Bellona Una strage impunita

Un Eccidio impunito
Questa nota ? stata redatta dai giornalisti
Franco Falco e Franco Valeriani.

Dieci giorni dopo l?efferato eccidio di Bellona, furono riesumate le 54 salme e trasferite al cimitero per una degna sepoltura. L?incommensurabile dolore dei familiari e di tutti i cittadini, suscit? il desiderio di conoscenza dell?avvenimento e di giustizia. Il luogo dove avvenne l?esecuzione, era una cava abbandonata da cui, in passato, si estraeva il tufo, una pietra porosa utilizzata per costruzioni. Conosciuto il luogo dove erano i corpi dei Martiri, i bellonesi si riversarono in massa presso la cava di cui era proprietario Giovannino Carusone detto ??O Scialone? e, da quel giorno, il luogo fu ripulito di tutto ci? che lo rendeva impraticabile. Molti furono i bellonesi che si adoperarono nel pio compito per dare alla cava il decoro che onorasse i loro innocenti fratelli. Ripulita la zona, fu fissata una Croce di legno ai piedi della quale si notavano ceri votivi lasciati da mani pietose. Dopo pochi mesi, alcuni contadini piantarono del rosmarino intorno al perimetro della cava e la moglie del Martire Cesare Della Cioppa, Maria, si adoper? affinch? fosse installata una lampada votiva per illuminare il luogo.
Intanto iniziava a sorgere l?idea di innalzare una stele con su incisi i nomi dei Martiri. Su iniziativa di un gruppo di bellonesi, si costitu? il Comitato ?Pro Erigendo Monumento? di cui fecero parte molti cittadini che particolarmente tenevano a detta realizzazione. Fu eletto Presidente Giovanni Limongi, il quale ogni anno, il 7 ottobre, anniversario dell?eccidio, organizzava la commemorazione. L?incarico di redigere il progetto fu assunto da un sopravvissuto alla strage, l?ing. Giovanni Della Cioppa; che previde di utilizzare il travertino di Bellona. Sulla stele fu scolpita l?epigrafe composta dal filosofo Benedetto Croce, il quale, con vibranti parole, condannava il massacro perpetrato. L?opera fu inaugurata alla presenza di tutti i familiari dei Martiri, delle Autorit? militari, civili e religiose e dello stesso Benedetto Croce, il quale da un gradino della stele rivolse parole nobili e accorate parole di condanna dell?efferato crimine.
Tutto questo non riusc? ad appagare il desiderio di onorare sempre pi? i 54 Martiri. Infatti il Limongi ? divenuto Presidente della neocostutita sezione bellonese dell?Associazione Nazionale Famiglie Italiane Martiri, carica che ricopr? fino alla sua prematura scomparsa – si adoper? affinch? quel luogo fosse trasformato in un Mausoleo Ossario. Cosa che egli port? a termine dopo anni di sforzi. Realizzata l?opera, il Mausoleo fu riconosciuto tra i sacrari pi? importanti che fanno parte della storia d?Italia. Nonostante l?assiduo impegno del Limongi, mancavano le risorse economiche per rendere ancora pi? accogliente il Mausoleo. Molti cittadini, con iniziative spontanee, si adoperarono per abbellirlo, ma quella che suscit? l?ammirazione di tutti fu presa dal Circolo Dea Sport, un sodalizio che si prodigava gi? allora per la soluzione di problemi socio-umanitari, che don? l?intero impianto elettrico all?Anfim, (Associazione Nazionale Famiglie Italiane Martiri), che aveva sostituito il Comitato pro Erigendo Monumento. All?iniziativa della Dea Sport segu? quella del Circolo Sociale Bellonese, con la donazione del pennone per l?alza bandiera. Con una solenne cerimonia, i resti di molti Martiri che riposavano nel cimitero comunale, furono traslati nei loculi del Mausoleo.
Giovanni Limongi, desideroso di onorare sempre pi? la memoria dei Martiri bellonesi, inizi? a chiedere una visita del Capo dello Stato e la concessione della Medaglia d?Oro. Purtroppo egli scomparse senza che veder realizzato questo suo desiderio, concretizzatosi il 10 ottobre 1997 con la visita ufficiale del Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, il quale, nell?occasione, confer?, motu proprio la Medaglia d?Oro al Valor Militare. Questa fu apposta con cerimonia solenne sul gonfalone del Comune di Bellona l?11 marzo 1999 nel cortile del Palazzo del Quirinale. La concessione della Medaglia d?Oro consent? a Bellona, pur avendo una popolazione di soli 5.000 abitanti, di ricevere anche il titolo di Citt?.
Un desiderio ancora inappagato dei bellonesi ? di portare sul banco degli accusati i responsabili dell?Eccidio. Infatti, ancora oggi, dopo sessanta anni, a causa dell?indolenza da parte di tutti coloro i quali potevano chiedere giustizia, esso ? rimasto impunito. Sono poche le eccezioni e, tra queste spicca ancora Giovanni Limongi; egli invi?, in data 13 gennaio 1947, all?allora Capo provvisorio dello Stato, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro di Grazia e Giustizia, al Comando delle Forze Armate Alleate con sede a Caserta, all?Alta Corte Alleata di Giustizia con sede a Roma e al Presidente del Comitato Nazionale Vittime Politiche una lettera davvero memorabile. Questo il testo:
Oggetto: I Martiri di Bellona.
Il popolo di Bellona eleva il suo grido di dolore contro gli autori della strage della Cava dei Martiri, con le sue 54 vittime massacrate nel giorno 7 ottobre 1943 dalla soldataglia teutonica per feroce rappresaglia, contro l?uccisione di un solo soldato tedesco avvenuta per causa di onore. Come si ? resa giustizia agli autori della strage delle Fosse Ardeatine, cos? questo popolo fa appello alle Autorit? competenti affinch? si traducano davanti ai tribunali gli autori delle sue 54 vittime della Cava dei Martiri. Pertanto questo Comitato onora mettersi a disposizione delle competenti Autorit? per fornire eventuali ragguagli, nella fiducia che questo doloroso appello trovi cortese riscontro?.
Al Limongi si un?, un altro cittadino bellonese, l?ing. Giovanni Della Cioppa, il quale con un?accorata lettera chiedeva, al filosofo Benedetto Croce, allora Ministro della Pubblica Istruzione, quanto segue: ?

