Dai Romani al Re Lasagna

Non c’è in Campania domenica, Carnevale, festa o pranzo con i parenti che si rispetti in cui non si prepari una bella lasagna al forno. Tempo e pazienza gli ingredienti principali, ma essa riscuote ogni volta un notevole successo grazie alla ricchezza dei suoi componenti che permettono di riunire in un unico piatto primo, secondo e dolce…no dolce no! Si contendono la paternità di questo piatto “a strati” due città, Napoli e Bologna, una vexata quaestio a cui non si è ancora trovata una risposta. Ma le ricette sono evidentemente differenti, e quella campana si distingue per le sue inconfondibili polpettine fritte e le sue uova sode. Etimologicamente, invece, il termine si riallaccia a lasanum con cui si indicava il treppiede da portare sul fuoco o laganum, una sfoglia sottile ricavata da un impasto a base di farina di grano, che veniva cotto al forno o direttamente sul fuoco. Le prime fonti pervenuteci sono quelle del De Re Coquinaria di Apicio, cuoco dell’imperatore Traiano, che parla esplicitamente di una “lagana” formata da sottili sfoglie di pasta farcite con carne e cotte in forno, ma più simile ad un pasticcio che alla lasagna attuale. Inoltre, sempre in epoca romana, si sa che Cicerone ne era ghiotto, perché preferiva cibi morbidi che non danneggiassero la dentatura oramai senile. Nel Medioevo le lasagne conoscono una maggiore diffusione come si evince anche dalle innumerevoli opere in cui vengono menzionate. Si pensi alla quartina di Jacopone da Todi “Chi guarda a maggioranza spesse volte si inganna. Granel di pepe vince per virtù la lasagna” o alla citazione di Cecco Angiolieri “Chi de l’altrui farina fa lasagne, il su’ castello non ha né muro né fosso”. Attestate nel Liber de Coquina in epoca angioina nella variante con spezie e formaggio, durante il periodo borbonico furono graditissime a Francesco II, ultimo re delle Due Sicilie, che fu affettuosamente chiamato dal padre Re Lasagna. Non ci resta che gustare questa ennesima prelibatezza che al solo pronunciarla ci sembra di avere già l’acquolina in bocca!

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