Riti settennali 2010: curiosità e polemiche in pillole

Guardia Sanframondi – Domenica 22 agosto- Ore  13:10: All’altezza del Municipio si forma un grande

capannello di persone. Voci alterate. Si sentono “delirio” e  imprecazioni di donne e uomini. Si è sentito male qualcuno?  Non in quel momento. E’ arrivato  Vittorio Sgarbi, il critico d’arte più amato e bersagliato d’Italia. Il ciuffo ribelle osannato e contestato dai presenti. Nell’affollatissimo bar di fronte al comune gira sempre più insistentemente un rumor:  L’inviato romano di una nota trasmissione televisiva nazionale, si sarebbe infiltrato tra i battenti, per “identificare” e raccontare il dietro le quinte, degli anonimi protagonisti incappucciati, ma, sarebbe stato riconosciuto e “allontanato” con veemenza dai “sanniti”. New non confermata. Ore 17:45, mancano pochi minuti alla fine del “Ramadan” sannita. Davanti al cronista al bar, un signore di mezza età fuma tranquillamente una sigaretta. Sotto la spalla sinistra, sulla camicia chiara, due macchie di sangue, forse, procurate sfilando il saio macchiato da sostanza ematica. Qualche minuto, ed è raggiunto da un uomo e una donna. “Andiamo,  ti portiamo a casa”- dicono con premura all’uomo, che li segue, con passo rallentato.  E’ un battente(appena ritiratosi dalla processione) in carne ed ossa o è solo fantasia? Il dubbio rimane, la foto scattata pure! All’ufficio stampa, balletto sulle cifre della manifestazione. Giornalisti e foto-cine operatori, che passano in qualche istante da 200 a 500. Impossibile sapere il numero delle  donne nel ruolo di  battente. “Non lo sappiano”,  la litania recitata al “curioso” cronista, che ha fatto la conta delle uniche due donne battenti (tra mille uomini). L’unico numero certo, i mille agenti (non visti tutti) annunciati per garantire l’ordine e la sicurezza: associati clamorosamente nei titoli dei giornali all’arrivo della televisione araba Al Jazeera.  Annullato in pochi secondi  l’entusiasmo di raccontare in modo diverso, con pignoleria  la manifestazione. Sarà possibile farlo, forse, tra sette anni. Nel 2017.  Agli amanti della cabala, non rimane che rassegnarsi!

