“Transiberiana”, al Giannone il nuovo libro di Vittorio Russo

12 mila chilometri. Questo il percorso della Transiberiana, la ferrovia più lunga del mondo che attraversa l’Europa orientale e l’Asia settentrionale. “Transiberiana” è anche un racconto di viaggio, quello che Vittorio Russo ha compiuto in 30 giorni e 9 fusi orari, edito da Teti nel 2017, tema di un interessante convegno tenutosi venerdì 23 marzo alle ore 15.30 nell’Aula Magna del Liceo Classico Giannone di Caserta.
L’incontro è stato introdotto dalla prof. ssa Daniela Borrelli che ha presentato agli studenti l’autore, giornalista, saggista, romanziere e vincitore di prestigiosi premi letterari. Dalle esperienze di viaggio hanno tratto spunto i libri India mistica e misteriosa, Sulle orme di Alessandro Magno, e L'India nel cuore che intessono storia, geografia e mito.
Nella narrazione lo scrittore ci conduce sulle rotaie partendo da Mosca per giungere attraverso le sconfinate steppe siberiane alla città di Vladivostok nell'estremo oriente russo.
Tante le immagini che scorrono: la Galleria Tret’jakov, i cui pittori sembrano aver intinto i loro pennelli “nelle acque colorate dell’Arno, del Tevere e della laguna veneta” e rubato “l’azzurro dei cieli meridionali e il verde dei mari delle nostre riviere”, la metropolitana con il suo dedalo di percorsi, la Piazza Rossa con le sfumature vermiglie delle costruzioni, il Cremlino con i suoi tesori architettonici, i “sorrisi infantili, ingenui, che si fanno modelli di una innocenza mai notata prima se non nei volti marmorei dei putti delle cantorie fiorentine”.
Vladivostok con la sua gioventù e Ulan-Udè nata appena tre secoli e mezzo fa, il boršč consumato in una vettura-ristorante e le linee neoclassiche e liberty di Omsk. Irkutsk che richiama alla memoria le pagine dei libri di Salgari e il Lago Bajkal con i suoi miti legati all’antica saggezza sciamanica.
L’autore descrive accuratamente le tappe del suo itinerario, fornendo al lettore numerose informazioni storiche e culturali, curiosità e aspetti finora poco noti in Italia come il fatto che la lunghissima strada ferrata, nei tratti montani più rocciosi e impervi, fu faticosamente realizzata da tanti lavoratori friulani in cerca di lavoro nel nord-est tra fine Ottocento e inizi Novecento.
Un viaggio nei vagoni tra volti, storie, culture e paesaggi senza tempo che rendono lo scrittore un Erodoto moderno che con spirito indagatore e conoscitivo va alla scoperta dei costumi, delle antiche tradizioni e delle meraviglie naturali di paesaggi lontanissimi. Ma anche un cammino alla scoperta della propria individualità rapportata agli altri, al “diverso” culturalmente inteso. Con ciò certamente lo studioso ha voluto offrire una nuova chiave di lettura della realtà: come il nostos di Ulisse nell’Odissea anche quello di Transiberiana è un percorso fatto di ostacoli necessari alla formazione, una sfida al confronto che porta il viaggiatore ad un “nuovo” ritorno.
Secondo un celebre aforisma cinese “chi torna da un viaggio non è mai la stessa persona che è partita”. In tal senso è possibile intendere il tragitto narrato dallo scrittore: il viaggio, mezzo per conoscere luoghi e paesaggi lontani crea un ponte tra le differenze culturali riscoprendone la comune essenza di vita. Scrive infatti l’autore:
Allora occorre andare. Andare per abbracciare le diversità e nutrirsi delle pluralità culturali del mondo. Andare senza stupirsi delle differenze, cercandole anzi, […] perché la diversità, in fondo, non fa che rimarcare l’unità attraverso le molteplicità. […] E' facile creare un contatto. Perché le distanze fra gli umani sono talvolta maggiori fra i luoghi di origine che non nel comune sentire. Un sorriso è uno straordinario anello di congiunzione, un messaggio di concordia e non di conquista. Queste persone intorno a noi diventano tutte un pezzetto del mio cervello, della mia natura.

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