Riti e tradizioni della festa di sant’Antonio abate che vanno scomparendo

I riti e le tradizioni legate al 17 gennaio, festa di sant’Antonio abate, vanno sempre più scomparendo. La motivazione principale è il cambiamento avvenuto in poco tempo degli usi, costumi, tenore di vita, abitudini, culture e tradizioni. In tutta Italia esiste, dal Friuli alla Sicilia, una venerazione per sant’Antonio abate e, oggi, rileviamo una minore disponibilità e propensione nella pratica dei riti e delle tradizioni tipiche con eventi organizzati un suo onore il 17 gennaio (data della sua morte). Oggi la solennità viene celebrata in molti centri italiani e in Campania specialmente a Solofra e Nusco (AV); Galluccio, Castel Morrone, Maddaloni e Macerata Campania (CE); Saviano, Giugliano, Somma Vesuviana, Pomigliano d’Arco, Palma Campania, Terzigno, Cicciano e Napoli (borgo omonimo); Campagna, Vibonati, Vietri sul Mare e Pastena (SA). In tantissime località e in quelle citate la sera del 16 gennaio si usa accendere dei fuochi, su cui i giovani fanno a gara provando a saltare e tale pratica vuole anche significare un atto di purificazione. I pastori vi facevano saltare anche gli animali, proprio per un rito catartico, propiziatorio ed espiatorio, oltre che purificatore. Molti usano ancora tagliare il pelo di alcuni animali, disegnando una croce, e poi farli benedire portandoli sul sagrato delle chiese, mentre si organizzano delle rappresentazioni sceniche tra comitive di allegre compagnie. Non a caso sant’Antonio abate viene considerato anche il protettore degli animali domestici, tanto da essere solitamente raffigurato con accanto un piccolo maialino. La tradizione deriva dal fatto che l’Ordine degli Antoniani aveva ottenuto il permesso di allevare maiali all’interno dei centri abitati, poiché il grasso di questi animali veniva usato per ungere gli ammalati colpiti dal fuoco di sant’Antonio. I maiali erano nutriti a spese della comunità e circolavano liberamente nel paese con al collo una campanella. Pochi santi hanno avuto la popolarità di sant’Antonio abate, alle cui doti taumaturgiche si ricorre per invocare la salute e la liberazione di quella afflizione nota come il “fuoco di sant’Antonio”. Il fuoco, infatti, è legato alla tradizione leggendaria del santo. L’usanza di accendere i fuchi nella notte del 17 gennaio si perde nella memoria dei tempi. Anticamente si compiva questo rito, non solo per onorare il santo, ma anche per invocare l’aiuto per la salvezza degli animali impiegati nei lavori dei campi e per gli animali da cortile, indispensabili per l’alimentazione dei contadini. Sant’Antonio fin dall’epoca medioevale viene invocato nel mondo occidentale come patrono dei macellai, dei contadini e degli allevatori e come protettore degli animali domestici. Sant’Antonio abate, detto anche sant’Antonio il Grande, sant’Antonio d’Egitto, sant’Antonio del Fuoco, sant’Antonio del Deserto, sant’Antonio l’Anacoreta (Qumans, 251 circa – deserto della Tebaide, 17 gennaio 356), è stato un abate ed eremita egiziano, considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati.

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