Tradizioni nella piccola Italia.
Tra oltre mille battenti, individuate solo due donne!
Domenica 22 agosto,  circa centomila persone hanno assistito ai Riti Settennali
In un paesino del beneventano, migliaia di persone tra sacro e profano partecipano ai riti penitenziali
CHIEDONO LA GRAZIA ALLA VERGINE E SI FLAGELLANO PER AMOR SUO!
Si battono con spilli e catene offrendo il loro sangue
Riti settennali, il “Ramadan” sannita di un giorno, ogni sette anni
“Tradizione conservata nel tempo, ritenuta un’esagerata mortificazione corporale, un rito impressionante e raccapricciante, in un paese rimasto troppo legato al passato, non più in linea con i tempi”- espressione tratta dall’interpellanza parlamentare del 1968 di Amintore Fanfani.
Presente Vittorio Sgarbi osannato e contestato. L’inviato di una nota trasmissione televisiva nazionale, infiltrato tra i battenti, per “identificare” dietro le quinte gli anonimi protagonisti, sarebbe stato riconosciuto e “allontanato”.  
–Tutto il paese in processione. Il sangue vivo richiama. Oltre 200 mila, i turisti che, hanno affollato negli ultimi sette giorni le strade e vicoli del caratteristico comune sannita.  Centinaia di giornalisti, fotografi e televisioni di tutto il mondo, arrivati fin qui, per immortalare un fenomeno, una rappresentazione unica, a tratti inquietante, già presente nel XVII secolo.
Lo chiamano, il paese dei battenti e dei flagellanti, dove ogni sette anni, nell’ultima decade del mese di agosto si celebrano i “Riti Settennali”, festa dell’Assunta per i cittadini di Guardia Sanframondi, piccolo paese della provincia di Benevento: poco più di seimila anime, quasi tutte impegnate nella manifestazione religiosa-penitenziale, un mix di sacro e profano, una processione-penitenza liberatoria. Da brividi.
Una festa che dura sette giorni, con il clou domenicale, quest’anno capitato il 22 agosto, che inizia nella chiesa davanti alla sacra immagine dell’Assunta, al grido “In nome di Maria, fratelli battetevi”.
Migliaia i figuranti che, rappresentano per tutte le strade del paese, i misteri dei quattro rioni (Croce, Portella, Piazza e Fontanella), con la chiesa locale partecipante ai riti, in ambito religioso, ma non liturgico.
Scene bibliche, vita dei santi, storia della chiesa e storia recente: uomini donne e bambini, chiamati a dare volto e forme a personaggi, talmente compresi nel ruolo da apparire come statue in ogni momento del faticoso e lungo percorso. Tutto il paese in processione, per un giorno intero, sotto il cocente sole di agosto.
Figuranti che portano sul capo una corona di spine e sul petto una fune incrociata, a seguire, penitenti incappucciati, Battenti a sangue circa mille, in saio bianco che si percuotono con ritmo cadenzato, sul petto nudo, fino a farlo sanguinare abbondantemente, con uno strumento di penitenza, un pezzo di sughero da cui fuoriescono circa trentatré spilli. Il popolo la chiama “disciplina”. Tra le fila dei battenti, si muovono gli “Assistenti”, il resto degli abitanti praticamente, che provvedono a disinfettare con purissimo vino bianco (3000 litri) le ferite da cui sgorga sangue vivo, un mix che trasforma l’aria in odore acre e pungente. Riti settennali, una sorta di  Ramadan osservato per un giorno, ogni sette anni. Gli oltre mille flagellanti, anch’essi incappucciati, che restano anonimi nel paese, come i battenti- invece usano catene o strumenti di ferro preparati artigianalmente e formati da alcune lamine concatenate l’una all’altra, con cui si percuotono duramente le spalle, stringendo nella mano sinistra un piccolo crocefisso.
Camminano in ginocchio, a ritroso, con lo sguardo rivolto al cielo: recitando litanie lauretane.
“Business e sfrenato esibizionismo, roba da Medio Evo-racconta una signora, che critica duramente l’evento. Ma, la signora proveniente dall’hinterland napoletano, rincara la dose: Sarei curiosa di sapere, quanti di questi che fanno questo sacrificio, frequentano la chiesa ogni domenica e osservano i comandamenti negli altri 364 giorni dell’anno!”. Non tutti la pensano così. Forma di devozione negli anni sempre oggetto di aspre critiche, difficile comunque comprendere l’intima natura psico-religiosa che conduce a un così cruento sacrificio: un fenomeno fatto di fede, tradizione, consuetudini familiari, situazioni umane, forse alla base di ogni colpo di catena o di spugna (spilli).
“Tradizione conservata nel tempo, ritenuta un’esagerata mortificazione corporale, un rito impressionante e raccapricciante, in un paese rimasto troppo legato al passato, non più in linea con i tempi”- espressione tratta dall’interpellanza parlamentare, Senato della Repubblica del Presidente Amintore Fanfani, del 30 agosto 1968.
Penitenza che fa parte della cultura della vita dei cittadini di Guardia, qualcosa che, forse, niente e nessuno potrà mai cambiare, snaturare o cancellare.
Da quello che si respira, tra la gente di Guardia, sarà difficile cambiare le cose, impedendo in futuro il sacrificio: versare “il proprio sangue”, tra storia e leggenda, sofferenza e speranza, dolore e gioia, fede e folclore, disciplina e penitenza.
Mai a nulla serviranno screening sociologici, antropologici: la risposta al perché dei riti. “Lo facciamo e lo faremo sempre Gratis et amore Dei, i riti sono nel nostro DNA”- la risposta sincronizzata della gente del Sannio beneventano, terra di streghe, gente forte, laboriosa, per nulla decisa a cancellare la propria storia.
“ Questo è un luogo terribile”, la scritta in bella mostra, posta sull’altare di una chiesa locale, che non convince e inquieta molti dei turisti approdati da queste parti. “Qui, la gente viene per vedere lo spettacolo, altro che fede: vuole vedere il sangue, è inutile girarci intorno. Il sangue fa vendere più giornali, aumenta gli ascolti dei telegiornali, delle trasmissioni di cronaca. Altro che finzione, qui il sangue scorre davvero. Lo scriva.. lo scriva, la gente è morbosa,  dice rivolto al cronista, appena salito su una delle efficientissime navette messe a disposizione per non paralizzare le viuzze del piccolo centro sannita.

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