amoenus” silvestre e lacustre a ricordo dell’Eden, il “conforme al vero” dipinto in maniera armonica e coerente, porta l’osservatore a raggiungere una serenità affettiva riconducibile al sentimento dell’Arcadia ellenica e alla semplicità georgica e pastorale.

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