Storie di “Anime Pezzentelle”
Il mese di novembre, anche se è un po’ macabro a dirsi, è il mese dei morti, il periodo dell’anno in cui, almeno per un giorno, ognuno rivolge un pensiero alle persone care scomparse.
Il culto dei morti è un fenomeno antichissimo che ha valenze e riti differenti nelle varie culture; molto radicato è in Cina, dove si crede che gli antenati abbiano numerosi poteri soprannaturali e si pregano per vegliare su tutta la discendenza. Ma senza spostarsi così lontano, abbiamo esempi di rilevanza sociale e antropologica molto più a portata di mano, a Napoli.
Il rapporto dei napoletani con i defunti è sempre stato singolare, soprattutto per il fatto che questi “comunicano” attraverso i sogni; spesso gli antenati chiedono a chi è ancora vivo di pregare per loro, in questo modo la loro anima si “refrisca”, si rinfresca, come a dire che il refrigerio serva ad impedirne la decomposizione. I partenopei, e in generale chi vive nelle regioni centro-meridionali del nostro Paese, tendono però a chiedere in cambio “delle grazie” o molto più spesso dei numeri da giocare al lotto, col fine di vincere una cospicua somma di denaro che permetta ai posteri di stare bene (in fondo, a modo nostro, non siamo molto diversi dai cinesi); inoltre, persino Dante, nella sua Commedia, fa riferimento al potere predittivo delle anime del purgatorio, il che ci dimostra quanto è antica la convinzione che il morto conosca il futuro prossimo.
Un caso di particolare interesse tra i culti dei morti è il “cimitero delle Fontanelle”, nel Rione Sanità di Napoli, il quale non nasce come un ossario, ma come una delle cave di tufo, in seguito abbandonate, in cui sono state deposte le salme delle persone portate via dalla peste del ‘600, dall’epidemia di colera dell’800 e in generale quelle morte nelle carceri o a causa della povertà, troppe per essere sepolte sotto le chiese come si usava a quei tempi; tutte queste spoglie anonime furono riordinate alla fine del diciannovesimo secolo, ad opera del parroco Barbati e delle cosiddette “maste”, un gruppo di popolane devote, i quali sistemarono le ossa per tipo e le accatastarono lungo le pareti della cava. Da allora nacque un rito tuttora celebrato, quello cioè di “adottare” uno dei teschi sconosciuti e prendersene cura con preghiere e fiori, il tutto naturalmente in cambio di grazie o numeri dettati in sogno dalle anime abbandonate, in dialetto appunto “pezzentelle”. A testimonianza di queste richieste ci sono i ritrovamenti di diversi biglietti all’interno dei crani, come ad esempio una famiglia che scrive di non aver più notizie del figlio al fronte; a questo proposito, se il fedele (o il più delle volte LA fedele) non sente di essere ricambiato dall’anima del morto, può decidere di lasciar perdere il cranio scelto in favore di uno ritenuto “più generoso”. Al contrario, a grazia ricevuta, il teschio viene adornato con centrini di pizzo o adagiato su un cuscino, o ancora, se un’anima è particolarmente generosa, se ne proteggono i resti con una bara o con delle teche (nel caso in cui il devoto ne abbia la possibilità; infatti sono state anche ritrovate delle scatole di biscotti messe a protezione delle ossa, probabilmente ad opera di qualche fedele meno abbiente).
Intorno alle “anime pezzentelle” sono sorte numerose leggende, sono stati attribuiti volti, nomi e storie ai defunti venuti in sogno, cosicché alcuni dei teschi sono divenuti famosi, come quello del Capitano, cui è legata la storia di un miracolo che vede l’apparizione di un curioso uomo vestito da soldato alla cerimonia di nozze di una giovane che aveva supplicato una delle anime di aiutarla a trovare marito; quel giorno, questo sconosciuto soldato le fece un occhiolino ed il marito, ingelosito, lo colpì con un pugno in un occhio; tornata dal viaggio di nozze, la ragazza fece visita al cimitero per ringraziare il teschio e si accorse che esso aveva un’orbita nera. Un’altra leggenda è quella di donna Concetta, “a’ capa che suda” (appellativo scaturito dall’umidità che, stranamente, si ferma su questo cranio lasciandolo sempre lucido, a differenza di tutti gli altri), si dice, infatti, che se si tocca il teschio e la mano rimane bagnata, la grazia chiesta sarà ricevuta.
Oggi il cimitero delle Fontanelle è considerato un’altra delle tante meraviglie della città di Napoli che attira i turisti più curiosi e continua ad innamorare chi vive a pochi passi da esso e ama le storie popolari come noi.