Un buio durato 19 anni

Con video – Un arresto e due indagati: questa la clamorosa svolta giudiziaria, che segna un punto cruciale, nella lunga inchiesta sulla morte di Emanuele Scieri, il paracadutista ventiseienne di leva, siracusano, il cui corpo, ormai in fin di vita, fu scoperto, il 16 agosto 1999, ai piedi di una torre addestrativa, nella Caserma “Gamerra”, a Pisa, sede, all’epoca, della Scuola Militare di Paracadutismo.
A diciannove anni da quella morte, che alcuni tentarono velocemente di archiviare come un suicidio o incidente, la Squadra Mobile di Firenze ha ottenuto un risultato che potrebbe finalmente confermare la lunga scia di sospetti, fin dall’inizio addensatisi su quella tragedia.
Arrestato, con l’accusa di concorso in omicidio, tale Alessandro Panella, 39 anni, ex commilitone di Emanuele. Secondo gli inquirenti, sarebbe coinvolto negli atti di “nonnismo” che portarono alla morte del giovane soldato, caduto da una scala. Una volta capito che le forze dell’ordine erano sulle sue tracce, l’uomo avrebbe cercato di fuggire dall’Italia e di raggiungere gli Stati Uniti.
Gli amici e i familiari di Emanuele non hanno mai voluto credere all’ipotesi di una morte accidentale o, tanto meno, voluta dal giovane. Voci, sempre più insistenti, avevano evidenziato, a più riprese, il clima di “nonnismo” ed un “sistema di disciplina particolare” che vigeva, a quei tempi, nella caserma. Un’ipotesi, questa, che ha preso sempre più forza, nell’arco dei lavori della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla morte del giovane parà, presieduta dall’ On. Sofia Amoddio.
Sono ancora molti i punti poco chiari, emersi nel corso di questo riesame, che hanno fatto pensare ad una versione, dell’accaduto, molto diversa da quella ufficiale. Una scarpa trovata troppo distante dal corpo del giovane e due ferite, una sul piede e l’altra sul polpaccio, che appaiono incompatibili con una semplice caduta. E poi, le tante falle nell’inchiesta, aperta all’indomani della morte. Ci sono volute 45 audizioni e l’acquisizione di 6000 pagine di documenti, ma far oscillare il muro di silenzio, che proteggeva i fatti. Finché un anno fa, la Procura di Pisa ha aperto una nuova inchiesta. Vedremo i risultati.

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