Il movimento anti-regime infiamma l’Iran

Internet e i social network sono sottoposti ormai a un filtro rigidissimo in Iran, ma i dimostranti che da cinque giorni sono in piazza, continuano a organizzarsi e a documentare le proteste con video e fotografie. È un flusso a singhiozzo, che riesce, comunque, a dare le dimensioni di un movimento in crescita, nonostante il dispiegamento massiccio di agenti anti-sommossa. E in crescita sono anche le vittime. Almeno 13 (18 secondo fonti dell’opposizione), come conferma la tv di Stato.
Video e testimonianze arrivano da decine di città. Le manifestazioni più importanti hanno coinvolto Teheran, Kermanshah, Yazd, Rasht, Shooshtar, Malard, Shahreza, Shadegan, Nourabad, Homayounshahr. Gli scontri più sanguinosi con le forze di sicurezza sono avvenuti a Touyserkan (6 vittime), a Dorud (3 i morti), a Shahinshahr (3 persone uccise) e a Izeh (da 2 a 8, a seconda delle fonti). A Izeh, per gli attivisti, ci sarebbero anche 85 feriti. Il deputato Hedayatollah Khademi, vicino ai riformisti, ha ammesso che due persone sono rimaste uccise e altre ferite, anche se ha precisato di non sapere se gli spari siano venuti dalle forze dell’ordine o dai manifestanti.
Altri filmati mostrano cariche della Polizia e delle Guardie Rivoluzionarie, per esempio nella città di Rasht. I dimostranti sono passati all’uso della forza. Una caserma dei Pasdaran, quella del 104° Battaglione, a Shahin Shahr, in provincia di Isfahan, è stata circondata dalla folla e assaltata. Nella stessa area, a Najafabad, un agente è stato ucciso e altri tre sono stati feriti a colpi di arma da fuoco. Centinaia di persone hanno incendiato un seminario sciita ad Hawza, provincia del Takestan. Nel video si vede un edificio in fiamme e un uomo parlare a volto scoperto. A Khorramabad, nell’Ovest del Paese, è stato incendiato il tribunale. In altri video si sentono manifestanti cantare “Ucciderò chi uccide i miei fratelli”, “Morte a Khamenei” o “Conservatori, riformisti, siete tutti uguali”, segno che la fiducia nel presidente moderato Hassan Rohani è finita.   I filmati sono per la maggior parte girati dopo il tramonto. A Pardis, vicino a Teheran, si vede la gente fare a pezzi un ritratto della “Guida Suprema” Khamenei, reato grave in Iran.
Nella capitale, le proteste sembrano più contenute, anche perché il cordone di sicurezza è massiccio e onnipresente. Attivisti sostengono, su Twitter, che le Guardie Rivoluzionarie hanno usato i gas lacrimogeni, anche all’interno del metrò. Altri filmati mostrano macchine della polizia incendiate, nell’area di Ferdowsi. Le persone arrestate sarebbero centinaia, 200 solo domenica. Il Ministero dell’Interno ha fatto sapere che alcuni dimostranti, quelli più violenti, avrebbero confessato di far parte dei gruppi sovversivi, come i Mojahedin-e Khalq, conosciuti con l’acronimo Mek. Lo stesso presidente Rohani ha accusato parte dei dimostranti di essere manovrati da “potenze straniere”, anche se, in gran parte, si sa che la gente protesta a causa dei propri problemi, soprattutto economici, e quindi le manifestazioni sono anche un’occasione per approfondire quello che non va nel Paese.
Rohani si è rivolto al popolo in un discorso televisivo, domenica. Ha difeso il “diritto a manifestare”, ma ha avvertito che non saranno tollerate violenze e vandalismi. Il presidente riformista è nella posizione più scomoda da quando è salito al potere, nel maggio del 2013, proprio con la promessa di migliorare le condizioni di vita della gente. A crederci sono sempre in meno. In serata il capo della diplomazia dell'Unione Europea, Federica Mogherini, ha sottolineato che l’Europa “si aspetta che il diritto a pacifiche dimostrazioni sia garantito”. Il Ministro degli Esteri tedesco, Gabriel, chiede a Teheran di rispettare la libertà, degli iraniani in piazza, a manifestare le proprie idee. 

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