Recensione di Daisy Raisi

Leggendo la silloge poetica di Imma Pontecorvo si ha il grande privilegio di entrare nel mondo di quella che oggi verrebbe comunemente definita Pas (persona altamente sensibile). Questo carattere dominante si riflette in maniera netta nella produzione poetica dell’autrice e, in particolar modo, in questa sua silloge che, alla ricerca di un equilibrio che possa contenere le maree di un animo ricco di emotività, è tutta giocata sulla dialettica mondo esterno/mondo interiore.
L’acuta percezione del dolore dei più sfortunati, che siano le vittime della tragedia di Rigopiano, i migranti, i mendicanti, poco importa, raggiunge con forza l’animo dell’autrice travolgendolo.
Ed ecco che urge il bisogno per lei più che per chiunque altro di compensare il dolore che ne deriva con il mondo incantato, dal sapore e dal colore dell’infanzia, che Imma coltiva dentro di sé. Una dimensione fatta di “castelli fiabeschi e sogni fatati”, di amore per il silenzio, di sentimenti puri per ogni forma di vita. L’Isola che non c’è di Barrie da opporre a un mondo dominato dalla violenza, dalle disuguaglianze sociali, dall’indifferenza dilagante sul quale l’autrice posa spesso lo sguardo rimanendone scossa e inorridita.
In “Carezze di seta” Imma Pontecorvo, confermandosi autrice sensibile e delicata, a più riprese non manca di manifestare il suo estatico stupore nei confronti della natura e di esprimere il suo sconfinato amore per il mare, in linea con la terra che le ha dato i natali. In sé, l’autrice conserva lo stupore di un bimbo che “nutre la vita e questo stanco mondo”. Le sue poesie, dallo stile semplice e diretto, sono davvero carezze di seta e acqua pura per tutti gli animi sensibili in cerca di un’isola felice in un mondo oscuro.
Perché la poesia ha una funzione fondamentale in questa società prosaica e spietatamente individualista: nasce per portare luce proprio lì dove ce n’è più bisogno. Non dimentichiamocelo mai.

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