Il 35° canto dell’inferno: la disoccupazione!
L’ art. 1 della Costituzione recita testualmente che “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Esatto. I Padri costituenti posero tra i principi cardine quello lavorista. Erano fermamente convinti che il lavoro garantisse dignità minima ai cittadini italiani, rappresentasse la speranza e l’opportunità per fare di una nazione lacerata dalla guerra un Paese moderno e benestante. Tutto bello, anche fin troppo. Ma se avessero avuto a disposizione una macchina del tempo per constatare quanto e come il principio lavoristico fosse rispettato nel tempo rimarrebbero esterrefatti di fronte ai dati sulla disoccupazione generale e, particolarmente, su quella giovanile.
L’economia globale, fatta sostanzialmente di speculazioni finanziarie, sta attraversando un periodo poco felice. Quella americana, addirittura, è stata vittima della “Grande recessione” mentre l’eurozona è succube dello spread. Insomma, non può essere nemmeno sottaciuto che la crisi occupazionale, dovuta in gran parte alla crisi economica, è una piaga che affligge quasi il mondo intero (l’economia cinese, invece, prospera di giorno in giorno). Dati abbastanza recenti disegnano un quadro allarmante per il nostro Paese. Infatti, stando alle fonti ISTAT, in Italia i disoccupati rappresentano il 12,7 % della nostra popolazione mentre la disoccupazione giovanile schizza al 41,6%. Dicevamo prima, l’Italia, purtroppo, è anch’essa vittima della crisi globale ma altrettanto vero è che la politica interna non ha contrastato fino in fondo e con prontezza il sopravvento della disoccupazione. Da decenni in ogni competizione elettorale si sbandiera, quasi come se fosse un vessillo di guerra, la detassazione dell’impresa come panacea per la nostra economia. Nello stesso lasso di tempo, però, risulta che le imprese italiane, siano esse medio-piccole o grandi, sono martoriate dalla pressione fiscale. Il 2013 ha scritto un brutta pagina per imprenditori e lavoratori, con la chiusura di 93 aziende al giorno migliaia e migliaia di persone si sono trovate nell’increscente situazione di non percepire più lo stipendio. Se la cassa integrazione 20 anni fa era un rischio da scongiurare oggi è una speranza per tantissimi lavoratori dipendenti. Lo Stato, inoltre, da parecchio ha abdicato alle sue funzione consegnando ai privati e, quindi al mercato, il potere di determinare domanda e offerta dei prodotti e del lavoro. Ha estromesso la Pubblica Amministrazione dal mercato rendendo la stessa una sorta di “isola felice”, dove produrre, assentarsi o essere inefficaci o inefficienti ha lo stesso valore. Costringe giovani laureati, brillanti e con tanta voglia di affermarsi, a fuggire. A disconoscere la propria madre patria. Oggi i neo laureati trovano ristoro e accoglienza” tra le braccia della Regina d’Inghilterra” (si contano oltre 500.000 italiani). L’Italia ormai è diventata la nazione del “ti assumo solo se hai due anni di esperienza”. Ma nessuno ti aiuta a maturare quei 2 anni.
I Padri costituenti, che per noi hanno combattuto e hanno profuso il massimo dell’impegno per dare un senso a questa porzione di terra a forma di stivale, mai e poi mai avrebbero immaginato che la loro “creatura” potesse ferire nell’orgoglio e nella dignità la popolazione italiana. Si, il lavoro è una questione di dignità e di orgoglio. Come diceva Conrad “il lavoro non mi piace, non piace a nessuno, ma a me piace quello che c’è dentro: la possibilità di trovare se stessi”.