La Poetessa del mare e la casuzza alle Case Basse

La “Poetessa del mare” non se ne era mai andata dall’antico borgo marinaro di Case Basse del quartiere Paradiso di Messina: come non erano andati via suo padre e suo nonno dopo il terremoto del 1908, così non se ne era andata lei, neanche quando i bombardamenti della seconda guerra mondiale lo consigliavano. Maria Costa incarnazione della fierezza delle donne dei marinai, da quella casetta del 1890, provvista di regolare licenza edilizia, non poteva andarsene perché le sarebbe sembrato un dimettersi dalla propria stessa vita, dal suo senso e dal mondo che ha voluto raccontare. Lo ha fatto custodendo la vita poetica della lingua siciliana nella sua affascinante declinazione messinese, quasi a proteggerla dal misero e corrotto dialettume della post-modernità.
Con la sua poesia raccolta in diversi volumi come Farfalle serali del ‘78, ‘A prova ‘ill’ovu (1989) e Cavaddu ‘i coppi (1993) ha dato corpo a un prezioso patrimonio letterario, antropologico e culturale per il quale ha ricevuto numerosi riconoscimenti che le sono valsi l’iscrizione nel registro dei Tesori Umani Viventi, quella nel Registro Eredità Immateriali della Regione Siciliana e il prestigioso Premio Buttitta.
La poetessa dello stretto alla quale è dedicato l’intimo e delicato cortometraggio Come le onde del regista Fabio Schifilliti (disponibile su youtube), è venuta a mancare, quasi novantenne, poco più di due anni fa riconsegnandoci in eredità la responsabilità di custodire la preziosa poetica di un luogo sorto a seguito di un’alluvione che si trascinò a mare pure la Chiesa dell’Annunziata. Un tempo borgo fiorente di pescatori ed oggi non più tanto.
Un lascito raccolto dal meritorio Centro Studi Maria Costa presieduto dal Dott. Alessandro Lillo, e da Pippo Crea, versatile e noto pittore siciliano, amico della poetessa, custode del patrimonio e gestore della casa-museo decorata, già dall’esterno, con rappresentazioni e simboli che comunicano la sicilianità del luogo, della sua casuzza:
‘Nta ‘sta casuzza,
chi mi scutau muta
fui Regina e fui Imperatrici,
pittai rari animali, cari amici
e da me Fata fui bedda e pasciuta
Sensibili al destino del borgo, sul territorio operano anche altre associazioni come ad esempio gli appassionati di “Faciti ca nun moru” che si prefiggono di stimolare i cittadini al rispetto dell’ambiente e al senso di appartenenza alla terra siciliana.
Un mondo associazionistico di volenterosi che meriterebbero di poter operare all’interno di un progetto politico e amministrativo che indichi la direzione e ne stabilisca i contorni, magari dando vigore (e risorse) all’intenzione della commissione Sport e Cultura del Comune di Messina che lo scorso anno voleva fare dell’intera zona un vero e proprio polo museale a cielo aperto, completamente dedicato alla poetessa. Il recupero e la valorizzazione di questo tipo di frammenti della storia del Sud delle sue più veraci narrazioni, non sono solo una questione romantica, rappresentano una possibilità concreta in grado di dare un decisivo impulso allo sviluppo del territorio.

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