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“Vi faccio vedere come muore un italiano”: 15 anni fa l’assassinio di Fabrizio Quattrocchi

Il 14 aprile del 2004 Fabrizio Quattrocchi, guardia del corpo siciliana di 36 anni, fu ucciso in Iraq. Prima di essere giustiziato chiese che gli venisse tolta la benda dalla testa per guardare negli occhi i carnefici: «Vi faccio vedere come muore un italiano».
Chi era Quattrocchi – Quattrocchi era nato a Catania nel ’68 ed era cresciuto a Genova, lavorando in una panetteria con la famiglia. Dopo la morte del padre divenne guardia del corpo e addetto alla sicurezza nei locali notturni. Poi si arruolò nell’Esercito Italiano, divenendo Caporal Maggiore di Fanteria. Nel 2003 venne assunto da un’azienda americana per fare la guardia del corpo di manager e magistrati in Iraq.
Il rapimento Il 13 aprile 2004, a Baghdad, Quattrocchi venne rapito assieme ai colleghi Umberto Cupertino, Maurizio Agliana e Salvatore Stefio, dal gruppo “Falangi verdi di Maometto” (finora mai identificato). In cambio della libertà dei tre i rapitori lanciarono un ultimatum chiedendo che le truppe americane lasciassero l’Iraq e che i governi occidentali si scusassero per presunte offese alla religione islamica. L’ultimatum fu rifiutato.
La morte Il giorno dopo Quattrocchi venne ucciso con due colpi: la sequenza è stata ripresa con una telecamera. Nel video lo si vede chiedere ai carnefici di levargli la benda dagli occhi: “Vi faccio vedere come muore un italiano”
14 Aprile 2004, la morte ad ogni modo eroica di Fabrizio Quattrocchi
Sulla vita, l’attività e le stesse modalità della morte di Fabrizio Quattrocchi, ucciso selvaggiamente il 14 Aprile 2004, con le modalità alle quali oggi l’Isis ci ha abituato, si sono fatte troppe supposizioni.
In gran parte di natura politica, cercando di strumentalizzare una morte in ogni caso eroica, da una parte e dall’altra. Quattrocchi fu preso in ostaggio a Bagdad, il 13 aprile 2004, insieme ai colleghi Umberto Cupertino, Maurizio Agliana e Salvatore Stefio, da miliziani del gruppo autoproclamatosi “Falangi Verdi di Maometto”, mai identificati. Il paese arabo, occupato militarmente dagli Stati Uniti d’America già un anno dopo lo scoppio della guerra d’Iraq e da una coalizione internazionale nel 2003, era tutt’altro che pacificato.
Pur non partecipando alle prime fasi del conflitto che aveva condotto in breve tempo (1º maggio 2003) al dissolversi dell’esercito iracheno e alla caduta di Saddam Hussein, l’Italia aveva accettato di far parte della “coalizione dei volonterosi” guidata da Stati Uniti e Gran Bretagna ed era presente in Iraq dal 15 luglio dello stesso anno con oltre 3.000 militari in un’operazione di peacekeeping denominata Antica Babilonia. A seguito dell’operazione militare erano giunte in Iraq anche decine di migliaia di guardie, assunte da numerose compagnie private (contractors), sia statunitensi che di altri paesi.
Le quattro guardie italiane quindi, benché assunte da una “compagnia di sicurezza” fondata da italiani, stavano operando al servizio dell’esercito statunitense in Iraq, eludendo così – in ragione del loro status – gli obblighi legali stabiliti dalle convenzioni internazionali, cui sono invece legati per definizione i militari impegnati dalla potenza occupante.
Per questo stato di cose, la situazione dei rapiti fu subito ritenuta delicata e pericolosa.
Non sono tuttora completamente chiari i motivi per cui i rapitori decisero di uccidere Fabrizio Quattrocchi, lasciando in vita i suoi colleghi, ma si conoscono i suoi ultimi momenti di vita, registrati su video. Nel giugno del 2004 il quotidiano londinese Sunday Times pubblicò un’intervista a un iracheno, il cui nome di battaglia è Abu Yussuf, dichiaratosi membro del gruppo di rapitori dei quattro italiani.
Yussuf dichiarò di aver girato personalmente il video dell’uccisione dell’italiano. Secondo Yussuf, Quattrocchi, ormai consapevole del suo destino, avrebbe chiesto perché intendevano ucciderlo. «Per chiedere al governo italiano di ritirare le truppe», sarebbe stata la risposta. L’italiano avrebbe replicato: «È inutile, il mio governo non tratterà mai con voi per salvare le nostre vite».
I rapitori allora lo costrinsero a inginocchiarsi in una fossa, bendato e con le mani legate.Il racconto di Yussuf prosegue: «Quattrocchi mi disse: “Tu che parli italiano concedimi un desiderio, toglimi la benda e fammi morire come un italiano”» – «Voleva guardarci negli occhi mentre gli sparavamo». Ma mentre reiterava la richiesta di togliere la benda, l’ostaggio fu colpito mortalmente alla testa. Secondo Yussuf «Quattrocchi fu ucciso con la sua pistola, ma con una pallottola irachena».
Stando alla versione di Yussuf, per liberare gli altri tre ostaggi furono pagati 4 milioni di dollari. La versione ufficiale della liberazione di Cupertino, Agliana e Stefio parla invece di un blitz incruento da parte delle truppe americane.
Solo nel gennaio 2006 il TG1 della Rai ricevette un filmato relativo all’uccisione di Quattrocchi e lo trasmise parzialmente, interrompendone la riproduzione un attimo prima del momento degli spari «per rispetto della sensibilità della famiglia e dei telespettatori».
Nel suo blog, il giornalista del TG1 Pino Scaccia ne riferisce il contenuto completo:
«Fabrizio Quattrocchi è inginocchiato, le mani legate, incappucciato. Dice con voce ferma: “Posso toglierla?” riferito alla kefiah. Qualcuno gli risponde “no”. E allora egli tenta di togliersi la benda e pronuncia: “Adesso vi faccio vedere come muore un italiano“. Passano secondi e gli sparano da dietro con la pistola. Tre colpi. Due vanno a segno, nella schiena. Quattrocchi cade testa in giù. Lo rigirano, gli tolgono la kefia, mostrano il volto alla telecamera, poi lo buttano dentro una fossa già preparata. “È nemico di Dio, è nemico di Allah”, concludono in coro i sequestratori».

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