I caldarrostai: una tradizione romantica che va scomparendo

In un mondo sempre più frenetico, asettico, spesso in carenza di sentimenti o, forse, solo di umanità, gli antichi mestieri che una volta popolavano letteralmente le nostre strade, dai piccoli centri periferici alle grandi città urbane, sono oramai diventati merce rara, eccezione spettacolare, retaggio di un mondo che fu. Di questi mestieri, tra i quali ricordo con nostalgia il “gassosaro”, in alcune declinazioni “cassosaro”, che portava nelle nostre case la freschezza dell’acqua minerale e la mitologia della “Gassosa Arnone”, come pure la gioia arancione della “Fanta”, molto poco è rimasto tra le nostre strade. Un mondo fatto di giocattolai in strada, di palloncini svolazzanti da legare al dito, di panzarotti fritti in un olio tanto scuro da sembrare quello di un trattore. Un mondo che però, nel segreto dei propri pensieri, vorrebbero poter rivivere in molti. Ogni tanto, quasi per concessione divina, questi antichi personaggi, cui dovremmo dire grazie per la funzione sociale svolta per anni, compaiono tra odori e grida caratteristiche del passato. È il caso dei caldarrostai, i bravissimi artigiani della castagna, di quell’oro marrone che troviamo citato addirittura nelle testimonianze di Plinio il Vecchio, il famoso scrittore, studioso e perfino militare latino del I secolo dopo Cristo. Nei suoi noti scritti questo importante personaggio, che si ritrovò addirittura ad assistere all’eruzione del Vesuvio e alla tragedia di Pompei, ci ha più volte segnalato la pratica dell’arrostire le castagne e farne una preziosa farina molto nutriente, ricordandoci anche la valenza sociale di questo oro alimentare, tanto che le castagne più grandi, le cosiddette “marroni”, risultavano riservate ad una clientela molto ricca, elitaria, che relegava gli “scarti” ai ceti più bassi come fa oggi il mercato capitalistico globalizzato. Ma non sono qui a raccontarvi la storia della castagna, piuttosto ad invitare tutti i lettori a godere ancora di questi antichi modi di vivere le città, con spirito semplice, passeggiando, lasciandosi guidare dall’inconfondibile odore che a Napoli, ad esempio, potete incontrare a Via dei Tribunali grazie alla postazione folkloristica di Carmine “il mago della castagne”. E questo titolo, sicuramente autoproclamato per mano divina, è assolutamente meritato se nel suo “cuoppo” trovate solo delle saporitissime castagne sane, cotte a puntino e con un odore che potrebbe portarvi direttamente in paradiso senza passare per il VIA! (L’avete capita la battuta, vero?) Un personaggio gentile, d’altri tempi, che con il suo vocione ed il suo dialetto napoletano, che ricordo è patrimonio immateriale dell’UNESCO, accoglie i passanti e ne carpisce bisogni, gioie, dolori e frivolezze, tanto che quando vi girate verso di lui il gioco è fatto: voglio quelle belle castagne, voglio un attimo di paradiso. È tutta lì la magia degli artigiani di strada, è tutta racchiusa nel concetto perfettamente espresso dal Principe De Curtis, da quelle parole che in arte, Totò, osava ricordare a tutti: la felicità, signorina mia, è fatta di piccoli momenti di dimenticanza. Andate da Carmine, ve ne regalerà certamente uno. Buone castagne a tutti.

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