Il Crocifisso di Giotto della Basilica fiorentina di Santa Maria Novella

La meravigliosa Basilica di Santa Maria Novella della Città del Giglio, consacrata agli inizi del XV secolo, è uno scrigno prezioso contenente capolavori artistici tra i più importanti al mondo: tra di essi, a titolo d’esempio, si ricordano gli affreschi della Sala Capitolare del pittore fiorentino Andrea di Bonaiuto, e la Lastra sepolcrale di Fra’ Leonardo Dati nella Cappella Rucellai, effettuata dallo scultore pelaghese Lorenzo Ghiberti. Del Maestro d’Arte Giotto di Bondone, nato a Colle di Vespignano nel 1267, si conserva uno splendido Crocifisso a tempera e oro su tavola realizzato alla fine del XIII secolo. L’opera presenta un’iconografia inedita: è un’innovazione culturale e un rinnovamento concettuale, in quanto l’autore trascende i canoni del “Cristo Trionfante” del passato riformandone la postura con una maggiore fedeltà al reale, proponendo il più umanizzato “Cristo dolente”, dove il “Verbo fatto uomo” mostra i suoi patimenti e il suo dolore nella Passione. Il corpo del Redentore, coperto da un impalpabile drappo color salmone, mostra i segni della contrazione e dello sfinimento muscolare, è collocato con postura a trequarti e con gli occhi chiusi, il tronco non è levogiro secondo la tradizione, ma si accascia e il capo si arcua dinnanzi accompagnato da una Gloria aurea. L’attenta ricerca della profondità dell’immagine è visibile in alcuni particolari dell’opera e la ieraticità della tradizione religiosa precedente lascia il posto ad una maggiore plasticità estetica: la staticità e le linee essenziali della pittura bizantina, l’idealizzazione dello sguardo quale ierofania, le stagnanti conformità geometriche, vengono rielaborate utilizzando soluzioni icastiche di reminiscenza scultorea. Le dita arcuate del Salvatore creano una proiezione tridimensionale, come la visuale prospettica delle braccia e del torso; inoltre le ferite versano sangue copioso che aumenta maggiormente l’effetto dello spazio a tre dimensioni. Gli effetti di luce sono stati realizzati con combinazioni di fibre leggere, la Croce mostra una rappresentazione grafica con motivi simmetrici e armonie geometriche, e ai lati presenta nei “tabelloni” le icone disposte di traverso della corredentrice Nostra Signora “Mater Dolorosa” e di San Giovanni Apostolo ed Evangelista di Betsaida. L’estremità superiore del Crocifisso esibisce una cimasa quadrangolare cremisi con la dicitura “IHC NAÇARENUS REX IUDAEORUM” (“Gesù Nazareno Re dei Giudei”). Sull’imbasamento suppedaneo una rupe scoscesa riproduce virtualmente la collina del Calvario: il teologo Origene di Alessandria sostiene che l’avello di Adamo, il capostipite dell’umanità, sia proprio il “Calvariae locus” nei pressi di Gerusalemme, e dunque, per la salvezza del genere umano, il sangue del Figlio di Dio scorre tra gli speroni di pietra toccando così i resti mortali del primo uomo creato dall’Altissimo. Un lascito del XIV secolo testimonia la presenza dell’opera giottesca nella Basilica fiorentina dell’Ordine dei Frati Predicatori, come documenta anche il secondo libro dei Commentari ghibertiani del secolo successivo.

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