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Ammo pusato chitarre e tammorre?

Primavera finalmente! Tempo di scampagnate, di gite fuori porta col pallone e col cestino delle vivande che oggi si ispira più alle ricette di Benedetta Parodi e a Masterchef che alle teglie di parmigiana della nonna, al tortano, o al casatiello con le uova intere sopra, dal sapore inconfondibile di “uova arrosto” le cui origini si perdono fino al “Lu cunto de li cunti” di Giambattista Basile.
Tempi da Instagram e smarphone per l’accesso immediato all’attualità confezionata, bell’e pronta per la condivisione e la votazione col like e col dislike, di interazioni filtrate, di distanze che si avvicinano e vicinanze che si dissolvono. Tempi di amicizie utili a discapito di quelle emotive, di verosimile in luogo del reale. Tempi dispari, in transito.
Nei picnic e nelle escursioni di quando ero ragazzo, una trentina d’anni fa, non mancava mai una chitarra che passava di mano dal musicista allo schitarratore, a quello che incominciava solo allora a farsi i calli sulle dita. Oggi di chitarre ce ne sono molte di meno, e scarseggiano anche i suonatori, che di tempo lungo e lento per imparare non ce n’è.
La musica e il canto sublimano, non curano malanni, ma una società che non ne avverte il bisogno è ammalata… gravemente! Non esistono popoli senza la propria musica!
Oggi si va più veloci e conta arrivare, in nome dell’efficienza, del vincismo, della performance misurata, perdendosi il viaggio. Perdendo la cura, la dedizione, la memoria, e l’anima di quei “fiumi a mare” che vanno seccandosi senza chitarre e senza casatiello.
Buona primavera!

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