Bellona, 14.03.47.

Illustre Maestro,
quando il 7 0ttobre 1945 veniste a Bellona, in pio pellegrinaggio, per onorare la memoria dei 54 pacifici cittadini, trucidati due anni prima dai tedeschi in ritirata, ricordo che, durante la cerimonia commemorativa, Vi commoveste fino alle lacrime e, alle famiglie delle vittime, dichiaraste: ?Mi avete fatto piangere insieme a voi?. Ora che si sta celebrando a Venezia il processo Kesserling, che riguarda proprio le atrocit? commesse dai tedeschi in Italia, dopo l?armistizio, nessun accenno si ? fatto, almeno a quanto si desume dai resoconti della stampa, ai fatti di Bellona, che pure, a suo tempo, ebbero un?eco mondiale, attraverso le emissioni di radio Londra. Si ? fatto uno speciale processo per l?Eccidio delle Fosse Ardeatine; si sono tenute presenti, a Venezia, le efferatezze compiute successivamente, nella lotta antipartigiana. Per l?uno e per le altre i tedeschi cercano di giustificare i loro delitti come rappresaglia per atti di guerriglia; ma per la strage di Bellona, che giustificazione potranno addurre? Una popolazione pacifica, che da oltre 20 giorni, subiva ogni sorte di spoliazioni, vessazioni, persecuzioni, si vide, la mattina del 7 ottobre braccata di casa in casa da orde inferocite; un centinaio di innocenti furono strappati dalle case e rinchiusi in una cappella senza alcuna giustificazione; settanta di essi avviati al luogo del supplizio, a squadra di dieci e a intervalli fra squadra e squadra, ?sotto specie di condurli al lavoro; 54 trucidati e sepolti poi sotto una frana di terriccio: tutto questo perch?, la sera prima, un soldato tedesco ubriaco, recatosi in una casa a rapire una ragazza, era stato ucciso dal fratello di lei! N? c?era, quindi, stato nessun atto di guerriglia contro le truppe tedesche, come a Roma e altrove ma solo l?esercizio del pi? naturale diritto dell?uomo: quello della difesa della famiglia aggredita nella propria dimora. I tedeschi in quei giorni erano inferociti; in essi si era veramente ?discoperta, armata di tecnica moderna, la belva primeva?. Avevano, pochi giorni prima attaccato ad un portone della piazzetta Trivio (oggi piazza IV Novembre) un avviso manoscritto (che ricordo di aver letto con i miei occhi, che minacciava la rappresaglia del cento per uno, per ogni soldato tedesco ucciso o ferito, e volevano mantenere la minaccia, anche se mancava una larva di giustificazione. Se l?eccidio doveva essere ammonitore, come ogni rappresaglia, perch? lo coprirono del pi? fitto mistero? E le povere famiglie, infatti, si illusero pensando che i loro cari fossero stati deportati, fino a che non fu possibile, dopo l?arrivo degli Inglesi, esumare le salme dalla ?Cava dei Martiri? e ricomporle nella pace del piccolo cimitero. L?efferatezza ingiustificata della disposta esecuzione di cento persone dovette far presa anche sulla torbida coscienza dell?ufficiale tedesco che presiedeva al massacro, se non l?attu? per intero, ma rimand? indietro la sesta e la settima squadra dei morituri e ordin? non fossero formate le altre tre! Illustre Maestro, non nella mia qualit? di scampato miracolosamente all?eccidio e successivamente alla prigionia tedesca, ma come figlio di Bellona, inutilmente martirizzata, mi rivolgo a voi perch? vogliate, con una vostra parola far si che il ricordo del martirio di quella piccola terra trovi un eco nel cuore degli italiani, proprio ora che si fa il processo a Kesserling, sotto la cui giurisdizione era certamente Bellona nell?ottobre 1943. Non rancore o sete di vendetta anima i bellonesi, ma desiderio di pace dopo tanti patimenti: sia reso soltanto un doveroso tributo alla memoria dei 54 loro Martiri, ravvivandone il ricordo ed accendendo una lampada votiva sulla Stele eretta sul luogo del martirio, dove anche Voi versaste una lacrima?. Con stima, ing. Giovanni Della Cioppa.

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